E’ passato un anno, ma il dolore è ancora forte. Il 24 Agosto 2016, alle ore 03.36, una fortissima scossa di terremoto colpì Amatrice e tutto il Centro Italia, devastandolo. Devastazione è un termine forte, ma è l’unico che riusciva a descrivere appieno quanto accaduto in quella notte: edifici crollati, macerie ovunque, tantissimi morti e molti altri feriti. Coloro che hanno avuto la fortuna di uscirne illesi, si sono ritrovati senza nulla: non una casa, non un posto dove andare, solo tanta paura. Un paura che poi, purtroppo, non è scemata in quella notte: molte le scorse successive, alcune persino più forti della prima, migliaia di magnitudo superiore a 3.
Il Sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, a un anno dal sisma, ha chiesto silenzio. E così, nella notte, verso l’1.30 è iniziata ad Amatrice, con la lettura dei nomi delle 249 vittime del Terremoto del 24 agosto dello scorso anno, la veglia dei familiari. Al termine della lettura una fiaccolata ha percorso alcune vie del comune reatino colpito dal Terremoto. Alle 3:36, ora della scossa, al parco Minozzi 249 rintocchi di campana hanno poi ricordato le vittime ed è stato scoperto un monumento.
La cerimonia notturna è iniziata con la lettura di brevi cenni biografici che ne ripercorrono la storia. La cerimonia si è svolta nella grande tenda allestita nel campo sportivo di Amatrice, presenti i parenti e gli amici delle 239 vittime. A turno, alcuni volontari – in un clima di grande dolore – hanno letto, con forte commozione, i brevi cenni che raccontano le vittime tratti dal libro “Gocce di Memoria”. E’ stato come se quelle 239 persone per qualche minuto fossero tornate nuovamente tra e nella comunita’ di Amatrice.
Un lungo applauso ha interrotto la lettura delle storie delle vittime del sisma nel momento in cui sono stati ricordati i fratelli violinisti Leonardo e Ludovica Tulli, di 14 e 12 anni, morti, insieme ai nonni e al papa’, nel crollo della casa di Amatrice dove si trovavano per un periodo di vacanza. Per volonta’ dei parenti, niente telecamere accese ne’ riprese con telefonini. Una richiesta che i numerosi operatori dell’informazione presenti hanno subito accolto.
Subito dopo la lettura dei nomi è iniziata la fiaccolata che ha raggiunto piazza Augusto Sagnotti, l’unico punto del percorso che costeggia le macerie della zona rossa. Nella piazza ci sono i resti delle tre palazzine di edilizia popolare dove il 24 agosto dello scorso anno persero la vita 19 persone. Sulle macerie sono stati appoggiati altrettanti lumini. La fiaccolata ha poi raggiunto il parco don Minozzi e il memoriale che ricorda le vittime del Terremoto.
Qui ci sono stati 249 rintocchi di campana, uno per ogni vittima del sisma del 24 agosto dello scorso anno. Si è trattato di un momento molto emozionante, seguito da un silenzio di raccoglimento dei familiari delle vittime e una preghiera del Vescovo di Rieti, monsignor Domenico Pompili.
In seguito, il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, ha scoperto il monumento eretto al parco don Minozzi in ricordo delle vittime del sisma del 24 agosto dello scorso anno. Esso raffigura l’antica moneta ‘Fidelis Amatrix’, il momumento dello scultore Marino Di Prospero. La moneta ‘Fidelis Amatrix’ nel 1486 fu concessa in diritto alla citta’ di Amatrice da Ferdinando D’Aragona per la fedelta’ dimostratagli nella lotta contro gli Angioini. Il travertino bianco con cui e’ stato relializzato il monumento, scoperto oggi dal sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi, proviene dalla cava della ditta Tancredi di Acquasanta Terme che l’ha donato alla citta’ di Amatrice.
”Per desiderio delle famiglie – ha spiegato il vescovo mons. Giovanni D’Ercole – questa e’ la notte del silenzio, dell’intimita’, della memoria e della preghiera. E’ una notte per riflettere: domani sara’ il giorno per progettare il futuro di questo territorio facendo tesoro degli errori del passato”. ”Sosteniamo familiari e superstiti e ringraziamo tutti coloro che si sono adoperati in questo anno’‘ ha aggiunto.
