Solstizio d’estate: riti, tradizioni e leggende in Italia

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Il periodo del solstizio d’estate è un giorno carico di riti, tradizioni e interessanti leggende. In ogni paese della Valnerina, fino a qualche anno fa, la sera del 23 giugno si raccoglievano fiori ed erbe profumate che venivano messi a bagno nell’acqua di un catino.

L’acqua profumata, resa prodigiosa dagli influssi lunari della notte di San Giovanni, veniva usata per lavarsi la mattina della festa con lo scopo di preservare il corpo dalle malattie. La stessa funzione veniva svolta dalla rugiada, raccolta anch’essa goccia su goccia per detergersi.

A Montebufo di Preci, la notte di San Giovanni le ragazze si sfidavano a conquistare il “Fiore dell’acqua”.

ACQUA SAN GIOVANNIChi tra di loro fosse riuscita per prima, appena dopo la mezzanotte, a bere dalla cannella della fontana di piazza, avrebbe posto come segnale della conquista un piccolo sasso sopra al rubinetto e sarebbe stata proclamata per tutto l’anno la ragazza del fiore dell’acqua. A Sellano, oltre al rituale dell’acqua profumata, la notte magica veniva usata per leggere auspici. Le fanciulle da marito ponevano fuori dalla finestra una bottiglia di vetro trasparente con dentro acqua e albume delle uova: la mattina, la forma assunta dagli albumi avrebbe rivelato il mestiere del futuro fidanzato. Nei campi la festa di San Giovanni coincideva con il giorno della raccolta delle noci verdi usate per preparare il liquore nocino e delle gustose mele di San Giovanni, chiamate volgarmente schianci. Nei giorni prossimi al 24 giugno si falciava la biada (avena) e si partiva per andare a mietere il grano nei territori di pianura. Anche i vermetti nascosti nelle ultime ciliegie della stagione prendevano il nome di Giovannino, in onore del santo. A Vallo di Nera, dove San Giovanni Battista è patrono e protettore, si svolgeva il rito di origine più antica, retaggio della tradizione dell’antica Roma dove il 24 giugno si celebravano la Fors e la Fortuna, ovvero il Caso e la Sorte.

Sopra al girone delle mura medievali, ogni due anni di fronte a un folto numero di gente accorsa anche dai paesi vicini, i santesi di San Giovanni mettevano in vendita la Sorte, ovvero un taglio di stoffa utile per confezionare un vestito da donna. Ogni giovanotto, pagando, poteva prenotarne una parte del tessuto dedicandola a una ragazza e avanzando così pubblicamente una dichiarazione d’amore. La “Sorte” sarebbe toccata a colei che a conclusione dell’asta avesse collezionato più parti, cosicché la ragazza insieme alla stoffa per un abito si aggiudicava anche un probabile marito. In altri paesi, soprattutto del Casciano e del Leonessano, vigeva la consuetudine di scambiarsi mazzetti di fiori, per sancire un’amicizia e sentirsi “compari di San Giovanni”. C’è, poi, un altro elemento legato alla festività di San Giovanni Battista: le lumache, che venivano raccolte e inviate a Roma, dove erano tradizionalmente consumate con il significato scaramantico di inghiottire preoccupazioni e avversità insieme alle corna dei molluschi. In Italia il 24 giugno è la notte delle streghe che volavano verso il grande albero di noce di Benevento per celebrare il sabba. Il popolo era solito lasciare, sulla soglia di casa, del sale e una scopa di saggina, in modo che le fattucchiere, costrette a contare i granelli di sale e i fili di scopa, venissero dissuase dall’entrare nelle abitazioni domestiche.Non mancano le leggende “made in Italy”. Una tra le più famose, ambientata a Capri, narra di una perfida maga, invidiosa dell’armonia che regnava nella città, al punto da imporre un maleficio sul re e sul principe, trasformandoli, rispettivamente, in ranocchio e lucertola azzurra. Proprio nel giorno del solstizio d’estate, una fanciulla stupenda, anch’essa vittima di un sortilegio e trasformata in una falchetta, commossa dallo sguardo malinconico della lucertola azzurra, la prese fra le zampe, volando verso il Sole.

Entrambi vennero liberati dal maleficio, ritornando all’isola, accompagnati da una luce abbagliante, segno della ritrovata felicità, liberando dal sortilegio anche il re. Ancora oggi a Capri il solstizio d’estate è un giorno di festa e da questa leggenda sono nate linee di gioielli molto note sull’Isola.Un’altra famosissima leggenda si svolge nel castello di Montebello che, nei secoli, è stato un luogo strategico per la difesa del territorio, tanto che la sua storia è costellata da sanguinose battaglie. Il nome “Montebello”, infatti, deriva dal nome romano “mons bellum” (monte della guerra). Diverse famiglie si sono succedute nel castello, ampliandolo, modificandone la torre di vedetta romana, sino a rendere la costruzione sempre più imponente e suggestiva. Non stupisce che tale luogo, così antico e ricco di avvenimenti, porti con sé una storia di fantasmi: la leggenda di Guendalina Malatesta, detta Azzurrina, figlia di un certo Ugolinuccio, signore di Montebello-Guendalina era albina, cosa che, secondo la superstizione popolare del tempo, era collegata ad eventi di natura magica se non diabolica. Per questo motivo, il padre aveva deciso di farla sempre scortare da un paio di guardie, non facendola mai uscire di casa per proteggerla dalle dicerie e dal pregiudizio popolare.

La madre le tingeva ripetutamente i capelli con pigmenti di natura vegetale estremamente volatili. A ciò si univa la scarsa capacità dei capelli albini di trattenere il pigmento, conferendo alla bimba riflessi azzurri che ne originarono il soprannome di Azzurrina. La leggenda narra che il 21 giugno del 1375, nel giorno del solstizio d’estate, mentre Azzurrina giocava nel castello di Montebello con una palla di stracci, fuori infuriava un temporale. Era vigilata da due armigeri di nome Domenico e Ruggero. Secondo il resoconto delle guardie, la bambina inseguì la palla caduta all’interno della ghiacciaia sotterranea. Avendo sentito un urlo le guardie accorsero nel locale, entrando dall’unico ingresso ma non trovarono tracce della bambina. Il suo corpo non venne più ritrovato. La leggenda vuole che il fantasma della bambina sia rimasto intrappolato nel castello e che torni a farsi sentire nel solstizio d’estate di ogni anno lustro (cioè che finisce per 0 e 5).

Fonti: http://berenice.over-blog.it/

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