Sono quasi passati 10 anni da quando Apple ha cambiato la storia della telefonia: il 29 giugno del 2007 è stato immesso sul mercato il primo iPhone di sempre. Senza saperlo quel giorno Steve Jobs avrebbe trasformato il modo di telefonare e di connettersi di milioni di persone. Un’idea folle, come recitava un vecchio slogan della Apple, e per questo ancora più bella.
Un solo apparecchio per tante funzioni: video, foto, calendari, musica, internet. Un cambiamento che parte dall’esterno: allo smartphone manca persino la tradizionale tastiera. Il progetto era iniziato a Cupertino già nel 2004 con il lavoro sinergico di centinaia di impiegati, definito dalla Cnn Tech “segreta fino alla paranoia”. E così fu in effetti: il Purple Project, il gruppo che lavorava all’iPhone, occupava un intero piano dell’edificio ed era sorvegliato da telecamere. Nessuno poteva raccontare quello che accadeva in quelle mura, neppure ad amici o familiari, un filosofia tipica della Apple ma in questo caso ancora più estremizzata.
Infinite ore di lavoro, sacrifici, tensioni, ma alla fine arrivano i primi prototipi. Non mancano le disavventure che, col senno di poi, rubano un sorriso. Uno dei prototipi, custodito da Tony Fadell, all’epoca vicepresidente, viene perso su un aereo in Germania. Fadell sarà costretto a chiedere agli addetti della compagnia aerea di recuperare il telefono senza rivelare cosa sia: “E’ una cosa nera, di vetro da un lato e di plastica dall’altro, un po’ più largo di un mazzo di carte”. Non fu l’unico episodio: qualche anno dopo il prototipo dell’iPhone 4 fu dimenticato in un bar.
Cnn raccoglie le confessioni di alcuni ex impiegati durante un seminario al Computer History Museum. Tra essi Scott Forstall: “Tutto è iniziato perché Steve Jobs odiava un tizio di Microsoft”, marito di un’amica di Laurene, sua moglie. I due si incontrano ad un evento e il personaggio in questione inizia a raccontare di come la sua azienda stia rivoluzionando il mondo dei laptop grazie a tablet e penne per touchscreen. La risposta di Steve è immediata e, come sempre, sul campo. il lunedì successivo torna in ufficio con un solo obiettivo: “Facciamogli vedere davvero come si fa”.
Steve pensa inizialmente a creare un tablet, ma si oppone fortemente all’idea della penna: vuole che venga progettato uno screen su cui sia possibile utilizzare solo le dita. L’idea di fondo è la praticità: l’oggetto deve essere piccolo, tascabile. Il prototipo che il team dei designer gli presenta è grande quanto un telefono. Da lì, il lampo geniale di Jobs: “Lasciate stare il tablet, facciamo un telefono” ricorda Forstall.
L’ex dirigente Apple racconta però anche come non fosse semplice lavorare con un uomo così complesso: leggendari le sue sfuriate e gli epiteti con cui apostrofava colleghi e dipendenti. “Ho incontrato tanti leader mondiali, ma vi posso assicurare che cenare con uno di loro è nulla rispetto ad un pranzo con Steve. Era molto esigente, spingeva le persone a dare il meglio che avevano”. Ma quello che tutti i dipendenti temevano, erano sicuramente i suoi silenzi, quando aveva uno sguardo contemplativo, fisso nel vuoto. “In quel momento sapevi di essere nei guai” racconta Andy Grignon, ex ingegnere informatico con cui Jobs aveva rapporti piuttosto tesi, tanto da definirlo spesso un idiota. “E’ stata la peggior esperienza professionale che abbia mai avuto. Ma anche quella che ha portato al miglior risultato”. Era pignolo e severo nel lavoro, ma anche un leader generoso, come racconta Scott Forstall, il quale durante un periodo di malattia, fu ricoverato in gravi condizioni in ospedale. Una sera Jobs portò in corsia il suo agopunturista personale che, a detta di Forstall, gli salvò la vita.