Per oggi ad Amatrice il sindaco Pirozzi ha proclamato il lutto cittadino istituendo anche per gli anni a venire la ‘Giornata del silenzio in ricordo delle vittime del terremoto’; le bandiere sono a mezz’asta e listate a lutto, i negozi e i locali pubblici resteranno chiusi dalle 10.45 alle 12.15 e saranno sospese tutte le attivita’ del Comune fino alle 13. Alle 11, nella tenda allestita nel campo sportivo, ci sara’ una celebrazione eucaristica officiata dal vescovo di Rieti, monsignor Domenico Pompili, a cui assistera’ anche il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, con la moglie, e il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti.
Ad Accumoli, l’epicentro del sisma, e’ prevista per le 16 una funzione eucaristica in ricordo delle vittime.
Fiaccolata anche ad Arquata del Tronto, dove nella notte illuminata dalle fiaccole il vescovo di Ascoli Piceno Giovanni D’Ercole alle 3,36 ha scandito i nomi delle vittime del Terremoto del 24 agosto 2016. E’ sembrato un tempo infinito quello che monsignor D’Ercole ha impegnato per leggerli tutti nel silenzio assoluto, rotto solo dopo ogni nome dai rintocchi di una delle campane della vecchia chiesa di Pescara del Tronto, frazione che ha registrato il piu’ alto numero di morti e che la notte scorsa ha ospitato la commemorazione ad un anno dal sisma. Con il sindaco Aleandro Petrucci c’era tanta gente: sopravvissuti, familiari delle vittime, volontari.
Hanno dato vita ad una fiaccolata che ha raggiunto il campo giochi di Pescara del Tronto dove un anno fa furono composte le salme dei deceduti e dove e’ stato inaugurato un monumento in ricordo, realizzato da Giuliano Cipollini, insegnante ed artista ascolano. Lungo il percorso e’ stato disegnato a terra un grande cuore con le fiaccole a fianco del quale e’ transitato il serpentone umano. Toccante la commozione e il dolore di tutti, soprattutto dei piu’ giovani attoniti davanti alle foto dei loro amici coetanei morti quella notte sotto le macerie delle case crollate. Oggi alle 16,30 nella nuova cittadella di Pescara del Tronto lungo la Salaria mons. D’Ercole celebrera’ una messa in suffragio insieme ai sacerdoti delle zone terremotate. Saranno presenti anche la presidente della Camera Laura Boldrini e il ministro dell’Interno Marco Minniti.
Una scossa profonda che ha ferito l’Italia e il mondo intero. Un anno difficile. Di sofferenza, di macerie, di distruzione, ma anche di tanta voglia di ripresa. Un anno illuminato solo dalla luce della speranza di un futuro migliore.
La Redazione di MeteoWeb si stringe attorno alle popolazioni del Centro Italia colpite dal sisma. Per non dimenticare quella terribile notte e in segno di vicinanza, proponiamo una serie di contenuti e foto di quei giorni
Amatrice un anno dopo, Pirozzi: “Il terremoto ti cambia la prospettiva di vita”
“Il terremoto ti cambia la prospettiva di vita, colpisce tutto e ti fa rivisitare il modo di pensare, agire e rapportarsi. Ricordo poco di quella notte, solo le urla e il dolore della mia comunita’ e il paese che non c’era piu’, ma la nostra rinascita e’ cominciata in quello stesso momento”. Sergio Pirozzi, il sindaco di Amatrice, è ancora lì, è sempre stato lì, con la mente a quella notte. Non ha mai smesso di lottare, di cercare quella luce per superare la notte più buia. Il Sindaco di tutti, potremmo definirlo così o, se non altro, il Sindaco che tutti vorrebbero avere. Un Primo Cittadino sempre in prima linea: primo, tra i suoi abitanti a soffrire, primo, fra i suoi abitanti a non arrendersi, primo, fra i suoi abitanti, a lottare contro tutti e contro tutto. Orgoglioso e caparbio.
“Il terremoto ha colpito tante cose, dalla distruzione agli amici che non ci sono piu’, fino ad arrivare anche alla rivisitazione del proprio modo di pensare, agire e rapportarsi“, dice all’ANSA Sergio Pirozzi. “In questi dodici mesi – prosegue Pirozzi – ho avuto la grande fortuna di incontrare persone straordinarie provenienti dal mondo della solidarieta’ e del volontariato, e’ stato un anno particolare perche’, al di la’ del fatto che ho abbandonato il mio lavoro, e un po’ mi pesa, abbiamo subito troppi terremoti e la piu’ grande nevicata degli ultimi 60 anni. E’ stato un susseguirsi di emozioni, dolori e gioie. Tutto, pero’, e’ stato mitigato o reso ancora piu’ bello dalla solidarieta’. Devo dire grazie a tante persone che ancora oggi ci sono vicine”.
