Si chiama ‘fusion biopsy’, o biopsia con fusione: è la nuova tecnica presentata a Napoli durante il 90esimo Congresso nazionale della Società italiana di urologia (Siu): grazie a rcografi tridimensionali e software che simulano, ricostruiscono e registrano il percorso dell’ago all’interno della prostata, consente di affinare la diagnosi del tumore, dando al medico la possibilità di intervenire in modo più preciso ed efficace. “Ma bisogna evitare gli sprechi. Questa metodica andrebbe utilizzata in pazienti che devono ripetere la biopsia a seguito di un sospetto clinico che persiste dopo una biopsia negativa“, avverte Vincenzo Mirone, segretario generale della Siu. “Il problema maggiore in tema di diagnosi del tumore alla prostata è che la qualità e la precisione delle attuali biopsie prostatiche non è ottimale. Per ‘biopsiare’ in modo preciso bisogna vedere la lesione e l’urologo per capire dove inserire l’ago della biopsia usa un’immagine ecografica che non distingue quasi mai tra tessuto sano e tumore. La biopsia della prostata viene quindi eseguita con prelievi random in tutto l’organo. Questo significa che in alcuni casi si rischia di non prelevare il tessuto tumorale e ciò comporta la necessità, spesso, di ripetere le biopsie se il sospetto clinico permane“.
“La biopsia fusion si avvale di immagini potenziate, grazie all’integrazione con la risonanza magnetica multiparametrica capace di evidenziare le zone sospette come veri e propri bersagli da cui estrarre il materiale per l’analisi al microscopio“. “Confrontando i riscontri della biopsia ecoguidata standard con la tecnica Fusion, si osservano una riduzione dei prelievi prostatici, dei casi falsi negativi, delle più comuni complicanze da biopsia transrettale quali sangue nelle urine, nel liquido seminale e nel retto, infezioni urinarie dovute al potenziale passaggio di germi dal retto alla prostata e prostatiti acute“.