E’ tutto pronto per l’esercitazione di protezione civile anti maremoto in programma per Giovedì 2 Novembre al Sud Italia: saranno coinvolte le Regioni Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia, con uno scenario di Tsunami denominato “NEAMWave17“. Un terremoto di magnitudo 8.5 sull’isola greca di Zante simulerà l’arrivo di un’onda anomala sulle coste del Sud Italia, innescando un meccanismo di prevenzione che dovrà ovviamente ancora essere rodato. Per approfondire i dettagli di quest’attività così importante per la difesa del territorio nazionale, abbiamo intervistato il direttore operativo per il coordinamento delle emergenze del Dipartimento nazionale di protezione civile, ing. Luigi D’Angelo, che con estrema professionalità e chiarezza ha illustrato ai microfoni di MeteoWeb tutti i dettagli sulle attività in programma per Giovedì, inserendole in un contesto più generale che ne esalta ulteriormente il significato.
D’Angelo ci ha spiegato come “tutto nasce dall’attività promossa dall’UNESCO subito dopo lo tsunami del sud/est asiatico del 2004, per attivare procedure per allerte tsunami in vari bacini, ovviamente anche nel Mediterraneo. Si è avviato così un percorso tecnico-scientifico che in Italia ha visto coinvolti sia la protezione civile che l’INGV. Abbiamo partecipato nella definizione delle caratteristiche e delle soluzioni tecniche per poter fare delle azioni preventive e di allerta di tsunami nel Mediterraneo“.
E il Mediterraneo ha delle peculiarità molto particolari rispetto agli altri grandi bacini del mondo: “Ovviamente il nostro mare – illustra D’Angelo – a differenza degli oceani, ha una maggiore limitatezza di dimensioni, quindi essendo molto contenuto, determina situazioni di pericolosità meno estreme nell’entità delle onde di maremoto, rispetto a quelle che sperimentiamo negli altri territori. Ma storicamente ci sono stati maremoti molto importanti anche nel Mediterraneo, con scenari vissuti e in Italia abbiamo l’evento del 1908 nello Stretto di Messina che ci riguarda molto da vicino. Altri sismi molto importanti possono generare tsunami mediterranei dalle isole greche, con onde di maremoto sulle nostre coste, soprattutto su quelle più esposte del Sud Italia (Jonio, basso Adriatico e basso Tirreno). Sono sismi che determinano onde più contenute rispetto a quelle di altri nel mondo, ma c’è comunque una pericolosità di tsunami nel Mediterraneo. La grossa sfida è che a differenza degli oceani, quando questi episodi si verificheranno noi avremmo pochissimo tempo per lanciare l’allerta. Negli altri Paesi, negli oceani, ci sono diverse ore di tempo affinchè arrivino le onde anomale dopo un terremoto, invece nel Mediterraneo siamo nell’ordine di 20-30 minuti“.
E quindi cosa si può fare per arrivare a una previsione affidabile praticamente immediata, e a un sistema di allerta così veloce?
“L’attività che dobbiamo fare si basa essenzialmente nell’individuare quali sono le condizioni per cui al verificarsi di un sisma si possa determinare un’onda di maremoto. Abbiamo cercato di sviluppare le possibilità predittive nel più breve tempo possibile con tante riunioni a Parigi alla sede dell’UNESCO e abbiamo trovato una convergenza di diversi Paesi (Italia, Grecia, Francia ecc. ecc.). Ognuno ha creato il suo centro di allerta tsunami sviluppando capacità predittiva di onde di maremoto derivanti da sismi. In Italia dal 17 Febbraio 2017 abbiamo il Centro di Allerta Tsunami che è ufficialmente la sala operativa dell’INGV. E’ nato il SIAM (Sistema Italiano di Allerta Maremoto) arrivato dopo molto tempo di studi e di confronto internazionale. E’ un sistema che si compone di 3 componenti fondamentali: dipartimento di Protezione Civile, ISPRA e INGV. I ruoli sono differenziati: l’INGV è il soggetto che individua la sorgente, i terremoti nel Mediterraneo, tramite la propria rete e le proprie valutazioni nell’arco di pochi minuti determina se quel terremoto ha o meno la potenzialità di scatenare uno tsunami. A questo si aggiunge la capacità di monitoraggio dell’ISPRA che può confermare l’effettiva onda con gli strumenti nei porti e nei punti fissi del territorio, e confermare la possibilità che si sia verificata un’onda e definire le fasce di pericolosità e di rischio. Infine c’è la protezione civile che è il soggetto coordinatore del sistema nel suo complesso, ed è responsabile della diramazione dell’allarme attraverso la sala situazione italia, che garantisce monitoraggio h24 di tutte le situazioni che si verificano sul territorio nazionale“.
Come funziona l’allertamento?
“Abbiamo previsto tre livelli di messaggistica. Il livello più basso si chiama “Info”, e si attiva quando l’INGV ci comunica che c’è stato un terremoto tsunamigenico nel Mediterraneo che però non determina rischi per l’Italia. Poi abbiamo il livello “Advisory”, che si attiva quando è possibile che in alcune zone d’Italia (zone che vengono indicate di volta in volta) è possibile che stia arrivando un’onda di maremoto alta fino a un metro. Infine c’è il livello più alto, “Watch”, che si attiva quando è possibile che in alcune zone d’Italia stiano arrivando onde di maremoto di altezza superiore al metro“.
