Una sigaretta su dieci (più del 9%) fumata nei paesi europei nel 2016 è illegale. Con un totale di 48,3 miliardi di sigarette illecite – più del volume complessivo di “bionde” acquistato legalmente in Francia – il mercato illecito rimane ancora una delle principali minacce per le economie europee. Un fenomeno che, oltre ad avere un impatto sociale, pesa per oltre 10,2 miliardi di euro in perdite erariali, nelle tasche dei governi dell’UE.
Sono i dati emersi dal “PROJECT SUN” 2017, il rapporto annuale che l’istituto di ricerca internazionale KPMG dedica all’analisi e al monitoraggio del mercato illecito dei prodotti del tabacco in Europa, realizzato per i principali player dell’industria: British American Tobacco (BAT), Imperial Tobacco e Philip Morris International. Il report, commissionato quest’anno dal RUSI (Royal United Services Institute for Defence and Security Studies) si è focalizzato sull’andamento del fenomeno in 28 paesi membri dell’Unione Europea, in Svizzera e in Norvegia.
Dal report è emerso che il consumo illecito in Europa è sceso dell’8,9% tra il 2015 e il 2016: si tratta del più grande calo del fenomeno registrato in un singolo anno, negli ultimi 3 anni. Un risultato importante reso possibile dalle imponenti attività di contrasto svolte dalle Forze dell’ordine e dai più severi controlli alle frontiere, che hanno contribuito a ridurre la presenza di sigarette illegali nei paesi dell’Unione Europea.
Il contrabbando di sigarette resta però un tema di rilevante urgenza e attualità geopolitica ed economica, in Italia e in Europa. È infatti ulteriormente comprovato come questo fenomeno sia il frutto di un’attività criminale di carattere internazionale tipicamente organizzata, che necessita di una rete di imponente di relazioni operative, finanziarie e logistiche (fonti di approvvigionamento; denaro da investire; strutture di stoccaggio, trasporto, distribuzione e vendita; un sistema di rapporti interpersonali e contatti internazionali). Inoltre, la criminalità organizzata è attratta dai minori rischi rispetto ad attività criminali spesso percepite dagli Stati come più pericolose – come il traffico di stupefacenti – e dai profitti che sono invece altrettanto ingenti, dati i bassi o nulli costi di produzione, la relativa facilità del trasporto illegale, la presenza di notevoli differenziali di prezzo tra Paesi e una domanda molto elevata che garantiscono la redditività di questi crimini, per chi li commette.
Il fenomeno della contraffazione in Italia risulta invece in forte declino nel 2016 (meno 12 punti percentuali in un anno) e rappresenta un valore marginale (4,7%) rispetto al problema principale, dato dal contrabbando di sigarette illecite.
Di contro, è in crescita il fenomeno delle “Illicit White” (ovvero, sigarette prodotte legalmente in genere in Paesi extra UE, ma distribuite in maniera illecita nei Paesi dell’UE), che costituisce una parte consistente del problema in molti Stati Europei – compresa l’Italia – sebbene anche il commercio illecito dei marchi noti giochi ancora un ruolo importante. Nel nostro Paese, le illicit white rappresentano infatti il 63% del totale delle sigarette illegali, mentre i marchi noti seguono con oltre il 30%.
Anche le sigarette illecite provenienti dal canale “Duty free” sono in netta crescita: ad esempio, il marchio di illicit white denominato “Regina” gioca un ruolo di primo piano nei traffici internazionali.
Nel quadro delineato, l’Italia spicca nel contesto europeo come un “unicum virtuoso”: nel nostro Paese, infatti, l’incidenza delle sigarette illecite è rimasta stabile al 5,8% per l’anno 2016, grazie all’incessante attività di contrasto effettuata dalle Forze dell’Ordine e a un regime regolatorio e fiscale equilibrato. Tuttavia, le recenti modifiche al regime fiscale potrebbero mettere in serio pericolo l’assetto venutosi a creare, come dimostra il trend storico degli ultimi anni in cui, ad ogni aumento di prezzo nel settore dei tabacchi, è sempre seguito un incremento della domanda di prodotti illeciti.
Dal report KPMG emerge infine come nel 2016 cinque paesi (Francia, Polonia, Regno Unito, Germania e Italia) rappresentino oltre il 62% di tutti i consumi illegali in Europa.
Tra i Paesi maggiormente interessati dal fenomeno, Ucraina e Bielorussia rappresentano le principali fonti di approvvigionamento da parte della criminalità organizzata. L’Ucraina, con circa il 12% del totale dei flussi di bionde illecite, sembra inoltre aver sostituito la Bielorussia come maggior “fornitore” di sigarette illegali.