Alcuni, durante le ottobrate romane, si recavano nelle campagne intorno a Ponte Milvio, il celebre ponte dei lucchetti. Chi visita la Capitale, non può perdere questa stupenda attrazione. Situato sula sponda Nord del Tevere, caratterizzato da sei arcate in muratura, il ponte è lungo 152 metri, largo 7,5 e venne costruito lungo il percorso delle vie Flaminia e Cassia. Vi confluivano anche le le vie Clodia e Vaientana. Inizialmente in legno, tra i ponti più antichi di Roma, venne poi rifatto ex novo, prendendo il nome del magistrato che ne autorizzò la costruzione in muratura, Molvius, da qui Molvio sino a Milvio. Esso ebbe una grande importanza storica: quella di sbarrare la via principale che permetteva l’accesso a Roma, tanto dal Nord quanto dall’Est. I Romani lo conoscono, più semplicemente, come ponte Molle o ponte Mollo e anche qui non mancano le supposizioni. C’e’ chi dice che si chiami così poiché quando il Tevere è in piena, è il primo ad essere sommerso; mentre altri seguono la leggenda che lo vedeva, un tempo, “molleggiare”. Il nome, più plausibilmente, deriva dallo stato pietoso in cui il ponte, nel corso della sua lunga storia, si è venuto più volte a trovare, nonostante vari restauri. Si narra, ad esempio, che verso metà 300 il frate Acuzio andasse in giro per Roma a raccogliere offerte per il restauro del ponte che “era per terra”. Il luogo è significativo per storia romana e cristiana. Qui nel 312 ebbe luogo la conversione di Costantino. Sul ponte Milvio ebbe luogo la battaglia tra Costantino I e Massenzio, nota come battaglia di Ponte Milvio o di Saxa Rubra e, secondo la leggenda, proprio in questo posto Costantino ebbe la visione della Croce, recante la scritta “In hoc signo vinces” che lo incoraggiò alla battaglia e alla seguente integrazione dei Cristiani nell’Impero, strappando il titolo imperiale a Massenzio, divenendo il primo imperatore cristiano. Negli anni 2000, a segutio del film “Ho voglia di te”, divenne noto come “ponte degli innamorati” o “ponte dei lucchetti” in quanto gli innamorati iniziarono a mettere un lucchetto sul lampione centrale a testimonianza del sentimento che li univa, gettando le chiavi nel Tevere.