Sanità, sclerosi multipla: dal caso Sardegna un nuovo modello per gestirla

MeteoWeb

Ci sono parole che incutono timore, per la portata della sfida che si portano dietro. Per il Servizio sanitario nazionale sono due: cronicità e alta complessità. Due nodi destinati a diventare sempre più pressanti e a mettere a dura prova la sostenibilità in un’epoca di risorse limitate, un campo su cui pool di esperti si stanno arrovellando a caccia della quadratura del cerchio. La misura di tutto: il paziente e i suoi bisogni. Il punto di partenza: la certezza che non esiste il ‘one best way’, una ricetta universale. Ma si può dar vita a un modello condiviso fra tutti gli attori di un sistema, calato nella realtà in cui agisce, consapevole dei numeri, delle caratteristiche e delle esigenze delle persone a cui si rivolge, dei servizi fondamentali che non possono mancare, dei gap da colmare e delle linee da seguire per migliorare e adattarsi all’evoluzione continua della medicina e del quadro in cui si opera.

Ci ha provato un’entità nata diversi anni fa: si chiama ‘MsmLab’ e il terreno in cui si misura è la sclerosi multipla, malattia che – dicono gli esperti – si può considerare uno ‘stress test’ SCLEROSI MULTIPLA NUOVA - Copiaper il sistema sanitario, emblema di tutte le sfide più attuali, dalla necessità di aprire i confini tra ospedale e territorio e di fare rete a quella di incrociare pubblico e privato, e ancora di dare risposte su misura per pazienti spesso giovani e per livelli diversi di disabilità. Temi su cui si è fatto il punto oggi durante un incontro a Milano. Il Multiple Sclerosis Management Lab, nato dalla collaborazione tra Sda Bocconi e Biogen Italia, mette attorno a un tavolo e fa dialogare mondi diversi: le associazioni dei pazienti (e le loro famiglie); i neurologi e la società scientifica che li rappresenta (la Sin, Società italiana di neurologia); le professioni più coinvolte; il Ssn e le Regioni; le aziende sanitarie e i direttori generali; l’impresa, la Sda Bocconi e i ricercatori e docenti.

Gli esperti coinvolti nel progetto, arrivato alla seconda edizione e pronto a varare un terzo ciclo, si sono messi al lavoro e hanno puntato sul ‘Population Health Management’ per una nuova prospettiva di gestione della patologia. Il primo banco di prova è stato la Sardegna. Non è un caso e lo dicono i numeri da record: 337 casi ogni 100 mila abitanti, contro una media nazionale di 113 per 100 mila. Al 31 marzo 2016 i pazienti dell’isola risultano 6.225. E questo dato reale è il primo risultato del tavolo tecnico nato grazie al MsmLab nel 2015. Gli esperti hanno incrociato i database amministrativi (non limitandosi alle sole informazioni sulle esenzioni per patologia) e hanno passato al setaccio centro per centro, creato un algoritmo ad hoc e dato vita a un vero e proprio ‘atlante’ dei malati sardi. Con dati che vanno oltre il semplice censimento, ma contemplano anche il livello di gravità della malattia per ciascuno, la loro collocazione geografica. L’identikit è completo: il 43,6% ha un’età fra i 16 e i 44 anni, il 47,4% tra 45 e 64 anni. La media è 46,8 anni. Sono più donne che uomini (il rapporto è di 2,3 a 1) e si concentrano nelle zone rurali, interne dell’isola, con la maggior prevalenza nell’Ogliastra (la minore in Olbia-Tempio). Centrale nella riflessione affrontata è stata la logistica dei pazienti.

“La ricerca condotta ha permesso di vedere dove sono residenti e dove si rivolgono mediamente nella richiesta delle prestazioni per i loro fabbisogni e di riorganizzare la rete di offerta facendo in modo che ci siano tre aree autonome – al Nord, al Centro e al Sud dell’isola – e che in questo perimetro il paziente trovi tutti i servizi di cui ha bisogno“, spiega Valeria Tozzi, docente Sda Bocconi School of Management. “L’operazione sulla casistica è importante – sottolinea – Non si è andati per stime raccolte in altri Paesi, ma si è lavorato sui database amministrativi e sui centri del territorio. E questo rende le istituzioni indipendenti nel replicare l’operazione periodicamente”. Guardando verso strumenti come il Registro di patologia. Un altro elemento, continua Tozzi, “è stato la condivisione con la Regione, la comunità di professionisti e dei pazienti di un modello di percorso per il malato che insista all’interno di aree territoriali non troppo ampie, con un raggio di 100 chilometri come distanza massima, evitando i cosiddetti ‘viaggi della speranza’ che, se pensiamo alla Sardegna, si consumano lungo una dorsale non facilissima rispetto alla percorribilità”.

