Siccità: il lago di Bracciano sta vivendo “una delle crisi idriche più gravi mai verificatesi negli ultimi 100 anni”

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Decremento dell’acqua disponibile in un particolare periodo e per una particolare zona”, così definiva la siccità nel 1993 Donald A. Wilhite, direttore della School of Natural Resources University of Nebraska. Un fenomeno che gli italiani hanno imparato a conoscere bene: nei mesi scorsi le elevate temperature e la scarsa piovosità hanno infatti messo a dura prova le risorse idriche. Molte regioni hanno chiesto lo stato di calamità naturale e a Roma, dove si era prospettata un’interruzione dell’acqua giornaliera di 8 ore, l’allarme è tornato a farsi sentire a fine agosto, quando l’Acea (l’azienda municipalizzata di competenza) ha paventato un piano di riduzione notturna del servizio idrico. L’estate 2017 segnata dal 41% in meno di precipitazioni e si classifica come la quarta più asciutta degli ultimi due secoli, con una temperatura media superiore di 2,48 gradi alla media e inferiore solo a quella record registrata nel 2003, secondo i dati della banca di climatologia storica dell’Isac (Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima) del Cnr.

Ma il 2017 è stato caratterizzato anche da una primavera particolarmente calda, la più calda dal 1957, e da un calo delle precipitazioni di circa il 39%. Questi fenomeni si sono estesi all’estate, producendo gli effetti siccitosi che sono sotto gli occhi di tutti”, precisa Vito Felice Uricchio, direttore dell’Istituto di ricerca sulle acque (Irsa) del Cnr. “La siccità si ripete con estrema frequenza nel corso degli ultimi anni: nel secolo in corso l’Italia è stata interessata da eventi siccitosi anche nel 2001, 2002, 2003 e 2007”.

Le cause relative alla scarsità delle piogge sono numerose e variabili, spiega Chiara Caproni sull’Almanacco della Scienza del CNR. “La ciclicità della siccità è scarsamente prevedibile, perché è collegata a fattori antropici e naturali, tra i quali gli andamenti dei sistemi di alta pressione, che a loro volta condizionano le direzioni dei venti a diverse quote e incidono sullo spostamento di masse d’aria secche o umide dagli oceani, influendo così direttamente sulle precipitazioni”, continua Uricchio. “I periodi siccitosi possono essere poi collegati a eruzioni vulcaniche, alla deforestazione, ai cicli termici oceanici o alle emissioni inquinanti: aerosol di inquinanti in atmosfera possono, per esempio, condizionare la formazione delle nuvole e le precipitazioni. La relazione tra alte temperature come quelle degli ultimi mesi e la mancanza di piogge non è diretta, ma ovviamente l’innalzarsi delle temperature può incidere sull’effettiva disponibilità di acqua per effetto dell’evaporazione. L’aumento delle temperature, inoltre, causa maggiori prelievi idrici, che saranno sempre più cospicui in considerazione della crescita demografica prevista, secondo cui si passerà dagli attuali 7,5 miliardi di persone al mondo ai 9,2 miliardi del 2050, e del connesso incremento di fabbisogni di acqua”.

Per contrastare il fenomeno è pertanto fondamentale la pianificazione. “L’Irsa-Cnr nel dicembre 2016 ha sottoscritto con vari soggetti istituzionali alcuni protocolli d’intesa per una nuova modalità di gestione sostenibile delle risorse idriche, basata sulla condivisione di informazioni e dati sui prelievi, sugli afflussi, sui rilasci. Esiste inoltre un piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici predisposto dal ministero dell’Ambiente, in collaborazione con l’Irsa-Cnr, volto a gestire le situazioni di scarsità”, ricorda il direttore. In ultima analisi, bisognerebbe garantire una corretta gestione della risorsa idrica, ottimizzando gli sprechi. “Anni di ricerca svolta nel Cnr hanno prodotto soluzioni tecnologiche in grado di affrontare il tema della scarsità d’acqua con strategie integrate basate su riuso dell’acqua, recupero energetico, monitoraggio e controllo. Occorre dunque indirizzarsi verso lo studio, la costruzione e la gestione controllata di invasi sotterranei per lo stoccaggio a basso costo di ingenti quantitativi di acqua, limitando le perdite”.

Il caso del lago di Bracciano, il cui livello è sceso in modo preoccupante a seguito dei prelievi effettuati per garantire alla Capitale rifornimenti di acqua adeguati, è stato uno di quelli che ha destato maggior preoccupazione. “Il lago sta vivendo una delle crisi idriche più gravi mai verificatesi negli ultimi 100 anni. Le scarsissime precipitazioni (171.6 mm da gennaio a luglio 2017 contro gli oltre 500 mm nello stesso periodo degli anni precedenti), unitamente alle captazioni da parte di privati ed enti pubblici hanno messo a dura prova le capacità di equilibrio del sistema lacustre, che oggi registra un abbassamento del livello del lago pari a -181 cm”, spiega David Rossi dell’Irsa-Cnr. La siccità ha comportato danni notevoli anche al suolo e all’ambiente circostante. “Le principali sorgenti presenti sul territorio stanno progressivamente riducendo le loro portate a causa del lento e costante abbassamento del livello delle falde, alimentate nel 2017 solamente da eventi sporadici. A questo va aggiunto l’incremento incontrollato dei prelievi e, non ultima, l’insufficiente sensibilità di parte della popolazione verso questo tipo di problemi. L’insieme di questi fenomeni naturali e antropici ha provocato quindi la perdita di ingenti risorse e beni ambientali”.

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