L’Europa punta a essere frontiera nella fisica solare con la realizzazione alle Canarie del più grande telescopio solare europeo del nostro secolo. Un progetto frutto della collaborazione di 21 istituzioni scientifiche e industriali di 15 Paesi europei, tra cui l’Italia, e che mette a fattor comune le menti di oltre 600 ricercatori per costruire uno strumento che promette di rivoluzionare gli studi della nostra stella.
L’European Solar Telescope (EST) è stato presentato oggi all’Accademia dei Lincei da una rappresentanza della comunità scientifica coinvolta che ha illustrato le varie fasi dell’ambizioso progetto, promosso nel 2006 dall’European Association for Solar Telescopes, di cui fanno parte per l’Italia l’Inaf e le Università di Catania, della Calabria e di Roma Tor Vergata, la cui costruzione inizierà nel 2021, mentre la prima luce è attesa per il 2027.
La scelta dei Lincei non è casuale. Fu l’Accademia, infatti, a pubblicare per prima nel 1613 l’opera di Galileo Galilei “Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie solari” in cui l’astronomo dimostrò che le macchie osservate sulla superficie del Sole si trovavano proprio sulla stella e non erano ombre di corpi tra la Terra e il Sole. Nel corso della giornata è stato illustrato il contributo italiano al progetto Ue che il coordinatore, Manuel Collados Vera dell’Instituto de Astrofísica de Canarias (IAC), ha definito “fondamentale”.
L’Italia – ha sottolineato lo scienziato spagnolo – è il terzo Paese per numero di ricercatori coinvolti (10%), dopo Regno Unito (22%) e Germania (17%). Tutti e 3 i Paesi rappresentano circa la metà degli scienziati che lavorano al progetto, che è stato incluso nella roadmap 2016 di ESFRI tra le 21 infrastrutture scientifiche considerate strategiche per l’Europa.
“L’Italia – ha spiegato Francesca Zuccarello dell’Università degli studi di Catania – finora ha avuto dall’Ue per EST fondi per 2,27 mln di euro che sono stati utilizzati per diversi aspetti di questo progetto. L’aspetto scientifico che ha fornito i requisiti per costruire gli strumenti; aspetti legati alla realizzazione di alcuni prototipi degli strumenti stessi; aspetti legati all’educazione delle nuove leve alla fisica solare”.
Superata la fase di definizione dei requisiti scientifici e lo studio concettuale dell’infrastruttura, individuati gli strumenti e i sottosistemi critici di EST, si passa ora alla fase preparatoria che prevede la scelta delle opzioni ottimali. Il telescopio, ha spiegato Collados, sarà costruito alle Canarie, su una torre alta 35 metri (per isolarlo dalle turbolenze del suolo), avrà un’apertura di 4 metri e sarà dotato delle migliori tecniche di ottica adattiva che consentiranno di osservare in dettaglio la struttura della superficie solare con una risoluzione mai raggiunta prima. Particolare attenzione sarà posta al controllo termico dell’ambiente, viste le altissime temperature a cui sarà sottoposto, e alla sincronizzazione dei dati perché molti strumenti lavoreranno in contemporanea.
“Il Sole – ha osservato Francesco Berrilli dell’Università di Roma Tor Vergata – è la nostra stella ed è importante studiarla sia per motivi scientifici sia perché ha impatti sull’attività tecnologica dell’uomo, sul clima della Terra. E quindi ci aspettiamo uno strumento scientifico che risponderà a domande fondamentali sia in campo scientifico che tecnologico”. A EST si chiederà dunque di contribuire in modo decisivo a una conoscenza più dettagliata del Sole per capire come si formano e si evolvono i campi magnetici delle stelle, quali sono i meccanismi di base che rendono le stelle attive e, ancora, come viene trasportata e dissipata l’energia nelle atmosfere stellari e come nascono gli eventi esplosivi (brillamenti, espulsioni di massa coronale) che investono la Terra e lo spazio interplanetario e come possiamo prevedere gli eventi esplosivi rilevanti per lo Space Weather (la meteorologia spaziale) che hanno rilevanti ricadute sulle infrastrutture tecnologiche (trasmissioni radio e satellitari, GNSS, ecc.).
“Est permetterà di osservare l’atmosfera solare con una capacità di risoluzione mai raggiunta finora. Questo vuol dire che permetterà di osservare dettagli nell’atmosfera solare nella grandezza di 25-30 km”, ha sottolineato Ilaria Ermolli dell’Osservatorio Astronomico di Roma-Inaf. “Questo dettaglio – ha aggiunto – è necessario per poter comprendere i processi fisici che intervengono nell’interazione tra plasma caldo e campi magnetici che sono all’origine della comparsa e dell’evoluzione delle strutture magnetiche che producono tanti effetti nell’atmosfera solare ma anche in tutto l’ambiente che circonda il Sole fino a giungere a Terra, incidendo anche sulle caratteristiche dell’atmosfera terrestre e anche sul clima della Terra”.