“Dalla notte si giunga all’alba: questo e’ quello che speriamo”: lo ha detto il vescovo di Rieti, mons. Domenico Pompili, aprendo la messa ad Amatrice ad un anno dalla prima scossa di Terremoto e ricordando la veglia di preghiera della notte. Cosi’ come nella preghiera della notte scorsa si e’ arrivati al mattino, questo possa accadere anche piu’ complessivamente per la rinascita, e’ stato il primo messaggio del vescovo.
“E’ passato solo un anno, ma sembra una vita. Secondi interminabili hanno polverizzato legami e ambienti, svelando al contempo un coraggio e una resistenza che non immaginavamo” – Prosegue il vescovo – “Fare un bilancio e’ possibile, ma rischia di essere provvisorio. Cio’ che conta – ha sottolineato il vescovo – e’ ritrovare la linea dell’orizzonte”.
“Per rinascere non basteranno eroi solitari. Anzi, a dirla tutta, una comunita’ senza eroi e’ una comunita’ eroica. E’ la fuga dalla propria quota di impegno, infatti – ha sottolineato il vescovo nell’omelia della messa, a un anno dalla prima scossa di Terremoto -, che lascia le macerie dove sono; impedisce di ritornare; abbandona i piu’. Qui non si tratta di attribuire colpe a qualcuno o distribuire medaglie a qualcun altro, ma di fare quello che ci spetta”
Ricostruire e’ possibile”, continua il vescovo, sottolineando che bisogna evitare una ricostruzione che e’ “falsa quando procediamo alla giornata, senza sapere dove andare. Mi chiedo: siamo forse in attesa che l’oblio scenda sulla nostra generazione per lasciare ai nostri figli il compito di cavarsela, magari altrove? Rinviare non paga mai. Neanche in politica, perche’ il tempo e’ una variabile decisiva”.
“La ricostruzione è vera quando evita frasi fatte (‘Ricostruiremo com’era, dov’era’) e chiarisce che ricostruire e’ possibile. Ma non l’identico, bensi’ l’autentico. L’identita’ di un borgo storico e’ sempre dinamica e la storia non torna mai indietro. Ricostruire vuol dire sempre andare avanti”.