Solstizio d’estate: storia di uno dei giorni più attesi dell’anno

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Il giorno del solstizio d’estate è atteso da secoli in tutto il mondo. Uno dei luoghi più rappresentativi è senza ombra di dubbio Stonehenge, famoso sito megalitico che sorge al centro della piana di Salisbury, 30 km da Londra, comprendente costruzioni formate da un cerchio di 30 monoliti che racchiudono 5 triliti, disposti a ferro di cavallo, costruite come tempio sacro o come osservatorio astonomico. Una delle prime opee dedicate a Re Artù, “La vita Merlini” di Geoffrey di Monmouth, parla di un complesso circolare, composto da enormi pietre, la Chorea Gigantum ossia la Danza dei Giganti, che si trovava in Africa, poi venne portata in Irlanda da una popolazione di giganti e sistemata sul monte Killarus, come monumento funebre per 460 nobili soldati di Aurelio Ambrosius, uccisi dai Sassoni.

Re Uther Pendragon tentò di trasportarlo in Inghilterra, ma l’impresa si rivelò, ben presto, superiore alle sue forze, tanto da doversi rivolgere al Mago Merlino che, con l’aiuto degli angeli, lo trasferì nella piana di Salisbury, dove esiste tuttora col nome di Stonehenge. Le feste solstiziali iniziano, come noto, con le prime civiltà agricole e, col progredire della scienza, all’uomo diventa più semplice scrutare il cielo e prevedere i principali eventi astronomici, organizzando al meglio le proprie attività. Oltre a Stonehenge nacquerero costruzioni astronomicamente orientate ad opera dei Maya e degli Egizi. I Celti, invece, accendevano falò. Proprio sul fuoco, elemento fondamentale dei loro rituali, venivano sacrificati non solo animali ma forse, come riportano Strabone e Cesare, anche uomini. Oltre ai fuochi, si raccoglievano erbe per allontanare gli spiriti maligni tra cui il vischio e l’artemisia.

GIANO BIFRONTE OKPer i Greci il solstizio d’estate era visto come “porta degli uomini” mentre quello invenale come “porta dgli Dei”. In ogni caso, come elemento di comunicazione tra la dimensione spazio/temporale finita degli uomini e quella aspaziale e atemporale degli Dei. Nell’Antica Roma, invece, la festa solstiziale era dedicata a Giano Bifronte, rappresentato con due volti, uno barbuto e l’altro giovanile o femminile a seconda delle interpretazioni. Egli rappresenta l’iniziatore, colui che ruotando sulla sua terza faccia invisibile, cioè l’asse del mondo, conduce alle due Porte Solstiziali, quindi suo è il compito di accompagnare il passaggio da uno stato all’altro.

L’etimologia del suo nome conferma questa funzione: Ianus deriva dalla radice indoeuropea *y-a, da cui il sanscrito yana (via) e il latino ianua (porta). Giano estendeva il suo dominio sulla duplice sfera delle entrate e delle uscite, in eterna conciliazione degli opposti: passato e futuro, avanti e indietro, interno e esterno, ecc. Giano esprime nettamente quel preciso momento di passaggio in cui passato e futuro coesistono nel presente; è dunque anche un dio del tempo, un dio del sole che sorge e tramonta e che è quindi cosciente contemporaneamente, grazie alle sue due facce, della notte che si lascia alle spalle e del giorno a cui va incontro.

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