Tecnologia, Giro d’Italia: due ruote da campioni

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Dalla prima apparizione, nel 1971, la bicicletta è cambiata molto. La prima celerifera, questo era il nome originario, era formata da due ruote unite da un travetto di legno su cui ci si muoveva puntando i piedi a terra e dandosi la spinta. L’invenzione dei pedali è del 1861, mentre risale al 1868 l’inserimento della catena e al 1888 l’utilizzo del pneumatico. L’anno successivo spiega Rita Bugliosi sull’Almanacco della Scienza del CNR – nasce il termine bicicletta, coniato dall’irlandese William Hume. L’ultima importante innovazione tecnica è del 1933: il cambio di velocità ad opera di Tullio Campagnolo. All’inizio del ‘900 la bicicletta ha già invaso l’Europa e parte dell’America ed è proprio in questo periodo, nel maggio del 1909, che nasce il Giro d’Italia, che quest’anno festeggia il centesimo anniversario.

Le biciclette utilizzate ora dagli atleti del Giro sono naturalmente diverse da quelle delle prime edizioni della gara, molto di più di quanto sembri a prima vista. “Sono più leggere, perché una massa minore comporta un’accelerazione maggiore a parità di spinta”, spiega Pietro Calandra dell’Istituto per lo studio dei materiali nanostrutturati (Ismn) del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr). “Ma oltre che leggera, la bici deve essere resistente e avere una certa rigidezza, cioè la capacità di trasmettere ai componenti l’energia impressa dal ciclista: la spinta impartita dalla pedalata, quindi, non provoca alcun tipo di deformazione del materiale e la bicicletta avanza con maggiore scatto. Attualmente il materiale migliore è la fibra di carbonio, che vanta un peso specifico di appena 1.8 kg/dm3 contro i 7.8 dell’acciaio e una sbalorditiva resistenza alla trazione di ben 5.000 mega pascal (MPa – kg/cm²) rispetto ai 540 dell’acciaio. I componenti, poi, hanno spessori ad andamento variabile, per consentire di togliere peso dove la sezione è meno sollecitata. Insomma, se la bici di Gino Bartali, campione del Giro d’Italia nel 1948, aveva un telaio che pesava intorno ai tre chilogrammi, gli attuali telai pesano meno di un chilo”.

Varie le caratteristiche che rendono la fibra di carbonio particolarmente adatta alla realizzazione delle biciclette. “È un materiale anisotropo, ha cioè un comportamento differente a seconda delle direzioni delle forze applicate”, prosegue il ricercatore dell’Ismn-Cnr. “Tutto quindi dipende da come i fili di carbonio vengono intrecciati per fare le fibre e da come queste ultime vengono orientate e in che quantità. Se opportunamente progettato, questo materiale ha anche una buona capacità di smorzare le inevitabili vibrazioni che, riflettendosi sul manubrio, agirebbero sulle braccia affaticandole”.

Fondamentale anche il ruolo delle gomme nella prestazione della bici. “Durante la pedalata, le gomme devono rispondere in maniera elastica, ossia senza assorbire energia, ma devono comportarsi da materiale soffice in caso di frenata”, conclude Calandra. “In questo settore le ditte annunciano che il materiale del futuro saranno i grafeni, foglietti di atomi di carbonio di dimensioni nanometriche, caratterizzati da un’eccezionale conducibilità elettrica e da proprietà meccaniche straordinarie”.

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