San Gennaro: ecco la vita di uno dei Santi più venerati dell’antichità

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San Gennaro è certamente tra i santi dell’antichità più venerati dai fedeli, principalmente napoletani che, con focosa fede, hanno condotto il suo culto, travalicando i secoli, sino a noi. Il suo nome, secondo gli storici, sarebbe Januarius e la sua discendenza, proveniente dalla famiglia gentilizia romana Gens Januaria, sacra al dio bifronte Giano (Janus), da Roma si sarebbe trasferita in Campania. Dunque Gennaro era,in realtà, il suo cognome. C’è chi afferma che si chiamasse Procolo, chi Publio Fausto Gennaro, c’è chi sostiene fosse figlio unico e chi dice che avesse una sorella, Agata. Nato nel 272, forse a Benevento o Napoli o a Caroniti, frazione del comune di Ioppolo, in provincia di Vibo Valentia, di lui parlano ben 7 antichi Atti, Passio Vitae. Tra i più celebri, gli Atti Bolognesi e gli Atti Vaticani. Eletto Vescovo di Benevento, dove svolse il suo apostolato, era amato dalla comunità cristiana e rispettato anche dai pagani, per la cura che impiegava nelle opere di carità a tutti, indistintamente.

La vicenda del suo martirio si inserisce nell’ambito delle persecuzioni anticristiane di Diocleziano. Egli conosceva il diacono Sosso (Sossio) che guidava la comunità cristiana di Misero e che fu incarcerato dal giudice Dragonio, proconsole della Campania. Gennaro, saputo c dell’arresto di Sossio, volle recarsi, insieme a due compagni, Festo e Desiderio, a portargli il suo conforto in carcere. Dragonio, informato della sua presenza e intromissione, fece arrestare anche loro tre, provocando le proteste di Procolo, diacono di Pozzuoli e di due fedeli cristiani della stessa città, Eutiche ed Acuzio. Anche questi tre furono arrestati e condannati insieme ad altri a morire nell’anfiteatro, ancora oggi esistente, sbranati dagli orsi. Ma durante i preparati, il proconsole Dragonio si accorse che il popolo dimostrava simpatia verso i prigionieri e quindi, prevedendo disordini durante i cosiddetti giochi, il 19 settembre 305 li fece decapitare nel Foro di Vulcano, presso la Solfatara di Pozzuoli.

Si narra che il sangue venne raccolto da un cieco che riacquistò subito la vista e da una pia donna, Eusebia, che lo conservò in due piccole ampolle. I fedeli recuperarono le spoglie di San Gennaro, seppellendole in una località chiamata Marciano, forse lungo l’antica via collinare da Pozzuoli a Napoli. Solo in seguito il Vescovo di Napoli, Giovanni I, fece potare il corpo del martire nelle catacombe di Capodimonte. Dopo fu la volta di Benevento, Montevergine e, per interferenza dell’arcivescovo Alessandro Carafa, Napoli. Nel luogo del martirio nel 1580 venne costruito il Santuario di San Gennaro alla Solfatara, dove è conservata la pietra di marmo scolpita, ritenuta il ceppo sul quale il Santo venne decapitato. La tradizione vuole che, contemporaneamente al miracolo della liquefazione del sangue a Napoli, sulla pietra si possono osservare le macchie di sangue che si ravvivano, quasi a diventare rosso rubino.

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