Per quattro giorni, dopo la scossa del 24 agosto, il sindaco di Amatrice ha attraversato, giorno e notte, quello che rimaneva del centro storico del suo paese, poi, per scelta, non ci è più entrato. “Da allora non entro piu’ nella zona rossa – aggiunge – e di quei momenti ricordo pochissime cose. Solo un mese fa ho riascoltato le mie prime dichiarazioni. Ho avuto l’immediata sensazione che il paese non c’era piu’. Ripenso alle urla delle persone, il fatto di aver riconosciuto dei miei concittadini, ero insieme al mio assessore, Bruno Porro, che aveva perso i genitori. Sono momenti che ogni tanto ti tornano in mente e cambiano anche l’approccio con la vita reale, quella di tutti i giorni”.
Poi guarda al futuro, alla rinascita. “La rinascita e’ iniziata lo stesso giorno del terremoto – aggiunge il sindaco di Amatrice -, perche’ c’e’ stata la presenza dell’essere umano. Penso a cosa e’ stato fatto finora, ai molti lavori che partiranno a breve o che sono gia’ terminati. E’ un territorio che ha futuro e una grande speranza, a patto che sappia cogliere le opportunita’ che offre la natura, la nostra forza, anch’essa ferita dal terremoto. Dobbiamo ripartire dalle macerie che sono state anche umane e da li’ ridisegnare la nostra vita. Abbiamo davanti un grande futuro a patto che ragioneremo come una squadra, questo e’ l’aspetto piu’ difficile. Se prevarra’ l’io sul noi, non bastera’ la solidarieta’, saremo sconfitti”.
Amatrice ha bisogno ancora di aiuto, perche’ quello che e’ accaduto e’ paragonabile solo a una “guerra”. “Abbiamo bisogno di tutto. Sono diventate un problema – dice ancora il sindaco di Amatrice – anche le cose che nella vita di tutti i giorni diamo per scontate. Penso alle case, al sostegno alle attivita’ economiche, alle scuole, all’ospedale, alla viabilita’. Finora c’e’ stata la forza e la capacita’ di andare avanti, e questo ti aiuta a raggiungere gli obiettivi. C’e’ la voglia di eliminare anche il dolore ancora presente. Penso alle macerie: rimuoverle e’ un fatto sostanziale perche’ rappresentano la carne viva e la morte degli amici che non ci sono piu'”.
Nella mente di Pirozzi, da tempo, c’e’ il disegno di come sara’ la nuova Amatrice. “Tolte le macerie – prosegue – ci saranno i sondaggi e capiremo che tipo di interventi saranno necessari. Pensiamo a un disegno urbanistico ante seconda guerra mondiale conservando la nostra identita’ ma partendo da un presupposto totalmente diverso: prima la sicurezza e poi il ricordo del passato. I nostri simboli dovranno tornare all’antico splendore e attorno ad essi si puo’ ricostruire una Amatrice piu’ sicura”. Il 24 agosto sara’ il giorno del ricordo, un momento che la comunita’ vivra’ intimamente. “Sara’ una cosa sobria, come e’ giusto che sia. Il momento delle 3:36 – aggiunge il sindaco – sara’ un momento solo nostro. Sara’ il giorno del silenzio e della riflessione”.
Arquata del Tronto, il Sindaco disperato: “Non sapevo dove mettere morti”
Aleandro Petrucci, Sindaco di Arquata del Tronto, è prima di tutto un nonno e la notte del 24 agosto 2016, quella che ha quasi raso al suolo questi borghi, si trovava insieme alla sua nipotina di pochi mesi nella casa di famiglia ad Arquata. “Fu una notte terribile, perche’ quando arriva il terremoto la prima cosa che si pensa e’ salvare se stessi e i familiari. Uscimmo tutti all’aperto, misi in macchina la famiglia in una zona sicura, e con i vicini si parlava della paura vissuta”.
La portata del disastro non fu immediatamente chiara. “Ma mi arrivo’ una telefonata da Pescara del Tronto: ‘sindaco vieni qua, il paese e’ totalmente distrutto e ci saranno dei morti'” ricorda commosso. “Da Trisungo arrivai a Pescara in pochi minuti e mi resi conto dell’immane tragedia che era successa. Una scena agghiacciante, non nascondo che mi misi a piangere di fronte a tanta distruzione”.
