Terremoto, l’INGV: “in Italia è allerta permanente, non ci sono zone a rischio zero. Sì, arriveremo a prevedere le scosse”

  • Le linee rosse rappresentano i confini delle placche, i punti rossi sono i terremoti con magnitudo superiore a 5 verificatisi dal 1966, quelli gialli sono gli epicentri dei sismi del 2009 e del 2016. Le frecce indicano il movimento delle placche in rapporto all’Eurasia: quella dell’Adriatico ruota attorno al polo rappresentato dalla stella
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E’ importante avere memoria di quello che è successo un anno fa per guardare al futuro, 75mila scosse dal 24 agosto dello scorso anno. Il terremoto non lo dobbiamo dimenticare perché fa parte della nostra storia. l’Italia è una nazione sismica e dobbiamo avere paura del terremoto e imparare a conoscerlo“, così il presidente dell’Ingv, Carlo Doglioni, ad un anno dal sisma del Centro Italia. “La mappa dei terremoti in Italia evidenzia le zone dove ci sono stati grandi eventi e lì prima o poi quei terremoti si ripeteranno. Inoltre, nelle zone però dove finora non ci sono stati terremoti importanti, non è detto che non ne possano accadere. Non possiamo dimenticare i terremoti, dobbiamo studiarli meglio perché la prevenzione sull’edilizia si deve fare sulla base della magnitudo massima che può verificarsi in una data zona“, ha sottolineato Doglioni. E per il presidente Ingv in Italia “Dovremmo avere un’allerta permanente: ci sono stati periodi in Italia in cui terremoti disastrosi si sono verificati a grappolo, in modo del tutto aperiodico“.

Si potranno prevedere i terremoti? Per L’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia in futuro ““. O quantomeno “è il momento di provarci“. “Sicuramente in questo momento i terremoti non sono prevedibili, e rimarranno non prevedibili sicuramente per molto tempo; molti ricercatori in sismologia ritengono che i terremoti non saranno mai prevedibili, ma c’è una parte della comunità scientifica, una parte significativa, di cui io faccio parte che pensa che i terremoti saranno prevedibili“: così Antonio Piersanti, sismologo dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, che oggi, ad un anno dal sima del 24 agosto dell’Italia centrale ha aperto le porte per illustrare gli studi e le analisi svolte. “Lo pensiamo – spiega – perché la terra invia una serie di segnali prima di qualsiasi accadimento di origine naturale, lo fa prima di un’eruzione e anche prima dei terremoti, il problema è che è molto difficile misurare questi segnali e quando ci abbiamo provato, impegnando tutte le nostre forze, alla fine degli anni ’70, non eravamo pronti: il livello tecnologico della strumentazione sul campo e la capacità di calcolo in remoto erano assolutamente troppo basse“. E “quel fallimento che ha durissimamente colpito la comunità sismologica ha avuto effetti che si ripercuotono ancora oggi, ma adesso – assicura il sismologo – è il momento di riprendere questa battaglia“. Che “la scienza non ti dice i risultati che raggiungerai ma ti dice che puoi provare a farlo; se ci riusciremo lo vedremo tra dieci, venti, cento anni“. E “la raccolta dati è un aspetto fondamentale per qualsiasi ricerca sul terremoto e in particolare per la ricerca sulla previsione dei terremoti, ed è uno degli aspetti in cui l’Ingv eccelle“.

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