Bacco (Dionisio per i Greci) era il dio romano della vegetazione, presiedeva alla coltivazione della viea e del vino e, per taluni aspetti, si riallacciava alla forza naturale dell’acqua, in stretta unione con le ninfe. Dio del vino, della vendemmia, del lasciarsi andare, dell’orgia panica e dell’ebrezza, perpetuamente giovane, la diffusione del suo culto a Roma, con i Baccanali, avvenne intorno al II secolo a.C. Analogamente al culto di Dioniso in Grecia, da cui deriva, si trattava di un culto misterico, ossia riservato ai soli iniziati (originariamente solo donne, le baccanti) con finalità mistiche. Ben presto i seguaci del culto di Bacco si scontrarono con la religione ufficiale di Roma, in seguito al loro rifiuto di riconoscere i valori culturali di questa, al punto che, nel 186 a.C., il Senato, dietro iniziativa di Marco Porcio Catone, emise un senatoconsulto, noto come Senatus consultum de Bacchanalibus, al fine di sciogliere il culto con distruzione dei templi, confisca dei beni, arresto dei capi e persecuzione degli adepti.
In seguito i Baccanali sopravvissero come feste propiziatorie, ma senza più la componente misterica. Spesso coinvolgevano più popolazioni di un territorio che si riunivano per diversi giorni in un luogo-simbolo, dove venivano praticati anche sacrifici animali. Sicuramente le pratiche sessuali che vi si svolgevano erano anch’esse finalizzate alla propiziazione ma anche ai festeggiamenti per i pastori che ritornavano dalla transumanza dopo un’intera stagione. Nella Roma del II secolo, però, tali aspetti erano evidentemente assenti e una delle questioni che portò al senatoconsulto de Bacchanalibus fu il fatto che durante tali riti gli adepti praticavano la violenza sessuale reciproca,sodomia compresa, specialmente sui neofiti, e ciò era in contrasto con le leggi romane che impedivano tali atti tra cittadini, pur permettendole nei confronti degli schiavi.
Il contenuto del senatusconsultum contempla tutti i possibili casi e le possibili varianti regionali del rito che intende stroncare. La prima interdizione concerne in generale ogni culto di Bacco (bacanal). Seguono i divieti relativi alla carica di baccante, sacerdote, magister, minister, magistrato, promagistrato; i divieti di avere una cassa comune, di compiere, sotto qualsiasi forma, il giuramento iniziatico, di celebrare atti di culto in segreto, in pubblico, in città, fuori città. Vengono toccati tutti gli aspetti sia organizzativi che giuridici della associazione, senza possibilità di evasione, dal momento che si contemplano tutte le eventualità del suo costituirsi ed operare.
Viene lasciata la possibilità di seguire il culto di Bacco solo dietro una serie di condizioni ben precise e altamente restrittive: che ci sia uno stato di necessità, ad esempio, e che si venga a dimostrare questa necessità a Roma davanti al pretore urbano. Questo, a sua volta, dovrà convocare una riunione di almeno cento senatori che diano l’assenso: è uno scoraggiante iter burocratico, percorribile, tra l’altro, solo all’interno di una rigida selezione di ceto. Anche in questi casi, comunque, la composizione numerica della associazione é ridotta ai minimi termini: un massimo di due uomini e tre donne. I contravventori erano puniti con la morte.