Iran, Trump e il nucleare: cosa succede ora

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La decisione di Donald Trump di non certificare l’accordo sul nucleare con l’Iran per il momento lascia l’intesa intatta ma forse non per molto. Ecco le tappe della strategia lunga del presidente americano per distruggere anche questa eredità della presidenza Obama.
LA ‘DECERTIFICAZIONE’ NON FA SALTARE L’ACCORDO – Non c’è niente all’interno dell’accordo che richiede queste periodiche certificazioni, e nessuno dei capi di stato degli altri sei Paesi che lo hanno firmato devono presentarle. E’ la legge americana, Iran Nuclear Agreement Review Act, approvata dal Congresso nel 2015 che impone al presidente di comunicare eventuali violazioni di Teheran, dando poi al Congresso la possibilità di reintrodurre le sanzioni in 60 giorni. Cosa che ha fatto Trump, forzando quindi il meccanismo che non era stato pensato come strumento per minare l’accordo o riaprire i negoziati.
LA PALLA PASSA AL CONGRESSO – Ora il Congresso ha davanti diverse opzioni. La più estrema sarebbe quella di reintrodurre le sanzioni ritirate nell’ambito dell’applicazione del Joint Comprehensive Plan of Action. Una mossa che metterebbe gli Stati Uniti in una posizione di violazione dell’accordo e Trump non sta chiedendo questo al Congresso. Invece, Trump vuole che venga modificata l’Iran Act in modo da imporre nuove condizioni a Teheran. Condizioni che è improbabile che l’Iran sia disposto ad accettare.
A questo punto sarebbe la Joint Commission, la commissione che riunisce i 7 firmatari dell’accordo, a decidere su un’eventuale violazione da parte degli Usa dei termini dell’accordo. Ma se intanto Teheran dovesse decidere di riassumere il programma nucleare, allora sarebbe l’Iran a violare l’accordo spingendo il Consiglio di Sicurezza a decidere se reintrodurre le sanzioni.
C’è anche una terza opzione, più semplice: il Congresso si limita a cambiare la legge eliminando la misura della certificazione. Secondo quanto rivelato nei giorni scorsi, lo stesso consigliere per la Sicurezza Nazionale, H.R. MacMaster – che come altri importanti esponenti dell’amministrazione aveva raccomandato a Trump di rimanere nell’accordo – in una riunione segreta con senatori democratici ha suggerito questa misura come la migliore per assicurare la sopravvivenza dell’intesa. Perché toglierebbe Trump dall’impaccio di dover ammettere pubblicamente la tenuta di un accordo di Obama.
LE NUOVE CONDIZIONI CHE TRUMP VUOLE IMPORRE ALL’IRAN – L’amministrazione Trump vuole che il Congresso introduca nuove condizioni che affrontino il sostegno iraniano alle milizie in Libano, Siria e Yemen e mettano sotto controllo i test di missili balistici. Inoltre vuole che sia chiaro che gli Stati Uniti potranno velocemente reintrodurre le sanzioni in caso di ogni ripresa di attività nucleare una volta scadute le varie, e controverse, clausole provvisorie.
E’ molto probabile che Teheran replichi affermando che Trump vuole cambiare i termini dell’accordo, minacciando sanzioni per attività che l’accordo permette. E ha questo punto l’accordo sarebbe condannato a morte. Anche perché Trump è stato chiaro con Congresso e alleati europei che sono partner dell’intesa: se le sue richieste non saranno accolte, “allora si metterà fine all’accordo“, ha detto in quello che è suonato come un vero ultimatum.
LE SANZIONI AI GUARDIANI DELLA RIVOLUZIONE – Subito dopo il discorso di Trump, il dipartimento del Tesoro ha annunciato sanzioni contro i Guardiani della Rivoluzione, i famosi ‘pasdaran’ che oltre al ruolo militare, che comprende anche la gestione dei test missilistici, hanno anche un importante ruolo nell’economia iraniana, anche quella sommersa. Non è comunque la prima volta che gli Stati Uniti adottano misure contro di loro. E le nuove sanzioni sono parte di un ordine esecutivo e non di una designazione di organizzazione terroristica da parte del dipartimento di Stato, che sarebbe più pesante.
COSA FARA’ L’IRAN – L’Iran al momento ha molto da guadagnare se non farà nulla, soprattutto se gli europei continueranno a difendere l’accordo e a fare affari con Teheran. In caso di una reintroduzione delle sanzioni da parte del Congresso, si starebbero già valutando modi per proteggere le imprese europee che vogliono continuare a investire in Iran.

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