Verona, congresso LIMPE-DIMOV: la malattia di Parkinson Made in Italy, dai geni ai test

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Negli ultimi anni la nostra comprensione delle basi genetiche della malattia di Parkinson è cresciuta e quando sarà possibile disporre routinariamente di procedure specifiche sarà importante in termini di sanità pubblica valutare endpoint clinici rilevanti per la vita del paziente fornendo a lui e familiari un servizio di counselling genetico qualificato.

Il primo grande studio di sistematizzazione genetica di questa malattia è stato pubblicato nel 2014 su Nature Genetics: condotto su quasi 100mila genomi diversi, ha individuato 7.893.274 varianti genetiche, 6 nuovi geni e 4 nuovi loci genici (GBA, GAK-DGKQ, SNCA e HLA) a rischio per lo sviluppo di malattia di Parkinson.

La mutazione LRRK2G2019S è risultata fra le più frequenti nella razza caucasica in cui determina un caso di Parkinson familiare su 20 e uno di Parkinson sporadico su 50, ma le cose cambiano a seconda della popolazione: fra gli israeliani Ashkenazi ad esempio è responsabile del 40% dei casi familiari e del 13% di quelli sporadici. Fra i Berberi Nordafricani invece le due percentuali sono pressoché equivalenti: rispettivamente 39 e 40%.

Si potrebbe dire che ognuno ha il suo locus genico prevalente: per gli iraniani SIPA1L2, MIR4697, GCH1 e VPS13C, per gli indiani Q267X, per spagnoli e israeliani p.R402C e p.R32S, per i cecoslovacchi FBXO7 e VPS35, ecc. ecc.

QUATTRO NUOVI LOCI GENICI PER IL PARKINSON MADE IN ITALY

ITALIANI Al Congresso di Verona Gabriele Buongarzone dell’Università di Milano indica che in Italia  non sono causa frequente di malattia di Parkinson le mutazioni del locus genico  TMEM230 a ereditarietà autosomica dominante a cui l’anno scorso i ricercatori della Northwestern University di Chicago diretti da Teepu Siddique avevano invece attribuito su Nature Genetics un ruolo causale di malattia.

Sono invece state scoperte due nuove “mutazioni made in Italy” che interessano quattro loci genici individuate solo nella popolazione italiana e che predispongono a malattia di Parkinson associata a decadimento cognitivo.

RAB39B A Verona viene presentato dal gruppo di Vittorio Silani dell’IRCCS Auxologico di Milano che insieme ai colleghi degli IRCCS Ca’ Granda Policlinico e S.Raffele, ha individuato due fratelli di 62 e 67 anni che presentavano entrambi macrocefalia e lieve decadimento cognitivo (MCI, cioè mild cognitive impairment) che costituiscono la prima famiglia italiana con una mutazione RAB39B.

Si tratta delle mutazioni c.137dupT e pSer47Leufs44 del locus RAB39B individuata sul gene Xq28.

E’ la prima volta che viene trovata in Italia e si associa a precoce esordio di malattia (intorno ai 60 anni) con tremore posturale e a riposo, badricinesia e discinesie, associate a disabilità intellettiva.

c.697A>T Luca Magistrelli dell’Università policentrica del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro” della sede di Novara presenta i  risultati di un altro studio condotto insieme ai ricercatori del Besta di Milano che ha individuato una nuova mutazione in due pazienti non consanguinei affetti da PTBC, acronimo di Primary familial brain calcifications, nota anche come sindrome o morbo di Fahr e caratterizzata da calcificazioni dei gangli basali, dei nuclei dentati e della sostanza bianca sottocorticale, ove sembravano già implicati i geni SLC20A2, PDGFB, PDGFRB e XPR1. La nuova mutazione denominata c.697A>T interessa proprio quest’ultimo locus genico e le due manifestazioni cliniche d’esordio più caratteristiche sono vertigine e MCI.

C19orf12 Edoardo Monfrini dell’IRCCS Ca’Granda Policlinico di Milano presenta il caso di una giovane paziente (16 aa) con una storia di progressiva compromissione della marcia e disabilità d’apprendimento (QI 70), distonia spastica e NBIA (neurodegenerazione da accumulo di ferro cerebrale),  nella quale sono state individuate due nuove mutazioni denominate c.265_266delAT  e   p.Met89GlyFs*12  a carico del locus C19orf12, delle quali la seconda pare avere l’effetto negativo dominante. La scoperta è utile a differenziare questa forma  dalla MPAM, acronimo di mitochondrial membrane protein-associated neurodegeneration che ha esordio giovanile, declino cognitivo e spesso prosegue in grave demenza, alterazioni neuropsichiatriche, ma soprattutto può giovarsi del consulto genetico prenatale, trattandosi di alterazione a trasmissione autosomica recessiva.

UN TEST MADE IN ITALY

IL TEST ECOLOGICO DI SAN PELLEGRINO TERME

Fra le ricerche legate in maniera specifica al nostro Paese non solo quelle genetiche, ma anche il TESPT, acronimo di Test Ecologico di San Pellegrino Terme messo a punto presso l’ U.O. di Riabilitazione Neuromotoria dell’Istituto Clinico Quarenghi di San Pellegrino Terme per il miglioramento delle ADLs (attività di daily living) dei pazienti sottoposti a trattamento con DBS, acronimo di deep brain stimulation, cioè stimolazione cerebrale profonda.

Il termine ecologico denota il fatto che questo tipo di test, già usati ad esempio anche nella riabilitazione dei pazienti affetti da sclerosi multipla, riescono a riprodurre nel contesto della valutazione clinica situazioni della vita reale come ad esempio camminare all’aperto: nei pazienti MS si limita a una camminata di 3 – 6 minuti e in quelli PD a quasi 2 Km.

Sotto il controllo dei fisioterapisti i pazienti vengono fatti camminare all’aperto, in mezzo alla gente, su terreno sabbioso, sui prati, lungo sentieri, fatti salire e scendere dai marciapiedi, ecc. per percorsi variabili da un minimo di 400 a un massimo di 1950 metri, mentre viene monitorata frequenza cardiaca e saturazione d’ossigeno.

Lo studio, presentato a Verona da Giovanni Pietro Salvi, ha evidenziato che il test TESPT migliora le ADLs dei pazienti, dimostrandosi economico e apprezzato anche dai fisioterapisti. Inoltre è facilmente ripetibile dai pazienti anche a domicilio.

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