Petrucci, il Sindaco al servizio della sua gente, iniziò subito a coordinare sul posto le operazioni, inizialmente convulse. “Non sapevamo dove mettere i morti; fu emotivamente difficile comporre le salme in un giardinetto che oggi e’ diventato il simbolo del nostro dramma“. Un anno, il 2016, che sarebbe diventato ancora piu’ difficile dalle scosse del 26 e 30 ottobre. “Dopo il 24 agosto, pianti i nostri morti, c’eravamo organizzati con la richiesta delle casette. Mai avremmo pensato che ci sarebbe stato un altro fortissimo terremoto a mettere ko Arquata, che non esiste piu’, creando tante zone rosse anche nelle frazioni”.
“Ho una scuola nuova, la mia preoccupazione e’ che ci saranno pochi bambini. Si lavora per dare le casette a tutti, ma questo e’ compito piu’ della Protezione civile e della Regione che di un sindaco”. La gente lamenta ritardi: “e’ vero, ci sono stati, ma non voglio attribuire le colpe a nessuno in particolare”.
“Non dico che e’ stato conflittuale, ma ritengo che siamo stati un po’ trascurati. E’ vero – spiega – che il terremoto del 30 ottobre ha coinvolto tanti altri territori marchigiani, ma il mio comune e’ in assoluto il piu’ danneggiato, siamo quelli che hanno pagato il prezzo piu’ alto. Noi siamo stati distrutti, cosi’ come Accumoli e Amatrice, e questa non e’ la stessa cosa di comuni che hanno avuto solo pochi danni e sono comunque rientrati nel cratere”.
In particolare Petrucci non ha condiviso la gestione dei contributi donati dagli italiani attraverso gli Sms solidali. “Mi sono arrabbiato. E’ stata una scelta impropria e l’unico del Piceno a votare contro quella decisione di finanziare una pista ciclabile sono stato io. Non potevo consentire che passasse una cosa del genere che penalizzava incredibilmente Arquata, della quale si erano dimenticati”. Poi “ci hanno ripensato – precisa -, ma sono contento solo a meta’, perche’ altri Comuni hanno avuto piu’ del nostro. Speriamo sistemino le cose con la seconda tranche di fondi che la Regione Marche eroghera’ a settembre”
Il racconto di Dino: ‘Vivo per miracolo, la casetta mi fa paura’
“Quella notte era cominciata bene, era stata una bella serata. Poi…”. Dino Filipponi ricorda con angoscia quanto successe la notte del 24 agosto di un anno fa, quando, “mentre tutto stava andando bene“, e’ arrivato il terremoto a portarsi via le vite di uomini e donne, di giovani, bambini, anziani: e ha sconvolto quelle dei sopravvissuti.
Lui, tra i fortunati, si è salvato con la moglie nonostante i crolli nella loro abitazione di Pescara del Tronto, la frazione quasi rasa al suolo dal sisma, che qui ha fatto 48 morti. I Filipponi erano andati a dormire verso mezzanotte. “A svegliarci e’ stato il rumore, come fosse di una bomba. Un boato e poi le macerie che ci cascavano addosso. Il letto nel quale dormivamo con mia moglie si e’ spezzato in due”.
“Mia moglie ha avuto qualche frattura, ferite alla testa e anche io ho avuto qualche ferita. C’e’ voluto qualche punto…Ma ci e’ andata bene, siamo usciti dalle macerie, ci siamo salvati e questa e’ la cosa piu’ importante. Ma e’ stato veramente un miracolo”.
Dopo il 24 agosto c’era la speranza di ripartire presto, ma poi è arrivato il 30 ottobre: la scossa di magnitudo 6.5 delle 7:40, il secondo devastante terremoto che ha messo in ginocchio mezza regione e allontanato la prospettiva di una ripresa veloce. “Era di domenica mattina e quella scossa ha buttato giu’ quello che restava della nostra casa e praticamente tutte quelle a Pescara del Tronto. Quando sono andato a vedere cos’era successo – ricorda Dino Filipponi – c’erano solo macerie, non si riconosceva nemmeno piu’ dove stava la casa di ognuno, una cosa terribile”.
“Non ce la siamo sentita, ho troppa paura a stare in quest’area dove hanno messo le casette. Qui, vicino a dove c’era la ditta Unimer, avevo un pezzetto di terra che mio padre cercava di vendere perche’ diceva che era un ‘letto di fiume’ e di fatto qui ogni anno usciva il Tronto che portava via tutto. Questo, e il fatto che le auto passano a un metro dalle casette ci ha spinti a rimanere da nostra figlia a Pagliare. Se una macchina che transita sulla Salaria dovesse malauguratamente finire fuori strada e quindi sulle Sae, farebbe un macello – teme Filipponi -. Mi sono salvato da una disgrazia, non ne vorrei subire un’altra”.