Dalla ricerca italiana un nuovo test che promette, grazia alla biofotonica e ad appena 20-30 gocce di sangue, una diagnosi precocissima dell’autismo. A mettere a punto l’innovativo metodo, descritto in uno studio su ‘Scientific Reports’, il gruppo di Carla Ferreri del Consiglio nazionale delle ricerche di Bologna. “Si tratta di un nuovo sistema diagnostico basato sullo studio della membrana cellulare e del suo stato di equilibrio come elemento chiave per la salute, strettamente collegato alla nutrizione. Il metodo mette in luce carenze ‘spia’ dell’autismo a livello cellulare, ma apre anche la strada a forme di lotta alla malattia che passano attraverso la nutrizione o l’integrazione nutrizionale“, spiega Ferreri all’AdnKronos Salute.
Una strada in cui il gruppo crede fortemente. Anche perché “stiamo già applicando questo metodo su diverse famiglie, sulla scorta anche di quanto emerso in un lavoro del 2013 che pubblicammo su ‘Plos One’, relativo all’effetto dei grassi saturi in questi bambini. Ormai da qualche tempo – continua la ricercatrice – almeno 6-7 famiglie hanno adottato un’alimentazione particolare, eliminando i grassi saturi (i bimbi ne consumano meno di 8 grammi al giorno) e poi integrando la dieta con acidi grassi come il Dha, utile per la salute neuronale“. Lo studio è in corso, ma Ferreri segnala già “una miglior gestione dei bambini, alcuni anche grandicelli, che seguono questo regime“. Insomma, la diagnosi precoce – “quando il bimbo non mostra i segni della malattia” – è solo il primo passo, assicura la ricercatrice.
Ma come si è arrivati al test? Mettendo per la prima volta insieme due metodiche (lipidomica e biofotonica) eseguite su 20 bambini con diagnosi di disordine dello spettro autistico e 21 bambini sani: i dati, riferisce Ferreri, “ci hanno permesso di individuare caratteristiche peculiari della membrane cellulari dei primi, legate allo squilibrio della loro organizzazione molecolare. La membrana cellulare e le sue disfunzioni sono già note come base molecolare di varie malattie in ambito neurologico. Ora con le due metodiche si può misurare il grado di disorganizzazione e riconoscere gli elementi carenti, permettendo anche di intervenire a livello nutrizionale e metabolico per contribuire alla riorganizzazione“.
Per esempio, l’acido grasso Dha è l’elemento-chiave più carente nei bambini autistici “e può essere supplementato ad hoc fin dalla nascita“, dice Ferreri. Non solo. Le due metodiche per il test “sono semplici e non costose, quindi daranno anche la possibilità di monitorare nel tempo la membrana cellulare dei pazienti, e soprattutto di valutare nel tempo gli effetti di interventi di tipo nutrizionale e nutraceutico personalizzati“. Obiettivo: l’equilibrio funzionale della membrana cellulare che è elemento chiave per lo sviluppo dei tessuti, incluso quello neuronale.
“Una grande novità è che sono state utilizzate le membrane dei globuli rossi, cellule ‘reporter’ dello stato dei vari tessuti, come quello nervoso, non raggiungibile in un essere vivente. Finora – ricorda la ricercatrice – non erano disponibili metodi rapidi e semplici per capire da una cellula se il soggetto possedesse il corretto equilibrio nutrizionale-funzionale. Il globulo rosso può essere una cellula segnalatrice di squilibrio, e la precisione raggiunta dai due esami consente di valutare e diagnosticare la differenza tra una cellula malata e una sana“. Il protocollo analitico messo a punto da Ferreri è stato testato tramite un piccolo prelievo di 20-30 gocce di sangue. Il team multidisciplinare ha lavorato insieme al responsabile del Centro autismo regionale Emilia-Romagna, Paola Visconti dell’Ospedale Maggiore di Bologna.
Gli studiosi hanno esaminato la qualità e quantità degli acidi grassi presenti nella membrana del globulo rosso maturo, poi con la biofotonica hanno analizzato la luce riflessa dalla membrana dei globuli rossi, rilevando le caratteristiche ‘spia’. Ma quali prospettive si aprono con questa scoperta? “Con la pubblicazione di queste due metodiche c’è la possibilità reale di monitorare un largo numero di bambini, affidandosi all’alta predittività dei risultati ottenuti, ma anche alla forza di un approccio correttivo di ‘nutrizione in senso molecolare’ come mezzo specifico per intervenire in modo mirato sullo squilibrio che caratterizza questa malattia, e non solo. Ricordiamo – dice Ferreri – che le disfunzioni metaboliche dei bambini sono in aumento, basti pensare all’obesità“.
Il prossimo passo “è prevedere uno studio ampio di screening in bambini, anche neonati, senza attendere l’età necessaria all’esame clinico del comportamento, per verificare lo stato di squilibrio secondo le due metodiche e assegnare una strategia mirata, per ora basata esclusivamente su principi nutritivi come base molecolare per la membrana cellulare. D’altra parte – osserva la scienziata del Cnr – la crescita dei tessuti in un organismo alla nascita è elevata all’ennesima potenza, e in tutti i casi è necessario che le cellule abbiano il corredo molecolare giusto per il proprio funzionamento, incluso quello delle membrane cellulari“.
La ricercatrice è decisa: “Ci auguriamo di avere subito l’appoggio di tutti i centri medici che si occupano di autismo, e anche di istituzioni o fondazioni, che possano finanziare uno screening ampio di popolazione. Ma anche di aziende del settore, che possano adeguare i loro nutraceutici e alimenti in modo da supportare le famiglie con una disponibilità di prodotti e nutrienti adatti alla strategia di riequilibrio. I risultati – assicura – si vedrebbero già dopo un anno di attività del progetto“.
“Noi – conclude Ferreri – ci sforzeremo di proporre il progetto ai massimi livello, e anche di mettere in atto tutte le strategie per raccogliere i fondi necessari allo screening in tempi ragionevoli, così da permettere a tante famiglie di applicare questo approccio molecolare“.
Ricerca, CNR: un test precoce svela l’autismo con 20 gocce di sangue
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