“Medicane”, gli Uragani Mediterranei: con un clima sempre più estremo dovremo abituarci alla “Stagione delle Tempeste” in Autunno anche in Italia

  • Esempio di un "Medicanes"
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MeteoWeb

Anche il nostro mar Mediterraneo, in determinate situazioni sinottiche di fortissima instabilità e con l’immancabile supporto delle masse d’aria caldo e umide stagnanti sopra la superficie marina, può sfornare dei veri e propri sistemi ciclonici con caratteristiche tropicali, analoghi alle tempeste tropicali o agli uragani o tifoni che si formano sul finire della stagione calda sui mari tropicali. E’ quello che potrà succedere tra un paio di giorni, Lunedì 11 Settembre, nel mar Tirreno.

Questo particolare tipo di perturbazioni vengono classificate tecnicamente con il termine di “TLC”, o “Tropical Like Ciclones”. In gergo meteorologico li chiamiamo “Medicane”, gli Uragani Mediterranei. Per caratteristiche interne e per forza i “TLC” non hanno nulla da invidiare ai classici cicloni tropicali che sferzano il settore tropicale dell’Atlantico, il Pacifico e l’oceano Indiano. Essendo caratterizzati internamente da un “cuore caldo”, ben presente soprattutto nei bassi strati, i “TLC” si differenziano notevolmente dai più comuni cicloni extratropicali che si formano continuamente tra l’Europa e il bacino del Mediterraneo. Inoltre questi vortici hanno una estensione molto più limitata, ma attorno al profondo minimo barico riescono a conservare una grandissima potenza che spesso si traduce con una intensa attività convettiva al centro, dove si possono celare dei sistemi temporaleschi particolarmente attivi, e da venti molto forti e turbolenti, spesso sotto forma di tempesta anche se il “Fetch” non raggiunge mai grandi estensioni concentrandosi proprio a ridosso dell’occhio. Un’altra caratteristica dei “TLC” è rappresentata dalla loro grande “barotropicità”, tipica delle perturbazioni tropicali, al contrario delle depressioni extratropicali delle medie latitudini che sono caratterizzata da “baroclinicità”. Questi profondi vortici ciclonici tropicali mediterranei si formano molto spesso nella stagione autunnale, fra Agosto e il mese di Gennaio, più frequentemente tra Settembre e Dicembre, nel periodo dell’anno in cui le temperature delle acque superficiali dei mari mediterranei raggiungono i massimi valori, anche con picchi di +27°C +28°C su tratti del mar Libico.

I mari cosi caldi, con i primi transiti di masse d’aria instabili in quota e il passaggio della “Jet Stream“, divengono delle fucine temporalesche, con la genesi di grossi nuclei temporaleschi come gli “MSC” o sistemi temporaleschi a mesoscala che interagendo in aree dove sono in atto significative avvezioni di vorticità positiva alle quote superiori della troposfera possono successivamente evolvere in sistemi ciclonici a cuore caldo, e di tipo tropicale, apportatori di precipitazioni torrenziali, in grado di scatenare degli eventi alluvionali lungo le aree colpite, scaricando anche oltre 400-500 mm nel giro delle 24 ore. Non per caso parte degli eventi alluvionali che hanno sconvolto negli ultimi anni il nostro paese o altre nazioni dell’area mediterranea sono da attribuire al passaggio di questo tipo di perturbazioni dalla struttura tropicale. Più rari ma non impossibili i casi in cui dei sistemi a cuore freddo, come un semplice “CUT-OFF” in quota o un vecchio ciclone extratropicale, riescono a tramutarsi in sistemi a cuore caldo, acquistando spiccate caratteristiche tropicali. Un’altra caratteristica dei “TLC”, che li distingue dai comuni cicloni extratropicali, è rappresentata dalla loro grande “barotropicità”, tipica delle perturbazioni tropicali, al contrario delle depressioni extratropicali delle medie latitudini che sono caratterizzata da “baroclinicità”. In genere un sistema depressionario assume piene caratteristiche “barotropiche” solo quando i minimi di pressione corrispondono perfettamente alle varie quote, uno sopra l‘altro. Di solito le circolazione di tipo “barotropico” si sviluppano durante il termine del processo di “CUT-OFF”, ossia quando avviene la cessazione dell’alimentazione fredda in quota e si chiude l’onda principale (taglio della saccatura ad opera di una spinta zonale dell’anticiclone oceanico o del rinforzo della “Jet Stream” lungo il bordo settentrionale di quest’ultimo) che ha dato origine alla circolazione depressionaria strutturata in quota, isolandola dal flusso perturbato principale.

Cosa ben diversa sono le circolazioni “barocline”, tipiche dei cicloni extratropicali o delle gocce fredde in quota, i cui minimi alle varie quote non coincidono mai nella stessa posizione. In più, in questo tipo di circolazioni depressionarie extratropicali, le avvezioni fredde dalle alte latitudini si accompagnano sempre al margine occidentale della struttura ciclonica, seguendo le ondulazione del “getto polare” che funge da nastro trasportare per le profonde aree cicloniche delle medie e alte latitudini. La grande potenza di queste ciclogenesi di tipo tropicale deriva dalla grande energia termica sprigionata dalle calde acque del mare. Tutta questa energia potenziale viene poi trasformata in energia cinetica che produce un improvviso scoppio dell’attività convettiva (correnti ascensionali in rotazione vorticosa) attorno il centro della bassa pressione, comportando un notevole approfondimento di quest’ultima a seguito del calore latente sprigionato dalla condensazione del vapore acqueo messo a disposizione dalla calda superficie del mare. In questi casi il ciclone diventa pienamente autonomo e prende la sua energia dal calore latente fornito dal mare, di conseguenza la convenzione esplode nel centro del sistema, il “gradiente barico” attorno il sistema si rafforza notevolmente, divenendo anche molto fitto, mentre i venti si intensificano improvvisamente fino a superare i 100-120 km/h, favorendo la formazione del tipico occhio del ciclone dentro la massa temporalesca, molto ben visibile dalle moviole satellitari. Come i cicloni tropicali per stimare la forza dei “TLC” si fa ricorso ad una scala simile alla più famosa scala “Saffir-Simpson” la quale, in base alla velocità dei venti medi sostenuti e alla pressione centrale, li suddivide a sua volta in; “Mediterranean Tropical Depression” quando la velocità del vento medio sostenuto è inferiore ai 63 km/h; “Mediterranean Tropical Storm” quando il vento si aggira fra i 64 e 111 km/h e “Medicane o Mediterranean Hurricane” quando il vento medio supera la soglia dei 111 km/h.

