Governance del sistema sanitario fra Stato e Regioni, in un contesto generale caratterizzato da “un cocktail potenzialmente letale per la sostenibilità del servizio sanitario“: revisione ‘al rialzo’ dei nuovi Livelli essenziali di assistenza incurante dell’imponente definanziamento della sanità pubblica; boom della spesa privata, complice una sanità integrativa ipotrofica e poco regolamentata; sprechi e inefficienze; consumismo sanitario alimentato da aspettative irrealistiche di cittadini e pazienti scarsamente alfabetizzati. E’ il quadro uscito dal 2° Forum della sostenibilità e opportunità nel settore salute di Firenze, “già rilevato dal 2° Rapporto Gimbe“, sottolinea la Fondazione.
“Dal un punto di vista etico, sociale ed economico – afferma Nino Cartabellotta – presidente della Fondazione Gimbe – è inaccettabile che il diritto costituzionale alla tutela della salute, utopisticamente affidato a una leale collaborazione tra Stato e Regioni, sia condizionato dal Cap di residenza del cittadino, a causa di decisioni regionali e locali che, oltre a generare diseguaglianze nell’offerta di servizi e prestazioni, influenzano anche gli esiti di salute. L’universalismo è un pilastro fondante e irrinunciabile del nostro Servizio sanitario nazionale, ma oggi rischia di rimanere una mera illusione collettiva, perché nei fatti il nostro sistema di welfare si sta inesorabilmente disgregando“.
In tal senso, evidenzia Gimbe, i dati documentano un inquietante elenco di variabilità regionali: dagli adempimenti dei Lea alle performance ospedaliere documentate dal programma nazionale Esiti, dalla dimensione delle aziende sanitarie alla capacità di integrazione pubblico-privato, dal variegato contributo di fondi integrativi e assicurazioni alla disponibilità di farmaci innovativi, dalla governance della libera professione e delle liste di attesa alla giungla dei ticket, dalle eccellenze ospedaliere del Nord alla desertificazione dei servizi territoriali nel Sud.
Sulla stessa linea Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto superiore di sanità: “Non possiamo accettare che in alcune regioni i cittadini dispongano di una sanità con standard di eccellenza a costi relativamente contenuti per il Paese, mentre altre regioni sprecano il denaro pubblico senza offrire alle persone nemmeno i servizi essenziali. Ecco perché – avverte – il prossimo Esecutivo dovrà necessariamente affrontare questa criticità sociale ed economica, magari riproponendo al Parlamento una riforma costituzionale limitata alla sanità, oltre che rilanciare il finanziamento pubblico e mettere la salute delle persone al centro di tutte le decisioni politiche“.
“L’ossimoro ‘welfare selettivo’ – osserva Luigi d’Ambrosio Lettieri, membro della Commissione Igiene e Sanità del Senato – disegna una prospettiva su cui la politica ha il dovere di aprire un confronto maturo e responsabile per offrire alle persone maggiori garanzie sul diritto costituzionale alla tutela della salute. Dobbiamo farlo tenendo presenti anche le indicazioni che provengono dalle indagini condotte dalle commissioni parlamentari di Senato e Camera e dal 2° rapporto Gimbe sulla sostenibilità del Ssn“.
“Nelle regioni che non adempiono ai Lea – fa notare Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale dei diritti del malato – i cittadini pagano addizionali Irpef più elevate e devono andare a curarsi altrove: la confusione delle persone sul proprio (costituzionale) diritto alla salute è ormai inaccettabile“.
“La carenza di comunicazione istituzionale su questo tema è impressionante – incalza Rosanna Massarenti, direttore di Altroconsumo – Sul decreto appropriatezza, ad esempio, i cittadini ci hanno chiesto disorientati: perché non ho più diritto alle prestazioni che prima mi venivano concesse?“.
“Cartina al tornasole di queste disuguaglianze – conclude Cartabellotta – è la mobilità sanitaria che nel 2016 ha spostato oltre 4,15 miliardi di euro, prevalentemente dal Sud al Nord. Vero è che sono a carico del Ssn, ma i costi che i cittadini devono sostenere per viaggi, disagi e quelli indiretti per il Paese sono enormemente più elevati. Senza contare che la mobilità sanitaria non traccia la mancata esigibilità dei Lea territoriali e soprattutto socio-sanitari, diritti che appartengono alla vita quotidiana, in particolare delle fasce socio-economiche più deboli, e non alla occasionalità di un intervento chirurgico. Il diritto costituzionale alla tutela della salute non può essere condizionato da ideologie partitiche, ma è un diritto civile che la politica deve garantire a tutti cittadini/elettori. Ecco perché la Fondazione Gimbe effettuerà un monitoraggio di tutti i programmi elettorali rispetto alle proposte relative a sanità, welfare e ricerca, incluse quelle finalizzate a potenziare le capacità di indirizzo e verifica dello Stato sui 21 sistemi sanitari regionali, nel pieno rispetto delle loro autonomie“.