Altra giornata di caldo record sulle Alpi occidentali e, più in generale, sul Nord Italia: oggi pomeriggio rischiamo di arrivare a +30°C tra Piemonte e Valle d’Aosta e la situazione diventa sempre più grave per gli incendi e la siccità. Proprio queste eccezionali condizioni meteo-climatiche alimentano i roghi che da ormai quasi una settimana stanno bruciando migliaia di ettari di vegetazione tra le province di Cuneo e Torino, sul versante italiano delle Alpi occidentali. L’Italia sta vivendo la peggior siccità degli ultimi secoli, con un deficit idrico impressionante che prosegue dalla fine dello scorso inverno. La situazione è drammatica soprattutto al Nord e sull’arco Alpino, dove a fine Ottobre dovrebbero verificarsi le grandi nevicate che vanno ad alimentare lo spessore dei ghiacciai, mentre quest’anno le temperature sono superiori allo zero addirittura a 4.000 metri di altitudine e il ghiaccio continua ad assottigliarsi fuori stagione, come se fossimo ancora in piena estate.
Stamattina alle 11:30 avevamo temperature davvero assurde sulle Alpi occidentali, tra Piemonte e Valle d’Aosta: +23,9°C ai 520 metri di altitudine di Pietrastretta (Susa, nel torinese), +23,3°C ai 1.130 metri di altitudine di Coazze (Torino), +23,1°C agli 813 metri di altitudine di Finiere (nel comune di Chiomonte, provincia di Torino) +22,0°C ai 685 metri di altitudine di Gressan, vicino Aosta, in Valle d’Aosta, +21,2°C agli 831 metri di altitudine di Druogno (Verbania), +21,1°C ai 1.055 metri di altitudine di Noasca (Torino), +20,7°C ai 1.312 metri di altitudine di Bobio Pellice (Torino), +20,6°C ai 995 metri di altitudine di Lemie (sempre Torino), +20,3°C ai 1.135 metri di altitudine di Val Clarea, nel comune di Giaglione (Torino), +20,3°C ai 350 metri di Domodossola, +20,0°C ai 1.162 metri di altitudine di Forzo (Ronco Canavese, Torino), +19,9°C ai 1.065 metri di altitudine di Gad, nel Comune di Oulx (Torino), +19,8°C ai 1.142 metri di altitudine di Pizzanco, a Bognanco (Verbania). Temperature pazzesche, tipiche di fine luglio o inizio Agosto e non certo della stagione autunnale.
Gli incendi che continuano a divampare nel Piemonte stanno producendo una densa nube di fumo che stamattina ha raggiunto anche Torino, oscurando il sole e rendendo l’atmosfera di un suggestivo colore giallastro.
I fumi degli incendi che da giorni devastano le vallate alpine piemontesi, molto densi di carbonio e particolato, si stanno riversando sulla pianura. L’odore di bruciato ha invaso anche Torino, dove i livelli di Pm10 sono schizzati alle stelle. Secondo le rilevazioni dell’Arpa, l’Agenzia regionale per l’ambiente, le polveri sottili hanno raggiunto i 199 mcg/mc nella giornata di ieri, quattro volte i limiti previsti.
Nelle zone più colpite del Canavese, il Comune di Traversella in Valchiusella ha consigliato a tutti i cittadini di restare nelle case ed eventualmente usare mascherine protettive. A Locana, in valle Orco, dove i boschi bruciano ormai da lunedì, le fiamme questa notte hanno raggiunto le abitazioni di cinque frazioni e della borgata capoluogo, andando a lambire anche la strada provinciale 460. Il Comune ha chiesto la necessita’ di intervento oltre a vigili del fuoco e Aib, anche a volontari con autobotti agricole. Le fiamme continuano ad espandersi verso il Parco nazionale del Gran Paradiso e hanno raggiunto un’estensione di circa otto chilometri. Al momento non sono stati sufficienti i lanci mirati con gli elicotteri effettuati tra mercoledì e giovedì. Inutile anche il lavoro dei canadair: le fiamme non si fermano perchè spinte dal vento su terreni aridi e secchi. In questo mese di ottobre, infatti, sul Piemonte è caduto il 98% di pioggia in meno rispetto alla media mensile. Le precipitazioni al Nord/Ovest sono state peraltro sotto la media in tutti i mesi del 2017, fatta eccezione di febbraio. La situazione è drammatica anche in Liguria. Gli ultimi anomali incendi di autunno sono la punta dell’iceberg di una stagione drammatica, con circa 140mila ettari di bosco andati a fuoco dall’inizio dell’anno, praticamente il triplo del 2016, secondo i dati diffusi dalla Coldiretti. Gli incendi che in Piemonte stanno minacciando pregiati vigneti e i castagni hanno pesanti effetti dal punto di vista ambientale dovuti alla perdita di biodiversità (distrutte piante e uccisi animali) e alla distruzione di ampie aree di bosco, che sono i polmoni verdi del Paese e concorrono ad assorbire l’anidride carbonica responsabile dei cambiamenti climatici. Nelle foreste andate a fuoco saranno impedite anche tutte le attività umane tradizionali del bosco come la raccolta della legna, dei tartufi e dei piccoli frutti e dei funghi, che coinvolgono decine di migliaia di persone. Per ricostituire i boschi andati in fiamme – conclude la Coldiretti – ci vorranno almeno 15 anni, con danni all’ambiente, all’economia, al lavoro e al turismo.
