La Xylella fastidiosa è un batterio patogeno delle piante, incluso nella lista degli organismi nocivi da quarantena non presenti in Europa e, pertanto, regolamentato da un’apposita Direttiva comunitaria (la 2000/29 CE) che in caso di epidemia obbliga gli Stati membri ad interventi immediati di eradicazione o, quando questa sia tecnicamente non possibile, di contenimento. La scoperta e la diffusione di Xylella in Puglia interessa ampie fasce territoriali.
“Il Consiglio nazionale delle ricerche, attraverso l’Istituto per la protezione sostenibile delle piante (Ipsp-Cnr) e altri istituti dell’Ente presenti sul territorio, è impegnato da anni su questi temi grazie al lavoro e ai talenti dei suoi ricercatori e ricercatrici nella comprensione del fenomeno e nella ricerca di soluzioni”, dichiara il presidente del Cnr Massimo Inguscio. “Si tratta di un lavoro scientifico multidisciplinare, rilevante e innovativo, anche perché riguarda un problema quasi sconosciuto in Europa sino a quattro anni fa, che ha un importante impatto economico, sociale ed ambientale e che richiede l’applicazione di misure di controllo a volte impopolari. In questo contesto è fondamentale il contributo del Cnr alla ricerca, alle soluzioni e a un’informazione e divulgazione basate su dati e risultati scientifici. Il valore scientifico e di coordinamento delle ricerche del Cnr risulta importante al fine di valorizzare e ottimizzare gli studi, le scoperte, le risorse disponibili, nel dare informazioni corrette che siano di aiuto per le persone dei territori coinvolti e per le politiche delle istituzioni locali, nazionali e internazionali che in futuro potrebbero coinvolgere anche altri paesi”, sottolinea ancora Inguscio.
“La Xylella è un pericoloso batterio patogeno che deve essere affrontato con adeguate misure fitosanitarie e che ha già provocato un enorme danno all’olivicoltura salentina. Il Cnr ha segnalato per primo l’arrivo del patogeno e ha messo in atto una serie di ricerche e studi coordinati dai ricercatori del Cnr che hanno vinto bandi finanziati da Commissione Europea, da Efsa (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) e altri soggetti coinvolti, che hanno consentito un enorme progresso scientifico nella conoscenza della patologia e nella messa a punto di metodi di lotta e controllo”, spiega Francesco Loreto, direttore del Dipartimento di scienze bio-agroalimentari (Disba) del Cnr. “Le ricerche in corso hanno permesso tra l’altro di evidenziare cultivar di olivo resistenti al batterio. Ulteriori studi sono in corso per verificare le basi molecolari, biochimiche e fisiologiche di questa resistenza, la persistenza nel tempo, l’impatto sulle caratteristiche agronomiche e produttive delle piante, l’innesto di cultivar resistenti come pratica per il recupero di piante monumentali e molto altro”.
Queste informazioni sono essenziali per avere un quadro completo della stabilità e utilità di eventuali tratti di resistenza. “Una delle cultivar resistenti (FS-17) è una selezione brevettata ormai da trent’anni dal Cnr, la cui licenza esclusiva è stata ceduta a tre vivai, su diverse zone del territorio nazionale”, puntualizza Loreto. “I vivai licenziatari possono moltiplicare le piante di FS-17 mentre chiunque può acquistare da questi vivai e rivendere sul mercato e sono possibili anche sub-licenze. Il Cnr ha una royalty sulle vendite che in totale, compreso l’equo premio per l’inventore, è del 10% del costo delle piante commercializzate: l’Ente contribuirà ulteriormente al superamento dell’emergenza Xylella e al controllo del patogeno reinvestendo le royalties derivanti da vendite di eventuali cultivar resistenti per ulteriori studi e ricerche sulla biologia e sulla lotta al patogeno, e per la tracciabilità e certificazione del materiale messo in commercio”.