Sovente i “TLC” che si formano sul Mediterraneo, la media annuale è di almeno 2-3 formazioni, raggiungono lo stadio di “Mediterranean tropical depression” oppure “Mediterranean Tropical Storm”. Molto più rari sono i cosiddetti “Medicanes” (Mediterranean Hurricanes), il massimo grado dei sistemi “TLC”. Per “Medicane” si intende un vero uragano mediterraneo, si tratta delle tempeste più potenti e devastanti che il mare Mediterraneo può sfornare. Pur avendo la forma di un “Mediterranean Tropical Storm” o di una più semplice “Mediterranean Tropical depression” il “Medicane” è contraddistinto da venti molto più violenti, spesso possono toccare punte di 140 km/h e da una pressione centrale molto più profonda che può scivolare persino sui 975 hpa, valore estremamente basso per l’area mediterranea. Poi nel “Medicane” il valore barico cosi profondo porta a generare il tipico occhio persistente al centro del sistema temporalesco principale. La media degli ultimi decenni vede la formazione di un “Medicane” almeno una volta ogni 3-4 anni. Nell’ultimo secolo il servizio meteorologico nazionale ha catalogato diversi casi di “Medicanes” e più precisamente nel Settembre 1947, Settembre 1969, Settembre 1973, Agosto 1976, Gennaio 1982, Settembre 1983, Dicembre 1984, Dicembre 1985, Ottobre 1994, Gennaio 1995 con “Samir”, Ottobre 1996 con il devastante “Cornelia”, Settembre 1997 e “Vince” nel Dicembre 2005. Più recentemente, da ricordare “Grace” nel 2009, “Qendresa I” nel novembre 2014 e la tempesta di inizio novembre 2016, meno di un anno fa, su Malta e nella Sicilia meridionale.

Tra i casi più “recenti” ai nostri tempi non possiamo non parlare delle distruzioni portate dal “Medicane Cornelia” nell’Ottobre del 1996.

Il ciclone tropicale “Cornelia” in azione sul Canale di Sicilia nel pomeriggio del 4 Ottobre 1996

Durante la mattinata del 4 Ottobre del 1996 una profonda depressione termica al suolo, con annesso sistema frontale, nata il giorno precedente sopra l’entroterra desertico algerino, dalla Tunisia si è subito spostata verso il Canale di Sicilia, andando velocemente ad approfondirsi sopra le calde acque di quest’ultimo. L’enorme quantità di calore latente sprigionata dalle calde acque superficiali del Canale di Sicilia ha potenziato la struttura ciclonica al proprio interno, favorendo una rapida esplosione dell’attività convettiva (forti correnti ascendenti) attorno al minimo centrale. In pochissime ore questo processo ha trasformato la depressione termica nord-africana in un profondo sistema ciclonico dalle caratteristiche tropicali che ha spazzato le isole Pelagie e l’isola di Pantelleria con furiosi venti ciclonici che hanno oltrepassato i 100 km/h (120 km/h in mare), mentre la stessa bassa pressione, in ulteriore approfondimento, ha convogliato verso la Sicilia e la Calabria un impetuoso flusso sciroccale, proveniente direttamente dalla Libia, molto caldo e umido, che ha prodotto precipitazioni molto abbondanti lungo i settori ionici, con accumuli di oltre i 100-150 mm. Le precipitazioni più intense, notevolmente esaltate dall’orografia locale, hanno colpito la Calabria ionica, dove in poche ore sono caduti fino a 400 mm d’acqua. La stazione del Santuario di Polsi registrò un accumulo di ben 480 mm in poche ore. Attorno l’occhio si sono formati degli enormi “Cluster temporaleschi” carichi di fulminazioni e precipitazioni molto intense.

Il “Medicanes” (uragano mediterraneo) “Samir” si avvicina alle isole Eolie

Il ciclone dalle spiccate caratteristiche tropicali è stato poi denominato “Cornelia” ed è stato classificato, successivamente, un “Medicanes”, ossia un uragano mediterraneo a tutti gli effetti (il massimo grado per un “TLC“, con venti medi sostenuti che hanno superato i 120-130 km/h attorno l’occhio centrale). Sempre nell’Ottobre del 1996 un altro ciclone mediterraneo denominato “Samir“, poi classificato come un vero e proprio “Medicanes”, spazzo tutta l’area del basso Tirreno con piogge torrenziali e venti di tempesta che superarono i 140 km/h sulle isole Eolie, cagionando enormi danni e affondando diversi yacht ormeggiati sull’arcipelago. In quei giorni una forte ondata di maltempo, con piogge e violenti temporali, flagellò molte zone del messinese e del crotonese, causando frane ed esondazioni di fiumi e torrenti, con “flash flood” lungo le aree litoranee.

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