Nei deserti del Medio Oriente inizia la stagione del super caldo, i caccia ai primi +50°C

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Di solito il muro dei +50°C all’ombra in Iraq, come sul Kuwait, in Arabia Saudita e negli altri paesi che si affacciano sulle coste occidentali del Golfo Persico, si abbatte proprio in questo periodo dell’anno, nel cuore dell’estate boreale, durante il predominio dell’anticiclone sub-tropicale permanente, legato alla circolazione della “Cella di Hadley”, che sposta il proprio baricentro dalla penisola Arabica verso l’area del Medio Oriente e le vaste distese steppiche dell‘Asia centrale. In concomitanza con la risalita verso nord, tra i 25° N e i 35° N, dell’estesa cintura anticiclonica sub-tropicale, annessa alla “Cella di Hadley”, anche il ramo principale della “corrente a getto sub-tropicale” è costretto a transitare a latitudini ancora più elevate, tra l’Europa e l’Asia centro-settentrionale, con un andamento spesso molto ondulato.

LaPresse/Xinhua
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L’assenza del passaggio del ramo della “corrente a getto sub-tropicale” favorisce una persistenza dei regimi anticiclonico dinamici in quota, con il conseguente accumulo di masse d’aria molto calde e secche, d’estrazione sub-tropicale continentale, sopra le vaste distese desertiche dell’area medio-orientale, fino alla media troposfera che innalzano i geopotenziali su valori elevatissimi (forte stabilità atmosferica che rende i cieli sereni). Alla quota di 850 hpa, tra l’area pakistana e i deserti del Medio Oriente, in questo periodo dell’anno si possono osservare isoterme di +32°C +33°C, nei casi più estremi sono evidenti anche termiche di +35°C +36°C.

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Tutto questo accumulo di calore, fino alla media atmosfera, dopo settimane e mesi di prolungato dominio anticiclonico con aria molto secca, origina un ulteriore surriscaldamento delle masse d’aria presenti nei bassi strati, indotto anche dai fenomeni di “Subsidenza atmosferica” (correnti discendenti che comprimono l‘aria nei bassi strati, scaldandola e deumidificandola ulteriormente) tipici dei regimi anticiclonici dinamici, ben strutturati nell‘alta troposfera. Se a ciò poi aggiungiamo la continua insolazione diurna su vastissime distese desertiche, vista la totale serenità dei cieli, e la presenza di aria secchissima in prossimità del suolo, è normale poi che i deserti del Medio Oriente si trasformano in autentici forni a cielo aperto, dove diventa veramente difficile sopravvivere se non si è addestrati o abituati a simili condizioni climatiche cosi estreme.

Il paesaggio del torrido deserto kuwaitiano

Quando la calura soffocante raggiunte picchi cosi estremi è sempre accompagnata da tassi di umidità relativa molto bassi, che possono scendere anche al di sotto della soglia minima del 5 % 4 % nelle ore centrali del giorno (il limite strumentale è del 3 %). In tali condizioni di caldo “torrido” e feroce diventa veramente difficile riuscire a svolgere qualsiasi tipo di attività umana. Probabilmente solo le popolazioni arabe del Medio Oriente, abituate da secoli a convivere con il clima estremo del deserto, sono maggiormente predisposte a sopportare delle situazioni a dire poco estreme, apportando semplici accorgimenti. Fra questi, quello fondamentale, è di evitare l’esposizione al sole nelle ore centrali della giornata. Chi trasgredisce spesso può incorrere a colpi di calore che possono risultare pure mortali.

Cielo offuscato dalla polvere desertica sopra l’area portuale di Kuwait City dpo una delle tante giornate “roventi”

In Medio Oriente ci sono località che possono stabilire record di caldo cosi estremi come nella “Death Valley”?

Nel nostro pianeta solo alcune aree ristrette del Pakistan meridionale, in particolare i canyon stretti fra Pakistan occidentale e l’Iran sud-orientale, nel Belucistan, e in una zona del Kuwait, vicino la località di Sulaibya, che nella torridissima estate del 2012 tocco i +53.6°C all’ombra, stabilendo il nuovo record assoluto di caldo dell’intero continente asiatico, si possono registrare temperature cosi eccezionalmente estreme. Ma finora in nessuna di queste aree è stata archiviata una massima estrema di +53.9°C, come nella “Death Valley”.

Deserto del Kuwait non lontano dal confine con l’Iraq

Ciò non toglie che non sia possibile, data la vastità di territori non coperti da stazioni meteorologiche funzionanti attive 24 ore su 24. L’anno scorso solo Sulaibya, con una sorprendente temperatura massima di +53.6°C, ha riscritto una nuova pagina di storia della climatologia mondiale, avvicinandosi e minacciando da vicino il record assoluto di caldo mondiale, di +53.9°C, detenuto dalla “Death Valley”. Per spiegare un dato cosi estremo, bisogna andare a vedere la particolarità del territorio e del microclima che caratterizza la località kuwaitiana, che spesso vanta delle performance davvero uniche.

Difatti quello di Sulaibya è un caso particolare, dove è possibile raggiungere dei picchi di caldo cosi estremi, degni da “Death Valley“, in determinate situazioni. L’area attorno Sulaibya è circondata dalle alte dune del deserto interno kuwaitiano, che spesso vengono alterate a spostate dalle forti tempeste di sabbia prodotte dallo “shamal”, il “torrido” e impetuoso vento nord-occidentale che domina tutto l’anno, soprattutto d’estate, su buona parte dei deserti di Iraq, Kuwait e nord dell’Arabia Saudita. In pratica le dune di sabbia circostanti, molto alte, riescono a creare una situazione particolare schermando l’area da ogni interferenza più fresca proveniente dall’esterno (brezze termiche di mare).

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