Studio italiano e “rosa” sui danni ambientali degli antibiotici: il Premio Atlas per la prima volta assegnato a un gruppo di ricercatrici italiane

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Per la prima volta il Premio Atlas, riconoscimento internazionale rivolto a progetti di ricerca che possono influenzare significativamente la vita delle persone in tutto il mondo, parla italiano. È nato infatti a Monterotondo, in provincia di Roma, lo studio, tutto al femminile, condotto dalle ricercatrici Paola Grenni, Valeria Ancona e Anna Barra Caracciolo dell’Istituto di Ricerca delle Acque del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR).

La ricerca, selezionata tra migliaia di progetti da un Advisory Board internazionale per il contenuto di altissimo valore e pubblicata sul Microchemical Journal, dimostra come gli antibiotici di uso comune abbiano “effetti collaterali” sull’ambiente, alterando le comunità di microbi che hanno un ruolo essenziale per la salute e l’equilibrio dell’ecosistema.

Il Premio Atlas, promosso da Elsevier, azienda specializzata nel fornire soluzioni innovative nell’area della scienza e della salute, è consegnato oggi da Richard Newell, Publisher, Chemistry, Elsevier B.V. e Claudio Colaiacomo, Vice President, Academic Relations, Elsevier B.V. durante una cerimonia alla quale partecipano Fabio Trincardi, Direttore del Dipartimento Scienze del sistema terra e tecnologie per l’ambiente e rappresentanti del Ministero dell’Ambiente, dell’Istituto Superiore di Sanità e della Comunità scientifica italiana.

Sebbene la quantità di antibiotici sia estremamente ridotta – parliamo generalmente di nanogrammi per litro”, afferma Paola Grenni, esperta in scienze ambientali specializzata in ecologia microbica presso l’Istituto di Ricerca delle Acque del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), “gli antibiotici e altre sostanze farmaceutiche possono avere un effetto anche a basse concentrazioni, i cosiddetti effetti collaterali ambientali.

Quando le persone assumono antibiotici, il loro organismo metabolizza soltanto una parte del farmaco. La restante parte viene eliminata naturalmente ed entra in circolo con le acque di scarico. Poiché i sistemi di trattamento delle acque reflue non sono disegnati per rimuovere completamente antibiotici o altre sostanze farmaceutihe, molte di queste sostanze raggiungono i sistemi naturali dove si accumulano e alterano i microbi naturali.

Molte specie di microbi che si trovano naturalmente nell’ambiente hanno un ruolo importante nel ciclo naturale dei nutrienti, nella produzione primaria e nella regolazione del clima. Alcuni microbi, inoltre, hanno la funzione di decomporre contaminanti organici, quali pesticidi. La loro alterazione, causata dalla presenza di antibiotici, rappresenta quindi un problema”, commenta Grenni.

Lo studio del team si concentra sugli antibiotici di uso comune, normalmente utilizzati per la salute umana e per quella veterinaria, in particolare per il trattamento degli allevamenti di bovini, suini e pollame.

Il rilascio degli antibiotici in natura è un “esperimento real life” con conseguenze non ancora completamente note. Il gruppo di ricerca, guidato da Paola Grenni, suggerisce che sia necessario l’impiego di sistemi di protezione specifici per le comunità microbiche dell’ambiente, data la loro importanza nel normale funzionamento degli ecosistemi.

E’ quindi fondamentale che si lavori alla riduzione dell’utilizzo di antibiotici non necessari e al rilascio nell’ambiente esclusivamente di quelli necessari. In particolare poi la ricerca suggerisce quanto sia importante che gli impianti di trattamento delle acque siano dotati di sistemi per la rimozione di queste sostanze e che vengano individuate metodologie per migliorare la decomposizione degli antibiotici una volta che questi raggiungono l’ambiente. I consumatori, dal canto loro, possono contribuire cercando di assumere gli antibiotici solamente quando veramente necessari e nel disfarsi dei farmaci scaduti secondo le modalità più appropriate.

I ricercatori che si dedicano a questo campo di ricerca sono molto pochi, eppure è un’area di ricerca estremamente importante“, conclude Paola Grenni. “E’ indispensabile conoscere le diverse molecole che utilizziamo normalmente e riconoscerne l’impatto e gli effetti collaterali che possono creare. C’è quindi bisogno di maggiore ricerca in quest’area”.

Secondo l’Advisory Board esterno, che ha selezionato l’articolo fra i tanti candidati al Premio Atlas, “questo lavoro di ricerca è un punto di partenza essenziale per la futura ricerca circa gli effetti degli antibiotici sugli ecosistemi”.

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