Il silicio di cui sono composti i meteoriti ha un comportamento inatteso. Lo rivelano le analisi ai raggi X compiute da un’equipe di ricercatori dell’University of Bayreuth, in Bavaria. Gli esperimenti sono stati condotti presso il DESY (Deutsches Elektronen Synchrotron) di Amburgo e l’ESRF (European Synchrotron Radiation Facility) di Grenoble. I risultati sono stati pubblicati su Nature Communications.
Lo studio spiega come mai diverse versioni del silicio possano coesistere in uno stesso meteorite, nonostante per la loro formazione siano necessarie condizioni chimico-fisiche profondamente diverse. Gli studiosi tedeschi hanno, in particolare, analizzato un minerale di biossido di silicio, la cristobalite.
“Questo materiale è di particolare interesse perché si tratta del minerale di silicio predominante nei campioni di origine extraterrestre”, spiega Ana Cernok, prima firmataria della ricerca. ”La cristobalite ha la stessa composizione chimica del quarzo, anche se la sua struttura è profondamente diversa”, aggiunnge Razvan Caracas, coautore dello studio.
A differenza del quarzo, però, questo minerale è molto raro sulla Terra, perché – spiega l’Agenzia Spaziale Italiana – si forma in condizioni particolari, come pressioni e temperature elevate. Le stesse esistenti, ad esempio, quando l’impatto di asteroidi con la Luna o Marte ne proiettano frammenti di roccia sulla Terra.
Dalle loro analisi i ricercatori tedeschi si sono accorti che la cristobalite è presente nei campioni insieme a un altro minerale, la seifertite. “La coesistenza di questi minerali negli stessi meteoriti – spiegano gli autori – è un enigma, dato che si formano in condizioni di pressione e temperatura molto diverse tra di loro”.
Gli studiosi hanno, quindi, cercato di risolvere questo mistero. E hanno osservato che ad opportune condizioni sperimentali, come pressioni basse, presenti negli acceleratori di particelle di DESY ed ESRF – utilizzati come enormi microscopi per analizzare la struttura di molecole biologiche o minerali -, la cristobalite si converte in una struttura simile alla seifertite.
Un processo analogo, secondo gli autori, potrebbe avvenire anche nei meteoriti. “La nostra ricerca – concludono gli autori – potrebbe avere importanti implicazioni nello studio degli impatti cosmici all’interno del Sistema Solare”.