Paradosso linee guida. Dopo l’entrata in vigore della legge sulla responsabilità professionale “hanno un ruolo cruciale, ma quelle potenzialmente utilizzabili sono un numero esiguo e concentrate in pochissime aree clinico-assistenziali”. E’ il risultato dell’unica ricerca italiana protagonista di Evidence Live, evento internazionale che raduna a Oxford i massimi esperti nella produzione, sintesi e trasferimento delle evidenze scientifiche. Qui è stata presentata ieri l’indagine finanziata dalla Fondazione Gimbe, grazie alla borsa di studio ‘Gioacchino Cartabellotta’, e condotta sotto l’egida dell’Istituto superiore di sanità e del Guidelines International Network (Gin), rete internazionale di organizzazioni che producono linee guida in oltre 40 Paesi. “Nel marzo 2016, durante la discussione parlamentare della legge sulla responsabilità professionale – esordisce Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – abbiamo finanziato lo studio ‘Linee guida per la pratica clinica in Italia: qualità metodologica e gestione dei conflitti di interesse’, con l’obiettivo di fornire alle Istituzioni un quadro oggettivo sul numero delle linee guida prodotte in Italia e sulla loro qualità, valutata in base all’aderenza agli standard Gin quanto a metodologie di produzione e governance dei conflitti di interesse”. Cartabellotta ha presentato i risultati della prima fase dello studio, che ha valutato esclusivamente le linee guida prodotte dalle società scientifiche italiane. Delle 403 società identificate, quasi l’80% (322) è stato escluso per varie ragioni: mancanza di sito web (6), assenza di pagina web dedicata alle linee guida (289), pagina linee guida ad accesso riservato (14), link ad altri produttori internazionali (13). Dei 712 documenti complessivamente censiti, solo 359 (50,4%) sono stati identificati come linee guida: il resto erano file non accessibili (9), altri documenti (71) e linee guida di altri produttori internazionali (273). La valutazione finale ha incluso, su 359 documenti selezionati, solo 75 linee guida (21%) pubblicate nel 2015 e nel 2016. La qualità metodologica valutata attraverso l’aderenza agli standard del Gin – riferisce la Fondazione – è risultata complessivamente accettabile, ad eccezione della disclosure sui conflitti di interesse, riportata solo nel 17% dei casi. Da rilevare che 42 linee guida incluse nella valutazione finale sono state prodotte da 2 sole società scientifiche: 33 dall’Associazione Italiana di oncologia medica (Aiom) e 9 dalla Società italiana di chirurgia vascolare ed endovascolare (Sicve). “La legge sulla responsabilità professionale – ricorda Cartabellotta – ha affidato un ruolo cruciale alle linee guida, ma dallo studio Gimbe emerge un paradosso che a breve termine ne condizionerà inevitabilmente l’applicazione: le linee guida prodotte dalle società scientifiche italiane potenzialmente utilizzabili, sono oggi un numero esiguo e si concentrano in pochissime aree clinico-assistenziali”. Per Gimbe, da questo punto di vista, è “fondamentale” che la legge abbia affidato la governance nazionale del processo di produzione di linee guida all’Iss, a cui spetta il compito di “definire le priorità, evitare duplicazioni, favorire la produzione di linee guida multiprofessionali-multidisciplinari, standardizzare i criteri di qualità metodologica e definire le modalità di gestione dei conflitti di interesse”. “Anche se le recenti novità normative e giurisprudenziali hanno rivitalizzato l’interesse per le linee guida in Italia, è indispensabile evitare – raccomanda Cartabellotta in conclusione – un loro impiego rigido e strumentale esclusivamente a fini di tutela medico-legale, ma piuttosto utilizzarle sia come base scientifica per lo sviluppo dei percorsi assistenziali, sia come raccomandazioni per supportare decisioni cliniche da condividere sempre con il paziente”.
Sanità, GIMBE: il paradosso delle linee guida, solo poche utilizzabili
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