I tumori cutanei rappresentano le neoplasie più diffuse al mondo nella popolazione caucasica, e tra questi i carcinomi cutanei, sia ‘basocellulari’ che ‘spinocellulari’, sono quelli con l’incidenza più alta, 18 – 20 volte maggiore rispetto al melanoma, con variazioni geografiche considerevoli e con dati non sempre precisi dovuti all’esclusione dei Nmsc (Non melanoma skin cancer) dai grandi registri di cancro a causa di bassi tassi di mortalità. A ricordarlo sono gli esperti Adoi – Associazione dermatologi ospedalieri italiani in occasione del 56mo Congresso nazionale che si è appena concluso a Roma.
“Si stima che attualmente in Australia (abitanti a carnagione chiara con Fototipo 1 e 2), l’incidenza dei carcinomi basocellulari si aggiri attorno ai 1000 casi ogni 100.000 abitanti: una vera e propria epidemia“, sottolinea Marco Simonacci, direttore della Unità operativa complessa di Dermatologia all’Ospedale di Macerata.
In Europa – osservano i dermatologi – nonostante l’incidenza sia minore grazie probabilmente ad un fototipo cutaneo mediterraneo che funge da elemento protettivo, si registra comunque numero considerevole di casi determinati dal progressivo invecchiamento della popolazione ed il ruolo cancerogenetico delle radiazioni ultraviolette dovuto ad esposizioni professionali e ricreative come l’esposizione alle lampade artificiali abbronzanti. Eppure – avvertono – i tumori cutanei sono spesso sottovalutati e non correttamente diagnosticati.
In questo contesto – precisano gli esperti Adoi – il dermatologo è l’unico specialista in grado di pianificare ed attuare i tre livelli di prevenzione: quella ‘primaria’ mediante l’attuazione di campagne d’informazione sui fattori di rischio ambientale e comportamentale, quella ‘secondaria’ mediante l’istituzione e la creazione di strutture dedicate alla diagnosi precoce di queste neoplasie e la cosiddetta ‘terziaria’ mediante il trattamento terapeutico chirurgico, fisico e farmacologico.
“E’ nei tumori cutanei che diventa evidente il ruolo della dermatologia ospedaliera – spiega Antonio Cristaudo, presidente del Congresso Adoi – Non dimentichiamo che la pelle è un organo-spia che non di rado riflette complesse patologie internistiche, da quelle endocrine a quelle reumatologiche, vascolari, renali, sanguigne, respiratorie e cardiologiche”.
Inoltre – puntualizzano gli specialisti – una rete dermatologica sarà sempre più necessaria in virtù dell’aumento nei trend epidemiologici che riguardano malattie veneree, le sempre più diffuse allergie, le patologie dell’invecchiamento. Una rete – auspicano i dermatologici – che dovrà essere compatibile con i nuovi modelli organizzativi previsti dal Ssn sia per l’intensità di cure erogate che nella realizzazione di modelli che vedano la collaborazione tra diverse branche, come ad esempio l’oncologia in cui il follow-up delle neoplasie cutanee: “Oggi in campo oncologico abbiamo a disposizione diverse armi terapeutiche che ci permettono di risolvere anche i casi più complessi che fino a poco tempo fa erano considerati non più curabili e tutto questo grazie all’introduzione nell’armamentario farmacologico di farmaci biologici selettivo che ‘mirano’ alle cellule malate risparmiando quelle sane”, conclude Cristaudo.