San Gennaro è certamente tra i santi dell’antichità più venerati dai fedeli, principalmente napoletani che, con focosa fede, hanno condotto il suo culto, travalicando i secoli, sino a noi. Il suo nome, secondo gli storici, sarebbe Januarius e la sua discendenza, proveniente dalla famiglia gentilizia romana Gens Januaria, sacra al dio bifronte Giano (Janus), da Roma si sarebbe trasferita in Campania. Dunque Gennaro era,in realtà, il suo cognome. C’è chi afferma che si chiamasse Procolo, chi Publio Fausto Gennaro, c’è chi sostiene fosse figlio unico e chi dice che avesse una sorella, Agata. Nato nel 272, forse a Benevento o Napoli o a Caroniti, frazione del comune di Ioppolo, in provincia di Vibo Valentia, di lui parlano ben 7 antichi Atti, Passio Vitae. Tra i più celebri, gli Atti Bolognesi e gli Atti Vaticani. Eletto Vescovo di Benevento, dove svolse il suo apostolato, era amato dalla comunità cristiana e rispettato anche dai pagani, per la cura che impiegava nelle opere di carità a tutti, indistintamente.
Si narra che il sangue venne raccolto da un cieco che riacquistò subito la vista e da una pia donna, Eusebia, che lo conservò in due piccole ampolle. I fedeli recuperarono le spoglie di San Gennaro, seppellendole in una località chiamata Marciano, forse lungo l’antica via collinare da Pozzuoli a Napoli. Solo in seguito il Vescovo di Napoli, Giovanni I, fece potare il corpo del martire nelle catacombe di Capodimonte. Dopo fu la volta di Benevento, Montevergine e, per interferenza dell’arcivescovo Alessandro Carafa, Napoli. Nel luogo del martirio nel 1580 venne costruito il Santuario di San Gennaro alla Solfatara, dove è conservata la pietra di marmo scolpita, ritenuta il ceppo sul quale il Santo venne decapitato. La tradizione vuole che, contemporaneamente al miracolo della liquefazione del sangue a Napoli, sulla pietra si possono osservare le macchie di sangue che si ravvivano, quasi a diventare rosso rubino.