Il lavoro del tavolo tecnico ha permesso di identificare anche le criticità (liste d’attesa e altro) e le linee per rimodellare l’attività lungo tutta la filiera di offerta, con una parola chiave che è fare rete. Un esempio: si è pensato di sviluppare le vocazioni di riferimento dei vari nodi, guardando alle esigenze legate alla bassa disabilità (68% dei casi), a quella intermedia (22%), e all’alta disabilità (10%) che necessità di servizi vicino casa. Un contributo può arrivare dal medico di medicina generale ‘con interesse speciale per la sclerosi multipla’, capace di far muovere il paziente nella rete di offerta e di accorciare le distanze con l’ospedale. L’organizzazione a rete su cui si basa il nuovo modello gestionale del Population Health Management trova applicazione nei diversi ambiti di gestione della sclerosi multipla, dalla definizione del Percorso diagnostico terapeutico e assistenziale (Pdta) per la presa in carico dei pazienti, fino alla creazione di un nuovo assetto istituzionale e organizzativo dell’Ats regionale (Azienda per la tutela della Salute) per l’organizzazione dei servizi ai pazienti e alle loro famiglie. Gli esperti hanno preso in esame, fra i temi trattati, la creazione di équipe allargate di professionisti, la definizione di aree di responsabilità territoriali, la specializzazione e il coordinamento, la competizione e la collaborazione e la definizione di standard di servizio.

“Abbiamo ora un modello di riferimento per riuscire a governare un mondo complesso – commenta l’assessore sardo alla Sanità Luigi Arru, in collegamento via Skype – Creare comunità significa definire i bisogni, mettere su una cartina geografica i centri e i servizi, valutare tutto in maniera corretta, condividere buone pratiche. Tutto questo ci permetterà di pianificare. E cercheremo di usare l’esperienza anche per altre patologie, per una riposta moderna a bisogni rilevanti, in un momento in cui le risorse sono limitate. E’ un modello che estenderemo e che consegniamo a Fulvio Moirano”, super manager dell’azienda unica Ats. “A MsmLab lanciamo un appello, affinché si continui” in questa direzione. Il modello, segnalano gli esperti, potrebbe essere la via per affrontare anche altre malattie croniche come il diabete o l’Alzheimer. L’idea dei promotori è in linea.

“Stiamo già preparando la III edizione per arrivare a celebrare 10 anni di collaborazione con Sda Bocconi e Sin”, annuncia Giuseppe Banfi, amministratore delegato di Biogen Italia. “Siamo presenti su questa patologia da tanto tempo. Ma oltre a offrire farmaci abbiamo voluto portare qualcosa di diverso, con la volontà di sviluppare una cultura manageriale e gestionale per una malattia cronica e complessa che insiste sul territorio e sull’ospedale. L’idea è stata quella di mettere insieme competenze diverse e aspetti nuovi per gestire a tutto tondo questa patologia”. Malattia che viene diagnosticata perlopiù tra i 20 e i 40 anni e conta in Italia circa 110 mila pazienti. Ad oggi MsmLab ha promosso 7 iniziative di ricerca su temi di management per la sclerosi multipla, e in due edizioni ha dato vita a 19 momenti di dibattito e confronto. Il bilancio dell’esperienza “è positivo”, commenta il presidente della Sin, Leandro Provinciali, “per la contaminazione fra culture diverse (economia, gestione e clinica) in neurologia, e per aver dato una dimensione operativa a tutta la gestione di una malattia complessa come la sclerosi multipla che non segue un modello prestabilito. In un momento come questo, di difficoltà organizzative, ci vogliono idee nuove e un confronto costruttivo”. (AdnKronos)

Condividi