È un “non problema”, secondo Samantha Cristoforetti, quello della presenza femminile nello spazio: “In Italia è stata data molta enfasi al fatto che fossi la prima astronauta donna Italiana, ma astraendo dal contesto nazionale non ho dimostrato nulla e nella storia dell’astronautica non ho fatto nulla di nuovo”. Astrosamantha ha risposto così alle domande del giornalista del Corriere della Sera, Giovanni Caprara, durante l’incontro con 80 ragazzi finalisti delle Olimpiadi di robotica, in seguito alla consegna della sua tuta spaziale al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano.
L’unica caratteristica che differenzia le donne rispetto agli uomini nella ricerca astronomica è “l’eventuale predisposizione a sviluppare malattie per le radiazioni subite durante i viaggi interstellari – spiega – ma semplicemente perché l’aspettativa di vita femminile è maggiore quindi ci sono più possibilità di sviluppare malattie o tumori. Ma anche su questo stiamo cercando di sviluppare tecnologie che consentano di ridurre al minimo i rischi, entro un range che non superi il +3% rispetto al rischio naturale”.
Su come invogliare le ragazze ad approcciarsi alle materie scientifiche Cristoforetti dice di non avere “una ricetta specifica: il modo migliore per raccontare la Scienza è farla apparire come ‘un thriller’ e parlarne a tutti i bambini e ragazzi, maschi e femmine, della Scienza non come qualcosa che ha risposte precostituite ma per quello che realmente è: un insieme di errori e un continuo correggersi. Più si scopre e più si vuole sapere e i misteri non finiscono mai”.