Ecstasy in farmacia, può curare lo stress da trauma

MeteoWeb

Si avvicina negli Stati Uniti la possibilità di trovare l’ecstasy in farmacia. L’ingrediente attivo dello ‘sballo chimico’ nei giorni scorsi ha fatto un passo avanti sulla via per diventare un farmaco da prescrizione contro i traumi di guerra. La Mdma (3,4-metilenediossimetanfetamina) ha infatti ricevuto lo status di ‘terapia rivoluzionaria’ (breakthrough therapy) per la sindrome da stress post-traumatico dalla Food and Drug Administration americana, cosa che può accelerare il processo di approvazione della sostanza.
Insomma, dopo la ‘riscoperta’ del Lds e il successo della cannabis terapeutica, sembra arrivato il momento dell’ecstasy. L’Agenzia del farmaco Usa ha infatti approvato anche due studi di fase III sulla Mdma contro lo stress post-traumatico, che saranno finanziati dalla Multidisciplinary Association for Psychedelic Studies (Maps), un gruppo no profit di santa Cruz, in California, specializzato nelle sostanze psichedeliche. E proprio questo gruppo, riferisce ‘Science’, ha annunciato nei giorni scorsi la novità sul suo sito, precisando che se si troveranno i fondi necessari (circa 25 milioni di dollari), i trial potrebbero iniziare la prossima primavera per concludersi nel 2021.
La nuova vita della droga da discoteca può lasciare perplessi, ma “non è un passo così grande dal punto di vista scientifico – assicura David Nutt, neuropsicofarmacologo dell’Imperial College di Londra su Science – E’ ben noto da 40 anni che queste droghe sono farmaci. Ma è un passo avanti grandissimo per l’accettazione”.
Il fondatore del gruppo Maps aveva dato vita all’iniziativa nel 1986, un anno dopo che la Mdma era diventata illegale in Usa, convinto del potenziale terapeutico di questa sostanza. Il primo studio Usa contro lo stress post-traumatico è stato pubblicato nel 2011, mentre per i trial di fase II ricercatori americani, canadesi e israeliani hanno coinvolto circa 107 partecipanti.
In questi test basse dosi di Mdma, insieme alla psicoterapia, hanno bloccato la connessione tra odori e suoni e ricordi traumatici. Nello studio, spiega Doblin, i pazienti soffrivano della sindrome in media da 17,8 anni. Su 90 disponibili 12 mesi dopo il trattamento, 61 non avevano più il Ptsd. I nuovi test di fase III confronteranno l’ingrediente attivo dell’ecstasy abbinato a psicoterapia con il mix psicoterapia e placebo, e coinvolgeranno 200-300 persone.
Al momento il team Maps ha messo insieme 12,75 milioni di dollari, circa la metà della somma necessaria. “Ma penso che il denaro arriverà dai donatori importanti”, conclude Doblin, che sta pianificando di contattare l’Ema (Agenzia europea del farmaco) per realizzare dei test in Europa. La sindrome da stress post-traumatico non è la sola patologia ‘bersaglio’ dell’ecstasy: lo stesso Nutt sta infatti per dare il via ad un trial per l’alcolismo.

Condividi