Solfatara di Pozzuoli: formazione, storia e attrattive turistiche

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La Solfatara di Pozzuoli, ormai tristemente nota per la terribile tragedia dei giorni scorsi in cui sono morte tre persone, padre, madre e figlio, è senz’altro il più interessante vulcano dei Campi Flegrei, un comprensorio a Nord di Napoli, costituito da circa 40 antichi vulcani.
L’area, di forma ellittica, con un’estensione di circa 33 ettari, è un’oasi naturalistica molto nota per i suoi interessanti paesaggi, con la presenza, oltre ai noti fenoeni vulcanici, quali le fumarole, le mofete e i vulcanetti di fango, anche di zone boschive e di zone di Macchia Mediterranea, nonché di alcune singolarità naturali, geologiche, botaniche e faunistiche. Essa era già conosciuta dai Romani dell’epoca imperiale, indicata da Strabone nella sua “Strabonis geographica” come “Forum Vulcani”, Dimora del dio Vulcano, ingresso per gli Inferi, e detta “Fontes leucogei” da Plinio il Vecchio.

Nel 1687 venne creata una fabbrica per la depurazione e l’estrazione della polvere d’Ischia, del rosso di Pozzuoli, della terra gialla, oltre alla piomina, al bianchetto e allo zolfo La Solfatara era inserita dai viaggiatori del 700-800 tra le escursioni nell’ambito del Grand Tour, viaggio d’istruzione peri giovani delle famiglie nobiliari dell’Europa dell’epoca. Nel 1900 iniziarono le prime visite guidate all’interno del cratere, mentre l’attività termale, nonostante fosse pubblicizzata da fogli e stampe illustrative, con il progredire della scienza medica, iniziò un lento declino, tanto che intorno agli anni venti ogni attività fu abbandonata. Anche l’estrazione di minerali cessò definitivamente negli anni cinquanta. Ancora oggi questo luogo partenopeo è meta di numerosi turisti che lo scelgono per la sua magia. Solfatara è sinonimo di terra bianca come polvere di luna, odore fortissimo di zolfo, aria umida e calda che t’avvolge evocando scene d’Apocalisse, fango delle pozze ribollenti.

Un po di storia. Risale a circa 4000 anni fa, appartenendo al ciclo recente dell’attività eruttiva flegrea, detto ciclo dei vulcani monogenici. L’edificio vulcanico è formato,nel complesso, da rocce piroclastiche, prodotte dall’interazione tra magma ed acqua, ricoperti, a tratti, dai prodotti del più recebte vulcano degli Astroni. Nel tempo le rocce della Solfatara sono state alterate da fenomeni idrotermali, assumendo tipiche pigmentazioni policrome. La visita inizia in senso antiorario, seguendo il perimetro del cratere. Dopo aver superato un bosco di querce ed una zona con la tipica vegetazione della macchia mediterranea si arriva ad un belvedere da dove è possibile osservare l’intera area del cratere. Si prosegue per il pozzo d’acqua minerale, la fangaia, le cave di pietra trachite, la grande fumarola e le stufe antiche. Il pozzo d’acqua minerale, profondo circa 10 metri, presenta una falda variabile nel tempo a seconda delle precipitazioni e dell’effetto del bradisismo. L’attuale pozzo, costruito nell’800, serviva per le cure termali e per l’estrazione dell’allume. Per Pietro da Eboli, il Balneum Sulphatara era miracoloso per la cura della sterilità femminile.

L’acqua, oltretutto, veniva impiegata per alleviare i sintomi del vomito, i dolori allo stomaco, per guarire la scabbia, distendere i nervi, acuire la vista e togliere la febbre coi brividi. La fangaia, invece,è formata da acqua piovana e dalla condensazione del vapore acqueo che, mescolandosi col materiale argilloso, forma del fango il quale, con le alte temperature del suolo, ribolle. Sulla superficie fangosa si notano striature scure che costituiscono colonie di archeobatteri. Essi riescono a sopravvivere alle alte temperature e sono stati riscontrati solo in questi luoghi. Le cave di pietra trachite offrono la possibilità di osservare l’antica attività mineraria che si è svolta sino al 1950. Oltre alla pietra alchitrachite, si estraevano anche allume e bianchetto. La Bocca Grande rappresenta la principale fumarola della Solfatara con il vapore dal caratteristico odore di zolfo, simile a quello delle uova marce, che raggiunge una temperatura di circa 160°C. Nei vapori si trovano sali come realgar, cinabro e orpimento che, posandosi sulle rocce circostanti, conferiscono ad esse la tipica colorazione giallo-rossastra. Le Stufe antiche, realizzate nell’Ottocento ed in seguito rivestite di mattoni, sono due grotte naturali che utilizzando i vapori delle fumarole erano sfruttate ai fini termali: chiamate una del Purgatorio e l’altra dell’Inferno a causa della variazione di temperatura tra le due, oggi non sono più utilizzate.

Nel periodo in cui venivano effettuate le cure termali le persone potevano sostare al loro interno soltanto alcuni minuti: ciò causava un’eccessiva sudorazione e si inalavano vapori solfurei ritenuti ottimali per la cura di patologie delle vie respiratorie e della pelle. Tra le specie arboree che circondano la zone: leccio, robinca, eucaliptus. La pianta più singolare è l’ipocistide, pianta parassita del cisto. Rinvenuti, inoltre, batteri come Bacillus acidocaldarius,Caldariella acidophila, l’archeobatterio “Sulfolabus solfataricus”, alghe termofile tra cui Cyanidium caldarium, un particolare insetto, Seira tongiorgii, una specie di collembola nuova per la scienza, trovata nella Solfatara di Pozzuoli nel 1989. I colemboli sono progenitori degli insetti alati. Il più antico insetto conosciuto è un colembolo, Rhyniella praecursor, rinvenuto in un frammento di ambra del periodo Devoniano.

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