La vita di Fausto Coppi sembra quasi un romanzo. Oltre alle sue imprese sportive, colpisce il lato sentimentale della sua esistenza. Il Campionissimo, difatti, sposò il 22 novembre 1945 Bruna Ciampolini e l’11 novembre 1947 nacque la loro figlia Marina. Ma la normalità terminò bruscamente nel 1953 quando Fausto conobbe Giulia Occhini, la “dama bianca”, per la quale lasciò la famiglia… un evento di portata eccezionale per l’Italia degli anni 50. Dalla loro unione nacque Angelo Fausto, detto “Faustino”. Ma ripercorriamo la sua vita. Il grande Coppi nacque a Castellania, in provincia di Alessandria, il 15 settembre 1919. Quartogenito, faceva parte di una famiglia di proprietari di un piccolo fondo con cui i suoi genitori riuscivano a mapalena a mantenere i figli.
Fausto non aveva intenzione di fare il contadino, tanto che, a 13 anni, iniziò a lavorare come garzone in una salumeria di Novi Ligure dove nacque il suo amore per la bici, facendo la spola fra Novi e Castellania. Coppi venne segnalato a Biagio Cavanna, gestore di una scuola di ciclismo che gli insegnò il mestiere. Cieco, si narra che bastò il tatto per vaticiinarne il glorioso futuro. Nel 1940, esordì al Giro d’Italia, vincendo. Aveva soli 21 anni e venne poco dopo chiamato alle armi. Il 7 novembre 1942 fece lil record mondiale dell’ora: 45, 798 km… record che durerà sino al 1956. Nel 1946 fu ingacciato da Bianchi, vincendo la Milano-Sanremo e l’anno dopo il 2° Giro d’Italia. Nel 1949 vinse la Milano-Sanremo, i giri di Romagna, del Veneto, di Lombrdia, il Campionato italiano su strada e quello mondiale d’inseguimento, compiendo l’accoppiata Tour de France e Giro d’Italia.
Bissò nel 1952 mentre nel 1953 vinse il Giro d’Italia per la quinta e ultima volta. La sua carriera finì così, nell’Italia di Peppone e don Camillo. Ad uccidere “un uomo solo al comando” a soli 40 anni, alle 8:45 presso l’Ospedale di Tortona, è ormai risaputo, fu un’errata diagnosi medica. Gli furono difatti somministrati antibiotici e cortisonici quando, in realtà, il Campionissimo aveva contratto la malaria durante una battuta di caccia in Africa, nell’Alto Volta (oggi Burkina Faso). Il campione entrò rapidamente in coma e altrettanto velocemente morì quando sarebbe bastata la semplice assunzione di chinino per evitare una tragedia del genere. Fausto aveva una capacità polmonare di 7 litri e mezzo, gambe potenti da fare il vuoto sia in salita che in pianura, macinando la povere, solcando il fango, conquistando i titoli più prestigiosi.
Corridore soprannaturale, atleta sublime dalla pedalata area e dallo stile perfetto (così lo dipingevano le cronache dell’epoca), rapace come un’aquila e aggraziato nel volo come un gabbiano, Coppi dava l’impressione, come scrisse Gianni Brera, di un’invenzione della natura per completare il modestissimo estro meccanico della bicicletta. Sbranato dai pettegolezzi, nel mirino di milioni di scandalizzati per la sua vita sentimentale (venne accustato di abbandono del tetto coniugale), Coppi ha senza dubbio dato vita ad un mito intramontabile e ineguagliabile.