Fabrizio Pane, direttore dell’Unità operativa di Ematologia e trapianti nell’azienda ospedaliera universitaria Federico II di Napoli e presidente della Società italiana di ematologia, raccomanda cautela: occorre “estrema attenzione nel comunicare” l’autorizzazione negli Stati Uniti di Yescarta* (axicabtagene ciloleucel), una terapia genica a base di cellule degli stessi pazienti adulti con linfoma a grandi cellule, che non hanno risposto o che hanno subito una ricaduta dopo almeno altri due tipi di trattamento. Si tratta infatti di una tecnica “di estrema potenza e di grande interesse, ma anche molto impegnativa e, a oggi, non certo alla portata di tutti i pazienti“.
“Vengono modificati i linfociti del paziente in modo da indurre l’espressione di un recettore di superficie specifico per l’antigene, preventivamente clonato. Una sorta di ‘autotrapianto’ – spiega l’esperto all’Adnkronos Salute – che potrà essere eseguito solo in reparti altamente specializzati, con una serie di processi molto costosi e con manodopera altamente qualificata. Man mano che saranno diffusi, saranno anche semplificati, e il costo della terapia“, attualmente pari a oltre 370.000 dollari a paziente, “si abbasserà. Ma bisogna dire che siamo molto lontani dal poterla considerare di attualità clinica“. E’ “una terapia che ha grandi vantaggi, perché ha consentito di recuperare pazienti considerati praticamente già ‘persi’, ma che ha anche degli svantaggi. E’ infatti una tecnica molto impegnativa a livello fisico per i malati: dal 10 al 30% finisce in rianimazione dopo la prima infusione a causa del distress respiratorio e delle reazioni sistemiche collaterali. Proprio per questo rischio intrinseco, va eseguita solo da strutture altamente specializzate. E siamo ancora ben lontani da sapere quanto e come si potrà inserire nella pratica clinica. Ripeto, non è una tecnica che oggi abbiamo a portata di mano“.
In Italia “c’è una sperimentazione di un prodotto analogo in corso all’Istituto tumori di Milano, perché sono varie le aziende che stanno investendo in terapie simili. Ma ci vorranno almeno 3-5 anni prima che terapie simili sbarchino anche in Europa“.