Ed è questo lo scenario in programma per l’esercitazione di Giovedì 2 Novembre?
“Sì, con la simulazione di un terremoto di magnitudo 8.5 sull’isola greca di Zante, partirà un messaggio di allerta “Watch” per le zone joniche e il basso Adriatico. Sarà un test importante per sperimentare il livello di comunicazione istituzionale, che già dovrebbe essere rodato. E’ un percorso che parte da lontano, e che con quest’esercitazione denominata “NEAMWave17” ci dovrà dare risposte importanti. Stiamo testando il primo livello di allerta, quello istituzionale. Saranno coinvolte le Regioni, le Prefetture e i Comuni coinvolti, simulando quello che si verificherà realmente nel momento in cui ci troveremo ad affrontare una situazione di questo tipo. Infatti una volta che la Protezione civile riceve dall’INGV il primo messaggio di avviso tsunami, in questo caso “Watch” per le zone joniche di Sicilia, Calabria, Basilicata e Puglia, noi lo rimandiamo a quei comuni, a quelle prefetture e a quelle regioni che possono essere interessati dall’evento. Ad esempio con lo scenario previsto per il 2 Novembre sono coinvolte le Regioni Basilicata, Sicilia, Calabria e Puglia che riceveranno il messaggio di tipo “Watch”. Saremo collegati in videoconferenza e parleremo del sistema di allertamento con loro, cercheremo di capire a che punto sono i comuni coinvolti, se hanno già una consapevolezza del rischio e se sono pronti ad attivarsi sui territori nel caso in cui uno scenario del genere si verifichi davvero. COsì verrà testata la nostra piattaforma informatica per l’invio rapido della messaggistica di allerta, procedendo all’invio dei messaggi stessi che saranno trasmessi attraverso tre canali, email, sms ed IVR (Vocale) alla Sala Operativa della Protezione Civile Regionale e ai Comuni, che procederanno secondo quanto stabilito nella fase di addestramento preliminare già svolta“.
E poi come pensate di arrivare anche ai cittadini?
“Ovviamente il percorso non può fermarsi qui: il nostro obiettivo è quello di allertare direttamente il cittadino. Bisognerà dotare le compagnie telefoniche degli strumenti utili affinchè la protezione civile possa inviare un SMS a tutti i cittadini che si trovano in una determinata zona, perchè abbiamo già descritto quant’è rapida la natura di questi fenomeni, quindi bisognerà fare in fretta e non possiamo avere troppi filtri altrimenti rischiamo che il messaggio di allerta arrivi alla gente dopo che lo tsunami si sia già verificato. Ovviamente per fare questi test con i cittadini e quindi coinvolgere la popolazione nelle esercitazioni è ancora presto, ci vorrà più tempo anche con il contributo dei comuni che avranno un ruolo molto importante in tal senso“.
Qual è, appunto, il ruolo dei Sindaci e dei Comuni? E quello dei cittadini?
“E’ il ruolo strategico, il più importante. In Italia abbiamo quasi 8.000 comuni: pensare di parlare alle comunità bypassando i loro rappresentanti è impossibile. Le funzioni amministrative fondamentali, tra cui quella di protezione civile, vengono svolte dai Comuni in base al principio di sussidiarietà, non solo in fase di emergenza ma anche in fase di pianificazione. E’ chiaro che un singolo comune non può gestire l’allerta, ma deve avere comunque la consapevolezza del rischio per trasmetterla ai cittadini. Che a loro volta devono comportarsi in modo corretto”.
“La protezione civile – conclude D’Angelo – è un sistema a cui tutti concorrono. Serve quindi da tutte le parti la massima attenzione e serietà. Fenomeni come i terremoti e gli tsunami si verificano davvero, non stiamo facendo le cose per l’accademia. Bisogna essere pronti. In un mondo moderno, i cittadini sono sensori, sentinelle, fondamentali per comunicare il verificarsi delle cose e registrare i fatti. I comportamenti adeguati da parte dei cittadini sono la cosa più importante, perchè è il singolo cittadino che risponde nell’immediatezza. Ovviamente il ruolo delle istituzioni locali è altrettanto fondamentale, perchè i Sindaci devono aiutare la protezione civile a loro volta per definire le zone a più alto rischio. Un ente centrale non può conoscere tutta la costa, con le attività e gli insediamenti che sorgono in ogni metro. Il comune è comunque l’anello più fragile, perchè è sempre in prima linea e ha meno risorse, quindi dovremo aiutarlo e supportarlo. Bisognerà comunicare alla protezione civile i piani di evacuazione, indicandoli anche ai cittadini installando sulle coste i segnali di allerta tsunami e delle strade da seguire per addentrarsi in zone sicure. E’ un percorso che richiederà ancora impegno, anche sul fronte della comunicazione, ma ci stiamo impegnando tutti in tal senso perchè la prevenzione è molto importante e nei prossimi mesi riusciremo finalmente a pubblicare la mappa con la pericolosità di tsunami per tutte le coste italiane, in base al rischio di fenomeni naturali e alle conseguenze che un eventuale maremoto potrebbe provocare, da un’intensità minima a un’intensità massima, sui litorali d’Italia“.
Un Paese bellissimo e delicato che abbiamo il dovere di proteggere e tutelare proprio seguendo le indicazioni della protezione civile, di INGV ed ISPRA che hanno finalmente dato vita all’anello mancante del monitoraggio tsunami internazionale, quello per il Mediterraneo centrale che adesso è finalmente operativo.