In Italia si verificano 650-700 casi di malaria di importazione, ma negli ultimi mesi la cronaca ha sottolineato la possibilità di casi di malaria autoctona. E’ vero tutto ciò? Nonostante l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato l’Italia, nel 1970, un Paese “malaria free”, ancora oggi persiste un fenomeno di “anofelismo residuo”, cioè la presenza di zanzare Anopheles in alcune aree del nostro Paese, dal nome della zanzara che trasmette la malattia da un individuo infetto a un altro. Dagli studi più recenti, inoltre, pare possibile una reintroduzione della malaria da plasmodium vivax, sebbene gli ultimi casi balzati alla cronaca sono quella da falciparo, la forma più pericolosa per l’uomo.
IL CONGRESSO – I temi dell’infettivologia e delle emergenze attuali sono trattate approfonditamente durante il XVI Congresso Nazionale SIMIT, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, che si svolge a Salerno sino al 18 ottobre. Durante l’appuntamento focus su tematiche quali HIV, epatiti, aderenza ai farmaci, vaccinazioni, malaria e chikungunya.
DOVE E COME – “Il rischio che la malaria torni ad essere endemica in Italia è molto basso – spiega il Prof. Spinello Domenico Antinori, Università degli Studi di Milano – Anche se in anni recenti sono stati segnalati, ad esempio in Grecia, casi di malaria autoctona. Tra le forme autoctone, cosiddette “criptiche”, abbiamo registrato la malaria aeroportuale, a causa di zanzare che viaggiano con gli aeromobili, e che possono essere vettori della malattia nei pressi degli aeroporti, o quella da bagaglio. Molto rari, invece, i casi di trasmissione per siringa”.
La maggior parte dei casi di malaria di importazione viene osservata al Nord, si parla di 2 casi su 3. In parte questo fenomeno può essere attribuito ad un problema di sottonotifica della malaria. Più semplicemente non vengono riportati tutti i casi al Ministero della Salute. Un fenomeno, quello della sottonotifica, che non dovrebbe superare il 5-6%, una percentuale che cresce nelle regioni meridionali. Le infezioni vengono maggiormente riportate in Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna e Lazio. Pochi gli episodi malarici nelle isole, maggiori in Sicilia. Nel Sud pochi casi in Puglia e in Campania.
CHI SONO I SOGGETTI MALARICI – “La malaria interessa soprattutto turisti e viaggiatori, circa un individuo su quattro – sottolinea il Prof. Antinori – Tutti gli altri sono soggetti dove la malaria è endemica: parliamo in special modo di un gruppo, quello definito VFR, ossia Visiting Friends and Relatives, vale a dire persone che vivono nel nostro territorio ma che ritornano sporadicamente nel loro paese d’origine. In questi casi, si tratta di individui con scarsa consapevolezza del rischio malarico che non effettuano la chemioprofilassi e hanno perso quella condizione di semiimmunità. Si tratta di casi che interessano soprattutto l’Africa subsahariana, e questo spiega perché in Italia circa l’80% dei casi di malaria di importazione sia da plasmodium falciparum. A volte ci sono episodi legati a trasfusioni di sangue, ma sono molto sporadici”.
SINTOMI E DIAGNOSI DELLA MALARIA – Si tratta di una malattia con sintomi aspecifici, quindi si presenta con febbre o con una serie di sintomi simili all’influenza. Si tratta di una diagnosi immediata per un infettivologo, perché basterebbe associare l’aver fatto, nel breve periodo, un viaggio in Paesi dove la malaria è endemica per una diagnosi certa. Un semplice esame al microscopio permette in un’ora e mezzo di avere un riscontro definitivo. Occorre però fare molta attenzione, perché una diagnosi su dieci è tardiva, e questo può provocare serie complicazioni, per il singolo.
I DETTAGLI SUL VACCINO – Il vaccino ha passato le varie fasi di sviluppo ed é pronto per essere integrato nei programmi vaccinali di alcuni Paesi africani: Kenia, Ghana e Malawi. E’ finalizzato a verificare su larga scala, più di 360mila bambini, le caratteristiche di fattibilità. Arriverà nei primi mesi del 2018.
“Si tratta di un vaccino imperfetto, che dura 3 anni – spiega il Prof. Francesco Castelli, Clinica di Malattie infettive e tropicali Università degli Studi – Spedali Civili di Brescia – e che garantisce una protezione del 30-40%. L’efficacia comunque garantirà di salvare decine di migliaia di vite. Evitare una morte su tre non è l’ottimale, ma comunque un punto di partenza. Per i viaggiatori rimangono invece le varie procedure profilattiche, per evitare il morso della zanzara e, laddove indicato, l’uso di farmaci”.
CHIKUNGUNYA E ZIKA – Le malattie a trasmissione vettoriale sono delle infezioni estremamente diffuse nel mondo ed evidentemente risentono dell’epidemiologia del vettore. La Chikungunya ha interessato soprattutto Lazio e Roma, per via della zanzara tigre. Non importa la provenienza: colpisce sia italiani che stranieri. Ma occorre sottolineare che la durata del virus è estremamente ridotta, dai 5 ai 7 giorni, quindi è più facile che viaggi su un aereo e non su un barcone. Si tratta comunque di una malattia poco sintomatica: febbre, dolori alle articolazioni e piccole eruzioni cutanee.
“Per creare un’epidemia ci vuole una contemporaneità di elementi che la possono provocare – spiega il Prof. Castelli – Questo negli anni scorsi non si è verificato, ma quest’anno sì. Ed è probabile che questa ipotesi si realizzi nuovamente nei prossimi anni, tanto in Italia quanto in altri Paesi del bacino mediterraneo. Si tratta di un problema di mobilità umana, con centinaia di migliaia di spostamenti ogni anno. Perché diventi endemica bisognerebbe trascurarla, quindi non si escludono piccoli focolai nei mesi estivi, ma il rischio di diffusione a livello epidemico è improbabile nel nostro Paese sia per la comparsa dei mesi freddi, sia per le essenziali pratiche di disinfestazione da adottare tempestivamente in seguito alla pronta segnalazione dei casi”.
Per quanto riguarda la Zika, infine, dopo lo scalpore mediatico dell’anno scorso in prossimità delle Olimpiadi, non ci sono più segnalazioni, quindi le azioni contro le zanzare sembrerebbero essere stati efficaci. Non bisogna comunque abbassare la guardia, perché la lotta alle zanzare è molto complessa. In Italia, però, il rischio è ancora più basso, perché la zanzara tigre non è un buon vettore per questa malattia.