Anche gli uomini si ammalano di cancro al seno, racconta Raffaele Leonardi con la voce rotta dal pianto. Un uomo di 60 anni, con lo sguardo gentile, che trova la forza di parlare davanti a mille donne con cui condivide la stessa storia di malattia. L’occasione, oggi a Milano, è quella voluta 10 anni fa dall’oncologo Umberto Veronesi: ‘Ieo per le donne’, una giornata di ascolto delle pazienti, con cui l’Istituto europeo di oncologia punta a capire da chi l’ha vissuto sulla sua pelle quali sono le sfide ancora da vincere, cosa c’è da migliorare per far sentire davvero il paziente al centro come voleva e ripeteva sempre il fondatore dell’Irccs milanese, morto in novembre alla soglia dei 91 anni.
Raffaele è il primo uomo a salire su quel palco in 10 edizioni della giornata. La prima testimonianza di un paziente nel ‘tempio’ della condivisione al femminile. Dove le donne hanno le redini della situazione, e si parla “al femminile plurale, anche se in sala c’è qualche uomo”, conferma la conduttrice per un giorno, l’attrice Lella Costa, che bacchetta ogni essere di sesso maschile che sale sul palco. E quindi anche Raffaele. E Paolo, il figlio di Veronesi, direttore della Chirurgia senologica dell’Ieo e oggi suo compagno di palco. Gli uomini si ammalano, ricorda Raffaele.
E le donne? “Le donne si organizzano e diventano Guerriere”, spiega Martina Ragazzoni, 68 anni, di Omegna. Lei con altre pazienti dell’Istituto ha dato vita a un gruppo chiuso su Facebook: si chiama ‘Le Guerriere’ e questa esperienza “spiega cosa vuol dire sostenersi, sorridere insieme, affrontare momenti difficili mano nella mano”. Unico filo conduttore: la forza. Come quella che ha avuto Raffaele di parlare del suo cancro al seno, di come è uscito e rientrato nel tunnel delle cure. “Ho scoperto di avere un tumore alla mammella destra nel 2010 – dice – Mi hanno sottoposto a uno svuotamento ascellare, mi hanno tirato via 28 linfonodi, ho affrontato la radioterapia”.
Raffaele ripercorre ogni tappa. “Ero guarito e tornato alla solita routine, ma poi ho scoperto una nuova cisti al seno sinistro, nel 2013 un’altra. E nel 2016 i medici decidono di togliermi anche l’altra mammella. Di uomini se ne vedono di meno in questi contesti. Ricordo quando ho fatto l’agoaspirato. Il medico mi confessa: ‘Avevo paura, era la prima volta su un uomo’. E così nella mia testa è balenata un’idea balzana”. “Ho pensato che è tutto un discorso culturale – riflette Raffaele – Io nella mia esperienza non andavo col megafono in giro a dire che ho avuto un tumore al seno, ma con gli amici ne parlavo. Non ho mai nascosto il cancro. Ma in generale non viene mai nominato, è come Voldemort, il cattivo della saga di Harry Potter. Mi sono detto: perché non parlare degli uomini che si ammalano? E sono rimasto allibito nel constatare che nessuno pensa che possa succedere. Si ritiene una malattia della donna. Certo le statistiche dicono che si ammalano 8-9 donne su mille, e che gli uomini che sviluppano un cancro al seno sono uno su mille. Non è poco, ma questo fenomeno è nascosto dalla gravità del problema che riguarda le donne. Molti non sanno neanche che esiste il cancro al seno dell’uomo. E la conoscenza è metà della guarigione”.
Da qui la proposta: “Per sensibilizzare sul cancro al seno, voi donne avete il nastro rosa. Sarebbe bello se fosse possibile mettere anche un pallino azzurro, in un angolino, per ricordare anche noi”. Una proposta accolta dagli applausi. Tanti, come quelli ricevuti da Ragazzoni e le altre Guerriere. Donne dai 31 ai 68 anni, con lavori diversi: “Dalla storica dell’arte alla maestra d’asilo, dalla consulente di bellezza alla pensionata, dalla traduttrice interprete all’urologa, dalla segretaria d’azienda alla manager del commercio”, elenca Martina spiegando la logica del ‘pink power’. “Tre over 70 su 4 sono donne. Siamo anche più longeve. E allora è meglio avere più amiche possibile. Un uomo si chiede: ‘Cosa avranno da festeggiare?’. Niente e tutto. Dobbiamo abbracciarci e condividere. Gli uomini muoiono prima perché non condividono”, scherza. La genesi del gruppo delle Guerriere è dentro l’Ieo: “Un medico, Marco Iera, ha deciso di mettere in contatto le pazienti condividendo una mailing list. E’ nata così. Dopo gli incontri virtuali ci sono stati quelli dal vivo, da Milano a Napoli.
A ogni controllo, 10 o più guerriere sono pronte a tenersi la mano, trascorrendo insieme la giornata e la serata. Pranzi, aperitivi, un sostegno costante – assicura Ragazzoni – Ognuna di noi ha incoraggiato, accompagnato, informato altre donne. Abbiamo un database da urlo, con suggerimenti che vanno dalle creme a qualunque altro trucco utile”. Martina e Anna da Omegna, Rossella da Palermo, Monica da Caserta, Francesca da Milano, Tina da Bergamo sono il cuore di questa esperienza che ora punta ad allargarsi. “Siamo pronte ad accogliere altre donne. Accogliamo anche Raffaele”, promette. Parla dell’energia del sorriso anche Nicoletta Mongardi, “romagnola doc, educata a piadina e sangiovese”. Si presenta così e racconta una storia sofferta di prevenzione per spiegare quanto è importante essere orientate e guidate anche in queste scelte. Un problema finito sotto i riflettori con il caso dell’attrice hollywoodiana Angelina Jolie. Nicoletta racconta di quando il papà si è ammalato di tumore al seno e “la Regione Emilia Romagna ha chiamato noi figlie suggerendoci di fare un test genetico” per verificare la presenza di un’eventuale familiarità. “Il mio è risultato positivo. Ho provato una grande confusione, sono venuta a Milano. In un anno ho affrontato tre interventi. Ma ora nelle cicatrici vedo due smile e mi ricordo che devo sorridere”. Ci ha messo tutta la forza per tornare a sorridere anche Ivana Valotti, organista e docente del Conservatorio di Milano, che parla della musica come di “una luce” che l’ha colpita e incantata fin da bambina.
Da allora ha affrontato un lavoro meticoloso, incessante, per vivere di questo. Fino al 7 aprile 2009, quando si ammala di cancro al seno. Dopo le cure, la paura di non poter più suonare e i problemi con il braccio non l’hanno fermata. Si è rimessa al lavoro, ha affrontato un percorso lungo di fisioterapia, al quale ha aggiunto “una terapia personale di studio graduale e giornaliero della musica”, che le ha ridato “la mobilità completa” del braccio sinistro. “Ho ritrovato la forza di suonare – testimonia – E’ stato un percorso meraviglioso in cui mi sono ritrovata e ho riscoperto il messaggio di bellezza e armonia che la musica dà. Ora l’organo è il mezzo per esprimere tutta me stessa e ho voluto fare un concerto per dire grazie all’Ieo. Perché ho provato dolore, sì, ma sono stati gli anni più intensi della mia vita”.