Intanto la siccità e il caldo stanno mettendo a dura prova il fiume Po: al Ponte della Becca, a Pavia, il livello del fiume è sceso di 3 metri sotto lo zero idrografico. Lo ha reso noto Coldiretti Lombardia, precisando che si tratta del dato peggiore negli ultimi 8 anni: nel 2010 il Po era a -1,85 metri, nel 2011 e’ sceso a -2,53, nel 2012 e’ risalito a -2,44, quindi ha guadagnato ancora un po’ di livello con -1,56 metri. Ma da allora non si e’ piu’ ripreso: e’ tornato sotto i due metri nel 2014 (-2,42), nel 2015 (-2,11), nel 2016 (-2,68). Ora è a -3,07. “I cambiamenti climatici – spiega il presidente di Coldiretti Lombardia, Ettore Prandini – sono sotto gli occhi di tutti. A partire dalla carenza di piogge che a ottobre ha fatto registrare il 95% di precipitazioni in meno rispetto alla media storica“. In Lombardia da mesi e’ razionata la distribuzione dell’acqua ai campi. Coldiretti regionale ha chiesto che venga studiata la mappa delle cave dismesse per valutare quelle piu’ adatte, dal punto di vista geologico, idrografico e ambientale, a stoccare riserve idriche da usare nei periodi di maggiore richiesta. “Anche organizzando solo il 10% di tutti i poli estrattivi dismessi si potrebbe avere una riserva di 90 milioni di metri cubi di acqua, una misura pari alla meta’ di tutto il Lago di Como“. In Lombardia i siti non piu’ in produzione sono circa di tremila. “Il clima – spiega la Coldiretti regionale – sta diventando un elemento strategico dell’economia. In Italia i danni all’agricoltura per il clima impazzito ammontano a oltre 14 miliardi di euro negli ultimi 10 anni. In Lombardia sono 240 mila le imprese che operano in settori che risentono dei cambiamenti climatici, tra edilizia, agricoltura, energia, turismo e assicurazioni. Rappresentano il 13% delle imprese a livello nazionale e il 17% degli addetti, con un fatturato di 114 miliardi di euro all’anno”.
Ad evidenziare la gravità del problema dell’attuale siccità, i dati evidenziano come negli ultimi sette anni in Italia le disponibilità idriche si sono praticamente dimezzate, con forte accentuazione del fenomeno al nord: a settembre – il più recente dato disponibile – erano presenti, in bacini lungo la penisola, 1.066 milioni di metri cubi contro i 1.512 dell’anno scorso, i 1.730 del 2015 e i 2.317 milioni del 2010. A lanciare l’allarme è l’Associazione nazionale dei Consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue (Anbi) sulla base delle rilevazioni negli invasi di interesse dei Consorzi di bonifica. La maggior parte della risorsa idrica e’ trattenuta in bacini del sud, molto più numerosi che al nord. Analizzando i dati dei bacini artificiali settentrionali emerge la drammaticità dell’emergenza: attualmente trattengono circa 2 milioni e mezzo di metri cubi contro gli 11 dell’anno scorso, i 10,70 del 2017 ed i 18 milioni di metri cubi del 2010. A questi dati vanno aggiunte le risorse dei grandi laghi, che sono pero’ tutti abbondantemente sotto la media stagionale: Maggiore e’ al 26% della capienza, Como al 11,2%, Iseo al 7,9%, Garda al 27,2%. “Considerando che da settimane non si registrano significative precipitazioni piovose, e’ facile pronosticare che le riserve idriche in ottobre siano ancora scese – sottolinea Massimo Gargano, direttore generale di Anbi -. La nostra preoccupazione deve già andare al 2018 perché, valutando l’andamento climatico degli anni recenti, difficilmente arriveremo alla prossima stagione estiva con disponibilità idriche nella media e pertanto sara’ utile attivare, già all’inizio del nuovo anno, tavoli di concertazione per contemperare, come fatto quest’anno, i molti interessi gravanti sulla risorsa acqua“. “Auspicando la rapida conclusione dell’iter burocratico per l’apertura dei cantieri per il Piano irriguo nazionale – conclude Francesco Vincenzi, presidente di Anbi – chiediamo al governo di attivare al più presto scelte di fondo quali il Piano nazionale degli invasi ed un maggiore utilizzo delle acque reflue a fini agricoli, senza dimenticare che in Italia ci sono ben 35 grandi opere idrauliche incompiute che rappresenterebbero un significativo contributo all’ottimizzazione d’uso delle risorse idriche, superando il paradosso di un Paese in costante emergenza: sei mesi per siccità ed altrettanti per fragilità idrogeologica“.