La situazione italiana per quanto riguarda recupero e riciclo dei rifiuti non è “devastante” come si è abituati a pensare. A fronte di una media europea del 46%, il nostro Paese riesce a posizionarsi secondo posto tra i grandi, dopo la Germania, facendo registrare il 49% di recupero e riciclo. Al di sotto della media europea troviamo il Regno Unito con il 45%, la Francia con il 40%, la Spagna con il 35%. Migliori prestazioni solo da Paesi con popolazione inferiore ai 20 milioni di abitanti.
Colmato il gap nei confronti di Francia e Inghilterra, registrando i migliori tassi di crescita, soprattutto nel recupero della frazione organica: nel 2007 l’Italia partiva ultima e oggi è al secondo posto insieme con l’Inghilterra. E’ quanto emerge dallo studio “Analisi dei modelli di gestione dei servizi di igiene ambientale nei principali Paesi europei”, messo a punto da PwC per Utilitalia, la Federazione delle imprese di ambiente energia e acqua, e presentato oggi alla Fiera di Rimini nell’ambito di Ecomondo.
L’analisi, che si concentra su Italia, Germania, Francia, Regno Unito e Spagna (tutti al di sopra dei 45 milioni di abitanti), rileva che i tedeschi si posizionano tra i Paesi ad alto tasso di riciclo e ad alto tasso di incenerimento (circa al 35%), con la media Ue che è del 27%. Mano a mano che diminuisce il ricorso alla termovalorizzazione, aumenta lo smaltimento in discarica: in questa fascia si posizionano Francia e Regno Unito, subito dopo l’Italia che comunque è sempre seconda per recupero e riciclo. Ricorre di più alla discarica soltanto la Spagna.
Tra i primi 10 operatori, viene spiegato dallo studio, non ci sono aziende italiane e gran parte dei fatturati delle aziende europee più grandi è realizzato al di fuori del Paese di origine. “Per l’Italia un notevole progresso in pochi anni – osserva il vicepresidente di Utilitalia, Filippo Brandolini – che ora deve consolidarsi. Serve una crescita industriale del sistema dei rifiuti e una crescita dimensionale delle aziende. Come accaduto con successo per l’energia e per il settore idrico, la regolazione di un’Authority indipendente supporterebbe entrambi i processi“.
Insomma, “aggregazioni tra gestori e un sistema tariffario coerente con la sostenibilità economica e ambientale del servizio, sono la chiave di volta. Una tariffa modellata su principi di equità, trasparenza, flessibilità – continua Brandolini – avrebbe tra l’altro l’effetto di responsabilizzare tutti gli attori: le istituzioni, le imprese e anche i cittadini, cui va il merito di aver migliorato la raccolta differenziata nel Paese”.
La Germania ha sostanzialmente una gestione che si può definire a ‘discarica zero’ (soltanto 0,2%): incenerisce il 32% e recupera e ricicla il 68%. L’Italia è invece al 49% di recupero e riciclo, 21% di incenerimento e 30% di discarica; il Regno Unito 45% di recupero, 32% di incenerimento e 23% di discarica; la Francia 45% di recupero, 35% di incenerimento e 26% di discarica; poi la Spagna 33% di recupero, 12% di incenerimento, 55% di discarica.
Al netto di questi numeri, lo studio Utilitalia-PwC fa presente come la situazione degli impianti di incenerimento in Italia risenta della loro ‘bassa’ capacità di trattamento, che in questo ci rende simile ai francesi anche se i cugini d’Oltralpe hanno 85 impianti in più di noi. In Germania sono presenti 103 impianti con una capacità media di 250mila tonnellate l’anno ciascuno, in Francia 126 impianti con una capacità media di 116mila tonnellate l’anno, in Italia 41 impianti (13 in Lombardia, 8 in Emilia Romagna e 5 in Toscana, le prime tre Regioni) con una capacità media di 172mila tonnellate l’anno, in Inghilterra 36 con una capacità di 280mila tonnellate l’anno, in Spagna 10 (capacità di 273mila tonnellate l’anno).
“Il quadro che emerge – osserva Pietro D’Alema, Senior Advisor di PwC che ha curato lo studio – è di forte eterogeneità su tutti gli aspetti legati alla gestione del ciclo dei rifiuti che abbiamo analizzato in dettaglio: dai sistemi di governance del settore, ai modelli di organizzazione dei servizi, ai regimi tributari e tariffari. Oltre alla spinta verso logiche di Circular Economy, relativamente agli assetti dell’industria in tutti i Paesi si registra il tendenziale trasferimento della ‘titolarità delle funzioni’ dai singoli Comuni a strutture sovracomunali – sia per le attività di raccolta che per la gestione degli impianti di trattamento e smaltimento – nonché il ruolo ancora prevalente delle gestioni pubbliche nella gestione dei rifiuti urbani, anche in quei Paesi storicamente avanzati nella liberalizzazione dei servizi”.