In seguito al terremoto che nel 2009 ha colpito L’Aquila sono stati nove gli imputati rinviati a giudizio durante l’indagine “Redde rationem” della Procura dell’Aquila che, nel luglio 2015, ha portato a cinque arresti ai domiciliari. Diverse le motivazioni: presunti appalti affidati grazie alle mazzette per puntellare gli edifici danneggiati, pagamenti gonfiati rispetto ai materiali poi impiegati e richieste di denaro per tacere negli interrogatori ai pm dettagli di alcune vicende illegali scoperte. Il processo sarà il prossimo 5 ottobre.
L’inchiesta ai tempi fece parecchio scalpore anche e sopratutto in conseguenza ai lavori sui puntellamenti, ossia alla messa in sicurezza degli edifici lesionati dal terremoto, intorno al quale si è sviluppato un mega appalto di 500 milioni di euro affidati senza bando di gara. I nove sono accusati in concorso tra loro in abuso d’ufficio, subappalto irregolare, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, corruzione aggravata per un atto contrario ai doveri d’ufficio, estorsione.
Si tratta dell’ex consigliere e assessore comunale del Pdl Pierluigi Tancredi, Mauro Pellegrini, Giancarlo Di Persio dell’impresa Dipe, impegnata nella ricostruzione, dei progettisti Roberto Scimia, Roberto Arduini e Michele Giuliani, Concetta Toscanelli, moglie di Tancredi, dell’imprenditrice Daniela Sibilla e del procacciatore d’affari Nicola Santoro. Rinviata a giudizio anche la società Dipe, attualmente commissariata dal tribunale. Il gup ha prosciolto da tutte le accuse 5 persone: Mario Di Gregorio, Carlo Cafaggi, Giuseppe Galassi, Simonetta D’Amico e Antonio Lupisella. Non luogo a procedere, ma solo per alcuni capi di imputazione, per alcuni dei nove che a ottobre andranno a processo per altre accuse: Pellegrini, Di Persio, Toscanelli, Sibilla e Arduini. La posizione degli imprenditori Maurizio e Andrea Polisini sarà invece discussa il prossimo giugno.