Cultura, CNR: Guglielmo Marconi, un presidente non burocrate

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La celebrità di Guglielmo Marconi è tale che a volte lo si ricorda erroneamente come fondatore del Consiglio nazionale delle ricerche, del quale invece fu il secondo presidente per un importante decennio, dal 1927 al 1937, che si concluse con la sua morte improvvisa. Che l’inventore di una scoperta fondamentale per il progresso umano come la telegrafia senza fili, premiato con il Nobel, sia stato insediato al vertice del maggiore ente di ricerca italiano è un dato di evidente importanza: lo spiega sull’Almanacco della Scienza del CNR Giovanni Paoloni, direttore della Scuola di specializzazione in beni archivistici e librari dell’Università Sapienza di Roma, dove insegna Storia e politiche della ricerca scientifica, e autore, con Raffaella Simili, di numerosi studi sulla storia del Cnr.

“Il decreto istitutivo del 1923 non specificava le modalità organizzative del Cnr, inizialmente inserito nell’Accademia dei Lincei, che ne elesse presidente Vito Volterra, affinché l’Italia partecipasse al Consiglio internazionale delle ricerche, del quale il nuovo organismo ricalcava gli scopi statutari e l’articolazione in Unioni scientifiche disciplinari. Volterra guidò il Cnr in anni difficili, dovette confrontarsi con la prevedibile ostilità di parte del mondo accademico senza però godere del pieno appoggio del governo, insospettito dall’autorevolezza e notorietà internazionale e dalle posizioni politiche del presidente, che fu oggetto di una vera e propria damnatio memoriae. Nel 1926 Mussolini lamentava: ‘La ricerca scientifica in Italia da dieci anni attraversa un periodo di stasi. Bisogna avere il coraggio di confessare che siamo in ritardo’ e il 31 marzo 1927 il Re firmava il decreto di riordino: un Direttorio di sette membri, nominato da ministro della Pubblica istruzione e presidente del Consiglio, rispondeva del proprio operato al capo del Governo”.

Marconi era l’uomo giusto per il nuovo organismo…

Senz’altro: personaggio notissimo a livello internazionale, di levatura scientifica indiscutibile e considerato leale al regime. Il Cnr, resosi indipendente dall’Accademia dei Lincei, otteneva prerogative importanti e nel nuovo vertice, creato il 14 luglio 1927 anche se la prima riunione si tenne il 20 settembre, con il neopresidente sedevano Amedeo Giannini, Gian Alberto Blanc, Nicola Parravano e Nicola Vacchelli come vicepresidenti, il segretario generale Giovanni Magrini e l’amministratore Bonaldo Stringher, governatore della Banca d’Italia. Nel Direttorio verrà poi cooptato il direttore generale dell’Istruzione superiore.

Come vengono definite l’identità e l’organizzazione?

Il Cnr diviene “organo permanente consultivo e di informazione” del ministero per quanto concerne l’attività scientifica, con poteri di rilievo: accesso “agli istituti, laboratori e stabilimenti nei quali si eseguono ricerche scientifiche”, designazione di tre componenti del comitato per la ripartizione dei fondi destinati alla ricerca universitaria e delle commissioni giudicatrici per le borse di studio ministeriali per le materie scientifiche, diritto a ricevere una copia di tutte le pubblicazioni scientifiche italiane.

Come si tradussero le direttive politiche?

Già nel 1928 l’Archivio scientifico-tecnico dell’ingegner Vittore Finzi fu consegnato al Cnr, con i materiali sull’esame dei brevetti e delle invenzioni raccolti da Angelo Coppadoro. Nel 1929 avvenne il passaggio al Cnr del Comitato Talassografico, cui seguì nel 1931 l’Istituto nazionale per le applicazioni del calcolo. Nel 1928-1929 nacquero i nuovi Comitati nazionali: ai 10 indicati dalla legge (astronomico, geodetico-geofisico, matematico, fisico, radiotelegrafico, chimico, geografico, biologico, medico, geologico) si aggiunsero ingegneria e agricoltura e poi gli Istituti di chimica, elettroacustica, geofisica e biologia.

Come se la passava il nuovo Cnr in quanto a risorse economiche?

Il problema finanziario rimase un assillo costante della presidenza marconiana. Il periodo non era propizio ma qualche incremento delle entrate fu ottenuto, considerati i contributi aggiuntivi del fondo speciale per i finanziamenti del ministero dell’Educazione nazionale e della Banca d’Italia. L’aumento riguardò anche il personale e gli spazi: la nuova sede nei pressi della città universitaria appena costruita, fu inaugurata nel 1937.

Quella che ancora oggi è la sede centrale. Perché questo nome, ‘Consiglio’?

Perché il Cnr era il “supremo consiglio tecnico dello Stato”: formulava il parere obbligatorio sui regolamenti ed eseguiva i controlli in campo tecnico-scientifico su richiesta di amministrazioni pubbliche o di privati. Sul fronte internazionale però si registrò il distacco del Cnr dal Consiglio internazionale delle ricerche.

Marconi fu presidente solo in senso istituzionale?

Niente affatto. Benché oltre al Cnr presiedesse fra l’altro l’Accademia d’Italia e l’Enciclopedia Italiana, non smise mai di seguire l’attività di ricerca nei settori della fisica e in particolare delle onde elettromagnetiche. Avviò una collaborazione con l’Accademia su varie tematiche, facilitata dalla composizione del Comitato di fisica del Cnr, di cui faceva parte anche Enrico Fermi, dal quale venne il suggerimento del primo Congresso internazionale di fisica nucleare, tenuto a Roma nel 1931. Con Marconi, Fermi, Corbino e Garbasso si costituì un gruppo tra i più avanzati della fisica del tempo. Nacque tra l’altro il Centro radioelettrico di Torre Chiaruccia.

La nascita di un ente di ricerca autonomo dall’università non fu presa bene da tutti, nel regime…

Infatti: nel 1937 arrivò un violento attacco del ministro Giuseppe Bottai, che contestava l’autonomia attribuita, rivendicando l’esclusiva degli istituti universitari. Marconi rispose con una lunga lettera, in cui scrisse, tra l’altro: “Nessuno in verità può affermare che, in conformità a tradizioni mai smentite e universalmente riconosciute, la ricerca scientifica sia e debba essere patrimonio esclusivo degli istituti universitari, mentre nelle università la funzione preminente è quella didattica. Il mondo, per fortuna, è pieno di istituti di ricerca extra universitari. Parecchi ne ha anche l’Italia, creati dallo Stato, dal Consiglio nazionale delle ricerche, e da altri enti pubblici e privati. Mi sia permesso di ricordare che io stesso ho fatto e faccio ricerca, con qualche utile risultato, in laboratori non universitari”.

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