Ricerca: nanosensori d’oro “Made in Italy” per scoprire tumori e tossine

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Dalla ricerca made in Italy passi avanti verso la medicina personalizzata. Sono state infatti poste le basi per dei nanosensori con un ‘cuore d’oro’, capaci di scoprire la presenza di un tumore, ma anche di rilevare sostanze tossiche nel sangue, come droghe o sostanze dopanti. Lo studio scientifico – firmato dal team di ricerca di Molecular Modeling & Drug Discovery dell’Iit (Istituto italiano di tecnologia), guidato da Marco De Vivo, insieme ai gruppi di ricerca dell’Università di Padova guidati da Fabrizio Mancin e Federico Rastrelli – è stato appena pubblicato sulla rivista internazionale ‘Chem’ aggiudicandosi anche la copertina della rivista. La scoperta consiste nell’aver chiarito come nanoparticelle artificiali possano avere funzioni che simulano il comportamento delle proteine, molecole biologiche essenziali alla vita. Ciò consente di costruire nanoparticelle artificiali con funzione di sensori diagnostici. Lo studio, la cui prima autrice è Laura Riccardi di Iit, chiarisce come le nanoparticelle (oggetti artificiali, molto dinamici e delle dimensioni del miliardesimo di metro) possono essere funzionalizzate in maniera intelligente in modo da conferire loro nuove capacità. Queste nanoparticelle sono composte da un nucleo metallico centrale di atomi d’oro con funzione strutturale, a cui sono legate piccole molecole che regolano la funzione della nanoparticella formando la superficie della nanoparticella stessa. “In questo studio abbiamo dimostrato come i gruppi che compongono le molecole legate al nucleo determinano quale tipo di molecola sarà riconosciuta, in base a specifiche interazioni atomiche – spiega De Vivo – Questa scoperta apre alla possibilità di creare nanoparticelle ingegnerizzate per riconoscere specifiche sostanze d’interesse, come fanno le proteine in natura“. “L’interazione tra team d’eccellenza, ognuno con uno specifico know how nel proprio settore di ricerca – sottolinea Mancin – ha fatto sì che studi sperimentali e teorici si incontrassero per comprendere a fondo il fenomeno del riconoscimento molecolare tra nanoparticelle e analiti, piccole molecole presenti in soluzione“. Il dato sperimentale, dimostrato da Rastrelli attraverso l’uso della risonanza magnetica nucleare (Nmr), è che nanoparticelle messe in soluzione possono riconoscere selettivamente un certo analita, piuttosto che un altro. La teoria alla base di questa evidenza empirica, ora, è stata fornita attraverso la sinergia di esperimenti Nmr e simulazioni molecolari fatte da Iit, tramite l’uso del supercomputer. Le simulazioni – riferiscono dall’Iit – mostrano che le nanoparticelle assumono una forma diversa in soluzione a seconda della struttura chimica delle molecole che le ricoprono, e in base alla conformazione assunta dalla superficie avviene il riconoscimento dell’una o dell’altra sostanza presente in soluzione. Sulla superficie delle nanoparticelle infatti si formano veri e propri siti di riconoscimento, analogamente a quanto si sa succedere nelle proteine, che riconoscono sostanze seguendo il modello della serratura e della chiave, dove la serratura è uno specifico sito di interazione e la chiave l’analita riconosciuto. Questo studio rappresenta per gli autori un importante traguardo per la conoscenza delle nanoparticelle, che apre nuove prospettive per ricerche e applicazioni in campo pratico. Sarà infatti possibile, precisano gli scienziati, fare ‘design razionale’ di nuove nanoparticelle in grado di riconoscere specifici analiti. L’obiettivo è creare nanoparticelle ingegnerizzate perché in futuro si riesca a individuare molecole presenti anche a bassissime concentrazioni nei campioni da analizzare, rendendo possibile l’attuazione di tecniche analitiche più rapide e meno costose di quelle in uso negli ospedali o nei laboratori analisi, per la ricerca di marcatori cancerogeni o sostanze stupefacenti e dopanti nel sangue dei pazienti.

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