Astronomia, svelato il mistero delle onde atmosferiche notturne di Venere

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Un team internazionale guidato da ricercatori spagnoli ha decifrato la circolazione sul lato notturno delle nubi nell’atmosfera di Venere, da decenni un vero e proprio rompicapo per gli scienziati. Il risultato è stato ottenuto sfruttando i dati raccolti dallo spettrometro VIRTIS (Visible and InfraRed Thermal Imaging Spectrometer), lo strumento italiano a bordo della sonda Esa Venus Express (in orbita attorno a Venere dal 2006 al 2014), e dal telescopio Infrared Telescope Facility (IRTF) della NASA alle Hawaii. Alla studio, pubblicato oggi sulla rivista Nature Astronomy, ha partecipato anche Giuseppe Piccioni, astrofisico all’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) di Roma e principal investigator di VIRTIS.

Negli anni Sessanta del secolo scorso erano stati studiati nell’ultravioletto i movimenti delle nubi venusiane sul lato diurno, scoprendo il fenomeno della “super rotazione”: mentre il secondo pianeta del Sistema solare impiega 243 giorni per ruotare attorno al proprio asse, la sua atmosfera ruota attorno al pianeta in appena 4 giorni. I ricercatori guidati da Javier Peralta (membro del team scientifico della missione Akatsuki della JAXA lanciata nel 2010 verso Venere) hanno di recente studiato i fenomeni atmosferici notturni legati alla super rotazione delle dense nubi di acido solforico che coprono quasi tutta la superficie di Venere. Peralta, primo autore dello studio, spiega: “La fonte di energia che causa il fenomeno della super rotazione atmosferica di Venere continua a essere un mistero e nessun modello numerico è ancora in grado di eseguire una simulazione realistica. A lungo avevamo dato per scontato che la circolazione atmosferica notturna fosse simile a quella diurna, ma ci siamo sbagliati”.

I nuovi tipi morfologici delle nuvole scoperte nel lato notturno di Venere grazie a Venus Express (ESA) e al telescopio infrarosso IRTF (NASA): le onde stazionarie (Venus Express, in alto a sinistra), schema a rete (IRTF, in alto a destra), filamenti misteriosi (Venus Express, in basso a sinistra) e instabilità dinamica (Venus Express, in basso a destra). Crediti: ESA e NASA.
I nuovi tipi morfologici delle nuvole scoperte nel lato notturno di Venere grazie a Venus Express (ESA) e al telescopio infrarosso IRTF (NASA): le onde stazionarie (Venus Express, in alto a sinistra), schema a rete (IRTF, in alto a destra), filamenti misteriosi (Venus Express, in basso a sinistra) e instabilità dinamica (Venus Express, in basso a destra). Crediti: ESA e NASA.

Nuove tecniche di elaborazione delle immagini e i dati inviati a terra da VIRTIS hanno permesso a Peralta e i suoi colleghi di scoprire che i movimenti delle nuvole della faccia opposta al Sole subiscono in maniera meno uniforme la super rotazione dell’atmosfera. “Grazie alle immagini iperspettrali ottenute da VIRTIS, siamo riusciti a identificare e inseguire dettagli delle nubi fino ad ora nascosti, che testimoniano la presenza di onde di varia natura sul lato notturno di Venere. Ciò è stato reso possibile grazie alla capacità di VIRTIS di vedere segnali molto deboli dovuti alla emissione termica delle nubi e dell’atmosfera di Venere”, dice Piccioni. VIRTIS è uno spettrometro a immagini nell’infrarosso in gran parte ideato, progettato e realizzato in Italia da ricercatori dell’INAF e dalla Leonardo SPA del Gruppo Finmeccanica per conto dell’Agenzia Spaziale Italiana.

Gli esperti hanno analizzato nel dettaglio il banco di nubi localizzate a settanta chilometri di altezza dalla superficie di Venere, proprio dove la super rotazione è più evidente. I ricercatori hanno rilevato che il lato notturno presenta una ricca varietà di movimenti e nuvole dalle forme mai viste prima, con cambiamenti drastici e imprevedibili anche nell’arco di 24 ore. Dai dati di VIRTIS è emerso che una certa quantità di nuvole nell’atmosfera venusiana non si muove affatto. Per gli esperti che hanno partecipato allo studio, si tratta dell’effetto di onde atmosferiche definite “stazionarie”, solitamente create quando i venti superficiali incontrano ostacoli come montagne. La presenza costante di onde stazionarie nell’atmosfera di Venere costituisce un “paradosso”, perché la superficie del pianeta è piuttosto pianeggiante nell’emisfero “e i venti in superficie dovrebbero essere molto deboli, ipotesi quest’ultima probabilmente da rivedere”, spiega Piccioni.

“Nonostante la presenza di una missione operativa su Venere (cioè quella giapponese di Akatsuki) i dati di VIRTIS continuano a produrre risultati scientifici di grande importanza. Soddisfazione ancora più grande poiché proprio il team giapponese si è servito di questi dati. Ciò a testimonianza del fatto che i dati di VIRTIS su Venus Express continueranno a essere un importante riferimento della comunità scientifica internazionale per ancora molti anni a venire”, conclude Piccioni.

I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Nature Astronomy nell’articolo “Stationary waves and slowly moving features in the night upper clouds of Venus”, di J. Peralta (Institute of Space and Astronautical Science, Japan Aerospace Exploration Agency, Giappone), Japan, R. Hueso (Grupo de Ciencias Planetarias, Departamento de Física Aplicada I, E.T.S. Ingeniería, Universidad del País Vasco, Spagna), A. Sánchez-Lavega (Grupo de Ciencias Planetarias, Departamento de Física Aplicada I, E.T.S. Ingeniería, Universidad del País Vasco, Spagna), Y. J. Lee (Institute of Space and Astronautical Science, Japan Aerospace Exploration Agency, Giappone), A. García Muñoz (Zentrum für Astronomie und Astrophysik, Technische Universität Berlin, Germania), T. Kouyama (Artificial Intelligence Research Center, National Institute of Advanced Industrial Science and Technology, Giappone), H. Sagawa (Faculty of Science, Kyoto Sangyo University, Giappone), T. M. Sato (Institute of Space and Astronautical Science, Japan Aerospace Exploration Agency, Giappone), G. Piccioni (INAF – Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali, Roma), S. Tellmann (Abteilung Planetenforschung, Rheinisches Institut für Umweltforschung, Universität zu Köln, Colonia, Germania), T. Imamura (Graduate School of Frontier Sciences, University of Tokyo, Giappone) e T. Satoh (Institute of Space and Astronautical Science, Japan Aerospace Exploration Agency, Giappone).

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