Quello che fino a qualche anno fa veniva considerato come Dna ‘spazzatura‘ ha invece importanti funzioni regolatorie per la cellula. Uno studio italiano sostenuto da Airc, con il contributo di Cloud4Care e Sia, recentemente pubblicato sulla rivista ‘Clinical Cancer Research’, si è concentrato, in particolare, sul ruolo di lunghi Rna non codificanti (lncRNAs), che fanno appunto parte del Dna ‘spazzatura’. Una firma molecolare basata sui livelli di espressione di tre lncRna è risultata avere un ruolo prognostico nelle pazienti con tumore epiteliale maligno dell’ovaio in fase iniziale (stadio I). Il Dna codificante – spiegano i ricercatori – che rappresenta solo il 2% di tutto il Dna, fino a poco tempo fa era ritenuto la sola parte di genoma in cui è contenuta la memoria genetica. Grazie all’avvento delle nuove tecnologie, è stato possibile scendere dalla punta dell’iceberg per cercare di capire se, in quello che una volta era ritenuto Dna ‘spazzatura’, ci fossero informazioni utili per la prognosi delle pazienti colpite da tumore. “Abbiamo individuato – spiega Maurizio D’Incalci, capo dipartimento di Oncologia dell’Irccs Istituto di ricerche farmacologiche ‘Mario Negri’ di Milano – tre lncRnas, che sembrano essere un marcatore predittivo di sopravvivenza e di ricaduta della malattia. Siamo ancora all’inizio, ma i risultati di questo studio ci suggeriscono che siamo sulla strada giusta“. Questi dati – specificano gli esperti – dopo una validazione su altre casistiche e integrati ad altri parametri biologici e clinici, saranno applicati per definire il rischio di recidiva delle pazienti con carcinoma dell’ovaio al primo stadio in modo più preciso. Molte pazienti con questo tumore sono ancora in età fertile e se il rischio di recidiva è molto basso possono decidere di intraprendere una gravidanza. Soltanto le pazienti ad alto rischio riceveranno una chemioterapia post-chirurgica, mentre le altre potranno essere seguite con controlli periodici evitando terapie farmacologiche, spesso associate ad effetti collaterali.