“Sono ormai molte le evidenze scientifiche provenienti dalle varie discipline e specialità mediche (tossicologia, neuroscienze, psichiatria, pediatria, ecc) che concordano e lanciano l’allarme delle dimostrate conseguenze disastrose che la legalizzazione della cannabis comporterebbe in relazione alle future condizioni di salute della popolazione soprattutto giovanile. Alla luce dell’esperienza statunitense e delle conseguenze sulla sanità pubblica che sono state ad oggi scientificamente documentate, in termini di aumento delle intossicazioni acute con ricorso alle unità di emergenza, degli incidenti stradali e sui posti di lavoro, della maggior incidenza di patologie psichiatriche nei giovani e delle possibili conseguenze sia sul corretto e fisiologico sviluppo fetale che sulla maturazione cerebrale degli adolescenti, l’Amci ritiene doveroso sottolineare la pericolosità dal punto di vista medico che una scelta come la legalizzazione o ancor peggio liberalizzazione, comporterebbe”. Ad affermarlo, è il prof. Filippo Maria Boscia, presidente nazionale dell’Associazione Medici Cattolici Italiani. “Il problema del controllo del traffico e del consumo di cannabis, come per tutte le altre sostanze stupefacenti, è sicuramente complesso ma non può essere risolto con soluzioni che incrementino e legittimino il consumo sociale di cannabis rendendolo cosi ‘normalizzato’ agli occhi e alla percezione soprattutto delle giovani generazioni. Il prezzo da pagare in termini di salute mentale e fisica è inaccettabile oltre che insostenibile anche per gli alti costi sociali e sanitari che genererebbe”, aggiunge il presidente Boscia.”In riferimento all’uso medico dei prodotti a base di delta 9 THC (il principio attivo della cannabis), riteniamo che, senza alcun pregiudizio verso qualsiasi sostanza che possa alleviare la sofferenza delle persone malate, vi sia però la necessità di consigliare ai medici estrema prudenza nell’utilizzo di tali preparati e che vi sia la necessità di ulteriori studi scientifici in grado di provare la sicurezza e la reale efficacia di tali farmaci, ad oggi scarsamente dimostrata”, si legge ancora nella nota. “Sulla coltivazione domestica della Cannabis per uso sia ricreativo che medico, l’Amci non può che dissentire profondamente perché tale scelta è contraria ad ogni basilare principio di correttezza professionale e scientificità dell’utilizzo di terapie mediche a base di sostanze psicoattive che non possono essere lasciate alla diretta gestione del paziente sia per la fase di produzione, di autoprescrizione e di somministrazione senza alcun controllo medico relativo all’appropriatezza del trattamento, agli eventuali misusi ed agli effetti collaterali che spesso si presentano”, sottolinea.”Nell’augurarci che prevalga il buon senso e soprattutto venga valorizzato un approccio scientifico anche all’interno delle aule del Parlamento, la nostra associazione vuole portare il proprio contributo per un dibattito sereno ma altrettanto scientificamente rigoroso per il bene e il vero interesse di tutte le persone malate oltre che per il futuro delle giovani generazioni”, conclude la nota.