Le radiazioni provenienti dalla zona dello spazio più vicina alla Terra tenute a freno da una sorta di ‘recinzione’, che avvolge il nostro pianeta e che deriva da attività umane: è questa la nuova scoperta delle sonde Van Allen, le ‘gemelle’ della NASA in orbita dal 2012 per studiare le due omonime Fasce che circondano la Terra.
I risultati delle osservazioni effettuate con le due sonde sono stati illustrati nell’articolo “Anthropogenic Space Weather”, ampiamente dedicato all’influenza delle attività dell’uomo sullo space weather e pubblicato di recente sulla rivista Space Science Reviews.
Lo studio, condotto da un team di ricercatori coordinato dall’Università del Michigan, ha evidenziato le interazioni tra uno specifico di tipo di comunicazioni radio – quelle a frequenza molto bassa (VLF, Very Low Frequency) – e le particelle presenti nello spazio. In alcuni casi, queste interazioni hanno dato luogo ad una barriera che è risultata protettiva contro le radiazioni provenienti dalle aree dello spazio limitrofe alla Terra.
Le comunicazioni VLF – spiega l’Agenzia Spaziale Italiana – sono utilizzate per comunicare con i sottomarini; queste onde radio, tuttavia, concepite per raggiungere le profondità dei mari, si spingono anche oltre l’atmosfera, avvolgendo la Terra in una ‘bolla’ (cliccare qui per l’animazione realizzata dalla NASA – Goddard Center).
Ed è proprio questa ‘bolla’ che non è sfuggita allo sguardo indagatore delle due sonde Van Allen, note anche con la sigla RBSP (Radiation Belt Storm Probes).
Le ‘gemelle’ hanno messo in rilievo anche un altro particolare: il limite esterno della ‘bolla’ VLF corrisponde quasi esattamente al bordo interno delle Fasce di Van Allen.
Gli studiosi, per approfondire questa peculiarità, hanno confrontato i nuovi dati con quelli del passato e hanno riscontrato che oggi il margine interno delle Fasce si trova più lontano rispetto al agli anni ’60, quando le trasmissioni VLF non erano così diffuse.
La scoperta, oltre a rappresentare un interessante esempio di un ambiente spaziale modellato dalle attività umane, schiude nuove prospettive di ricerca nell’ambito dello space weather e nella prevenzione dei suoi effetti sul corretto funzionamento dei sistemi tecnologici nello spazio e sulla Terra.