“Da alcuni mesi ci siamo dotati anche di allerta tsunami nell’area mediterranea“. Lo ha affermato il Presidente Ingv, Carlo Doglioni, nel corso della conferenza stampa a Roma. “Vogliamo investire molto in quello che riguarda anche altri tipi di monitoraggio come quello satellitare-SAR, GPS e misurare le variazioni geochimiche nel sottosuolo, oltre ad approfondire quei settori della sismologia e della geologia necessari per capire meglio cosa accade anche prima degli eventi sismici”, ha aggiunto.
Il 27 giugno, presso la sede UNESCO di Parigi, il Centro Allerta Tsunami (CAT) dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) ha ricevuto il certificato di accreditamento come Tsunami Service Provider (Fornitore del Servizio Tsunami) del Mediterraneo, nell’ambito del NEAMTWS (North-Eastern Atlantic and Mediterranean Tsunami Warning System).
Il 5 giugno scorso, la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della Direttiva del Presidente del Consiglio, denominata SiAM (Sistema di Allertamento nazionale per i Maremoti (SiAM) generati da terremoti nel Mar Mediterraneo), ha reso formale e operativo il sistema di allertamento italiano, coordinato dal DPC, in cui il CAT svolge un ruolo primario e delicato.
I terremoti rappresentano la causa principale degli tsunami (circa l’80%), anche se non sono l’unica. I maremoti sismo-indotti sono comunque i soli per i quali è possibile, con le reti di monitoraggio attuali, definire un sistema di allertamento a scala regionale. Altre cause possono essere frane o eruzioni vulcaniche sottomarine o costiere.
Nel periodo ottobre 2014 – giugno 2017 il CAT ha analizzato centinaia di eventi sismici di magnitudo superiore a 5.5 in tutte le aree costiere del mondo. Cinque di questi terremoti hanno avuto origine nel Mediterraneo, in particolare nelle isole greche, nella zona di Gibilterra al largo delle coste del Marocco, e a Cipro. Per questi eventi il CAT-INGV ha inviato i messaggi di allerta entro pochi minuti dal tempo origine di ciascun terremoto.
Al momento sono nove i Paesi che hanno sottoscritto i servizi del CAT-INGV: Egitto, Francia, Germania, Grecia, Israele, Italia, Libano, Portogallo, Turchia, e tre organismi internazionali: IOC (Intergovernmental Oceanographic Commission dell’UNESCO), ERCC (Emergency Response Coordination Centre della Commissione Europea), JRC (Joint Research Center della Commissione Europea).
I terremoti rappresentano la causa principale degli tsunami (circa l’80%), anche se non l’unica. È comunque la sola per la quale è possibile, con le reti di monitoraggio attuali, definire un sistema di allertamento. Altre cause possono essere frane o eruzioni vulcaniche sottomarine o costiere. Il SiAM, creato per analizzare i dati delle reti di monitoraggio in tempo reale, valutare la possibilità che in conseguenza di terremoti in mare o lungo la costa avvenga un maremoto e di quale entità e per diffondere messaggi di allerta, è composto da tre Istituzioni: INGV-Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia che opera attraverso il Centro Allerta Tsunami (CAT), ISPRA-Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale e lo stesso Dipartimento della Protezione civile.
Nello specifico, il Centro Allerta Tsunami di INGV – che opera 7 giorni su 7, h24 – valuta la possibilità che un determinato terremoto, con epicentro in mare o nelle immediate vicinanze, possa generare uno tsunami e stima i tempi di arrivo attesi lungo le coste esposte. È invece compito del Dipartimento della protezione civile, sulla base delle valutazioni del CAT, diffondere i messaggi di allertamento alle strutture e componenti del servizio nazionale della protezione civile per raggiungere, nel minor tempo possibile, la popolazione potenzialmente interessata. I dati forniti dalla rete mareografica nazionale gestita dall’ISPRA e dei mareografi presenti lungo le coste di altri paesi del Mediterraneo consentono, infine, di confermare o meno l’eventuale maremoto.
La direttiva del Presidente del Consiglio – ribadendo come l’operatività del Sistema di allertamento si basi esclusivamente sulla registrazione ed elaborazione degli eventi sismici potenzialmente in grado di generare maremoti escludendo, quindi, tutte le altre potenziali fonti di uno tsunami – elenca anche peculiarità e limiti del SiAM, ricordando tra l’altro che, date le caratteristiche del Mediterraneo, un bacino relativamente piccolo e chiuso, e i tempi incomprimibili della registrazione e valutazione dei dati sismici, non garantisce che l’impatto di un maremoto sulla costa sia sempre preceduto dall’emissione di un messaggio di allerta così come che a un messaggio di allerta faccia sempre seguito uno tsunami.
La direttiva, che comprende anche quattro allegati tecnici, prevede che entro tre mesi dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il Capo del Dipartimento della Protezione civile fornisca alle diverse componenti e strutture operative del Servizio nazionale della protezione civile le indicazioni per l’aggiornamento delle rispettive pianificazioni di emergenza, anche con riferimento all’individuazione speditiva delle aree costiere potenzialmente esposte a maremoti generati da terremoti e delle relative zone di allertamento, sulla base degli elementi forniti da INGV e da ISPRA.
Entro un anno dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della direttiva, invece, ogni soggetto coinvolto deve redigere, aggiornare e adeguare il proprio piano.