Tumori: infezioni comuni una possibile causa di leucemia nei bimbi

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Un motivo in più per convincersi del valore della prevenzione contro le malattie evitabili: contrarre infezioni comuni è una possibile causa di leucemia nei bambini, secondo uno studio presentato a Madrid al 22esimo Congresso dell’Eha, la European Hematology Association. La ricerca è sui topi, quindi i risultati vanno approfonditi per comprenderne le possibili applicazioni per la salute dei più piccoli. Ma a chi le chiede se le vaccinazioni potrebbero rappresentare uno ‘scudo’ anche contro condizioni gravi come un tumore del sangue, l’autrice del lavoro risponde che “vaccinarsi è comunque importante, indipendentemente dai nostri dati. E in futuro questo potrebbe essere un filone di studi da seguire“, conferma Julia Hauer della Clinica di oncologia pediatrica, ematologia e immunologia clinica di Dusseldorf in Germania. Il lavoro, dice, apre a “nuovi approcci per la prevenzione della leucemia“. “La leucemia acuta – spiega Hauer – è la forma di cancro più comune nei bambini e la sua incidenza è in crescita, specie nei Paesi avanzati dal punto di vista socio-economico. Del sospetto che le infezioni possano accendere la miccia della malattia si discute da decenni, ma il legame è controverso e sono rare le evidenze sperimentali a sostegno di questa tesi“. Almeno finora: Hauer e colleghi hanno analizzato l’impatto dell’esposizione ambientale a comuni infezioni in due tipi di topi geneticamente modificati in modo da riprodurre i due profili più frequenti nella leucemia infantile (Pax5+/- e Tel-Aml1), osservando che in questi roditori “il tumore insorgeva solo dopo l’esposizione alle infezioni“. Il meccanismo attraverso il quale la neoplasia veniva scatenata è risultato dipendente dal sottotipo genetico ‘indotto’ negli animali. Quindi l’ipotesi è che il sistema immunitario attivato dall’infezione possa in qualche modo ‘interagire’ con il profilo genetico stesso, innescando la cascata di eventi che porta alla leucemia. Ma quali sono le infezioni contro cui stare in guardia? “Questo non possiamo ancora dirlo“, precisa la scienziata. Da un lato perché “nello studio non abbiamo infettato i roditori con particolari virus, batteri o parassiti, ma li abbiamo solo esposti a generiche infezioni che circolano nell’ambiente“. Dall’altro perché “topi ed esseri umani sono più vulnerabili a infezioni diverse“. Un altro punto sul quale far luce con le prossime ricerche.

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