Distrazioni zero: la risoluzione di conflitti nella percezione dei segnali derivanti dal mondo esterno richiede un’attenzione esclusiva. È quanto emerge da uno studio condotto da Alberto Zani, responsabile del Laboratorio di Imaging Elettrofunzionale Cognitivo dell’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibfm-Cnr), in collaborazione con Alice Mado Proverbio del NeuroMI-Milan Center for Neuroscience e docente di Neuroscienze cognitive presso l’Università di Milano-Bicocca. L’indagine ‘How voluntary orienting of attention and alerting modulate costs of conflict processing’ è stata recentemente pubblicata su Scientific Reports della piattaforma Nature.
Un campione di studenti è stato sottoposto a diverse condizioni sperimentali in cui venivano loro presentate sequenze di stringhe contigue di frecce, per indagare l’influenza degli stati funzionali di allerta e attenzione sull’elaborazione cerebrale di informazioni distraenti o conflittuali.
La direzione della freccia centrale indicava di volta in volta agli studenti con quale mano premere un pulsante alla comparsa di altre frecce laterali in uno di due punti alternativi del campo visivo, che però potevano puntare nella stessa o in un’opposta direzione rispetto a quella centrale.
Ciascuna stringa di frecce era preceduta in modo casuale da diversi tipi di segnali di preavviso.
“In tal modo abbiamo indotto, alternativamente, nel cervello quattro diversi stati di allerta e orientamento dell’attenzione verso una certa direzione, come si può pensare accada con la segnaletica stradale a un bivio a un qualsiasi automobilista” (Fig. 1), spiega Zani:
“(1) nessun segnale: uno stato, cioè, privo di qualsiasi preavviso prima della reazione ‘riflessa’ alle frecce (come, ad es., ad un pedone o un’auto);
(2) un preavviso al centro dello spazio visivo (al pari dei segnali di preavviso di intersezione e di preselezione posti al centro di un bivio, per generare uno stato di allerta;
(3) un preavviso presentato contemporaneamente nei due punti del campo visivo in cui potevano apparire le frecce (quali i doppi segnali per la stessa località in direzioni opposte, che generano un conflitto decisionale (Fig. 1);
(4) ed, infine, la presentazione di un singolo preavviso nel punto in cui poi seguivano le frecce (come i segnali di direzione univoci di conferma di località sulle strade di uscita), così da indurre un orientamento ‘volontario’ dell’attenzione focale”.
Nel corso di questi esperimenti, è stata registrata l’attività bioelettrica cerebrale (EEG-ERP), analizzandola in funzione dei diversi stati funzionali indotti, nonché della congruenza o incongruenza delle frecce presentate.
“Per i target incongruenti i tempi di reazione erano sempre rallentati (sia in presenza che in assenza di preavviso, tranne quando i soggetti prestavano volontariamente attenzione in modo esclusivo”, spiega Alice Mado Proverbio. “L’analisi delle onde cerebrali in relazione alla congruenza delle frecce ha poi rivelato, tra 250-450 millisecondi dopo la presentazione, l’insorgere di una cosiddetta ‘negatività da conflitto’ (o Conflict Negativity, CN) nei sensori EEG posti sulle aree frontali e prefrontali del capo (Fig 2). La Conflict Negativity si è rivelata un prezioso ‘marker’ dei processi neurali e comportamentali legati all’elaborazione e alla riduzione del conflitto psicomotorio indotti nel cervello dai contesti segnalatori (Fig 3). È importante anche che il mappaggio di questo neuromarker bioelettrico abbia indicato l’attivazione della corteccia cerebrale cingolata anteriore mediale nella condizione di attenzione volontaria e quella della corteccia prefrontale dorso-laterale dell’emisfero destro nelle condizioni di attenzione riflessa” (Fig. 4), afferma Zani.
In generale, i dati rivelano come il cervello gestisca diversamente informazioni rilevanti e interferenti o conflittuali a seconda dei suoi diversi stati funzionali: “Una conoscenza da tenere a mente per esempio nella realizzazione di ambienti e macchine ergonomicamente prive di definizioni e scelte conflittuali, così da aumentarne la sicurezza. Ma, soprattutto, lo studio ha notevoli implicazioni per la pratica clinica psicologica e neuropsicologica: nella definizione dei processi cerebrali e mentali sottesi agli stati di conflitto e instabilità decisionale di pazienti affetti da ansia o disturbi maniaco-depressivi e per la diagnostica e riabilitazione dei deficit del controllo esecutivo psicomotorio nei pazienti cerebrolesi frontali”, conclude Zani.