Caccia alle mutazioni del cancro, per individuare quella che ne guida lo sviluppo e dare al paziente la terapia più efficace. Come un vestito confezionato su misura. E’ il rivoluzionario approccio illustrato al congresso della Società americana di oncologia clinica (Asco), in corso a Chicago, e su cui partirà, nei prossimi mesi, uno studio tutto italiano, il primo al mondo di questo genere. Lo studio coinvolge 28 centri in tutta la Penisola, coordinatu dall’Unità operativa di oncologia del Policlinico Sant’Andrea – università Sapienza di Roma, con la supervisione del Dipartimento di oncologia e nuovi farmaci dell’Istituto superiore di sanità. La tecnologia utilizzata è quella messa a punto da Foundation Medicine, azienda nata a Cambridge (Massachusetts) nel 2009 per lo sviluppo di test molecolari, di cui Roche ha acquisito il 52%. ”Nel nostro dipartimento – spiega Paolo Marchetti, direttore dell’Uoc di oncologia del Sant’Andrea – questa piattaforma viene usata ormai da diversi mesi: si manda il campione tumorale con corriere negli Stati uniti e la risposta arriva in una decina di giorni via mail. Individuare il bersaglio è il primo, fondamentale passo per colpirlo con gli strumenti giusti”. Per l’oncologo, è ”un capovolgimento di fronte: non si identifica un singolo marcatore, dopo l’esame istologico del tumore, per selezionare pazienti a cui dare i farmaci innovativi e contenere così i costi, che altrimenti crescerebbero in modo esponenziale. Si cerca, invece, il maggior numero di mutazioni per offrire ai malati quante più opzioni terapeutiche possibili. Questa è la sfida che giocheremo nei prossimi anni”, sottolinea. ”Oggi grazie a piattaforme integrate come quella di Fmi – prosegue Marchetti – riusciamo a valutare simultaneamente 324 mutazioni in una biopsia e oltre 60 in un prelievo ematico, cosa che ci permette di effettuare la cosiddetta biopsia liquida per continuare a tenere sotto controllo il paziente e vedere come risponde ai trattamenti. Visto il numero di geni passati in rassegna in brevissimo tempo, questa tecnologia ha un costo affrontabile, come è stato evidenziato nella presentazione all’Asco”. ”E’ un’opzione nuova, aggiuntiva – afferma – che offriamo ai pazienti. Una volta che sono stati esauriti i trattamenti convenzionali di prima e seconda linea, ci troviamo sempre più spesso di fronte a pazienti in ottime condizioni generali, per cui l’unica alternativa terapeutica è quella di impiegare dei farmaci che in studi su numeri piccolissimi di malati hanno dimostrato una certa attività”. Ma non è detto che funzionino per quel particolare paziente. ”Il vantaggio della piattaforma di Fmi – spiega ancora Marchetti – è che, oltre a identificare le mutazioni alla base del singolo tumore, ti dice anche quali sono i farmaci giusti, non solo quelli già utilizzati e autorizzati per quella patologia specifica, ma anche quelli che hanno altre indicazioni e le molecole in sperimentazione in trial clinici internazionali. Possiamo indirizzare i pazienti in questi percorsi, garantendo l’accesso a farmaci non ancora disponibili a carico del Ssn”. Valutare vantaggi e costi, per i pazienti e il sistema sanitario, è l’obiettivo dello studio italiano coordinato da Marchetti. Saranno coinvolti 440 pazienti selezionati sui 900 a cui verrà fatto il test per identificare la mutazione principale da colpire. Pazienti con ”tumore della mammella, del colon retto e del polmone, ma anche di altri tipi, visto che con questo approccio non sono più l’organo colpito e l’istologia a guidare la scelta del trattamento. Si tratta di pazienti in buone condizioni generali e che hanno già ricevuto le 2 prime linee di trattamenti convenzionali”. Un comitato di esperti di biologia molecolare e clinica discuterà la strategia migliore da utilizzare e il farmaco da impiegare. I risultati sono previsti alla fine del 2018 o nella prima meta’ del 2019.