Sfruttare i lampi di raggi gamma (Gamma Ray Burst, GRB) per ricostruire la storia dell’espansione dell’universo. È questo l’obiettivo di un gruppo internazionale di ricercatori guidati da Maria Dainotti, ricercatrice dell’Istituto Nazionale di Astrofisica con borsa Marie Curie presso l’Università di Stanford negli Stati Uniti. Il team presenta in un articolo scientifico pubblicato sulla rivista The Astrophysical Journal i risultati di una indagine statistica volta a individuare e selezionare per questo scopo un particolare sottogruppo di GRB.
I GRB sono i più potenti eventi ad alta energia noti, che nella fase cosidetta “prompt”, la breve fase iniziale di emissione di raggi gamma ad altissima energia, durano da pochi secondi a poche ore. Durante questa fase, questi eventi rilasciano la stessa quantità di energia che il Sole produce in tutto il suo ciclo evolutivo: una caratteristica che li rende osservabili fino a epoche assai remote. Possiamo infatti captare la luce di un lampo gamma emessa quando l’universo aveva solo un millesimo della sua dimensione attuale. Anche se da alcuni decenni osserviamo e studiamo questi fenomeni, i meccanismi fisici che li producono sono ancora poco conosciuti e diverse sono le teorie che descrivono la loro origine: dall’esplosione di supernovae da stelle supermassicce alla fusione di stelle di neutroni, ma anche da stelle massicce altamente magnetizzate in rapida rotazione.
L’interesse degli scienziati per questi fenomeni è legato anche al fatto che la loro potentissima emissione di energia li rende individuabili in epoche molto più remote rispetto alle supernovae di tipo Ia, oggi utilizzate come strumenti per misure l’espansione dell’universo. Riuscendo ad accertarne con precisione alcune proprietà, in particolare la luminosità intrinseca di ogni evento osservato, i GRB potrebbero quindi essere utilizzati per ricostruire la storia dell’evoluzione dell’universo fino ad ere cosmologiche ben più antiche di quanto attualmente è possibile.
Il team di Dainotti ha osservato che, analizzando i dettagli della fase di “plateau” della emissione nei raggi X meno energetica ma molto più prolungata di lampi gamma, è possibile definire una sottoclasse di GRB di lunga durata in modo tale che si possa stabilire una correlazione molto stretta tra la durata della fase di plateau nei raggi X, la sua luminosità e la luminosità di picco della componente “prompt”. Questa correlazione a tre parametri individua un piano fondamentale in cui ciascun asse del piano, altezza, lunghezza e larghezza è individuato da queste tre grandezze fisiche.
I ricercatori hanno dimostrato che selezionando solo eventi con una lunga e quasi costante fase di plateau nell’emissione X e suddividendo questo gruppo in categorie, se ne può identificare uno, che definisce una correlazione ancora più stretta e a cui è stato assegnato il nomignolo “dorato” (golden GRB). I lampi gamma che appartengono a questo gruppo presentano emissioni di plateau molto definite e piuttosto costanti nel tempo, tutte alquanto simili tra loro, proprietà che ne suggerisce l’uso per gli studi cosmologici dove è essenziale conoscere la precisa luminosità.
“Abbiamo indizi di una diversa origine fisica per GRB corti che presentano emissioni estese rispetto alle altre varie classi” afferma Dainotti. “Così, la distanza di un GRB da questo piano fondamentale costituisce di per sé un metodo cruciale per riconoscere le varie categorie di lampi gamma e per discernere le differenze tra un generico GRB e quelli che appartengono al gruppo dorato. Infatti il nostro studio ha evidenziato una differenza statistica tra il piano individuato dai GRB lunghi e quello invece definito dai gold GRB. Questa scoperta può portare ad una comprensione più profonda della loro natura“. Una comprensione che sarà di grande utilità anche nella nascente branca dell’astronomia delle onde gravitazionali: segnali gravitazionali potrebbero essere associati con chiarezza ad eventi legati a lampi gamma di tipo corto o lungo. L’esistenza di questo piano è confermata dalle osservazioni contemporanee e indipendenti di due satelliti quali Swift e Fermi che osservano i lampi gamma a energie differenti.
Questa ricerca di sottoclassi dei GRB è un po’ come individuare particolari animali in una giungla impenetrabile ascoltando i loro versi. Anche se certi suoni lunghi o corti sono probabilmente distinguibili, quello che rimane è ancora un miscuglio di suoni indistinti, che possono essere riconosciuti solo grazie a una più raffinata tecnica di selezione e classificazione. Maria Dainotti e il suo team stanno lavorando all’identificazione di diverse specie nell’affollato ed eterogeneo “zoo” dei lampi di raggi gamma. È un programma di ricerca complesso che ha l’obiettivo di utilizzare i GRB come vere e proprie sonde cosmologiche.