Sequenziato il genoma dell’asparago, il prof. Francesco Sunseri spiega a MeteoWeb tutti i dettagli dell’importante scoperta [INTERVISTA]

MeteoWeb

Il 3 novembre il Dipartimento di Agraria dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria annunciava un’importante scoperta scientifica nel mondo vegetale: nello specifico veniva comunicato il sequenziamento del genoma dell’asparago per comprendere l’evoluzione dei cromosomi sessuali nelle piante grazie ad uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Communications, con il contributo del gruppo di genetica del Dipartimento di Agraria dell’ateneo reggino.

Per approfondire una notizia scientifica così importante a livello internazionale e ottenuta grazie alle eccellenze di un’università italiana, abbiamo intervistato il prof. Francesco Sunseri, e group leader del team di studio di genetica del Dipartimento di Agraria reggino.

Qual è il significato più importante di questa scoperta scientifica sul genoma dell’asparago?

Prof Francesco Sunseri

“Il primo risultato della ricerca ha senz’altro una valenza pratica. Conoscere i geni per la determinazione del sesso, che apparentemente potrebbe sembrare una ricerca di base, risulta molto importante per i sistemi evolutivi dei cromosomi sessuali negli organismi viventi ed in particolare nelle piante. Tenendo conto che l’asparago è una specie dioica, che porta cioè fiori maschili e fiori femminili, e che si coltivano solo piante maschio di asparago, riconoscere preventivamente prima della fioritura il sesso delle piante in semenzaio è molto importante”.

“Il secondo risultato – prosegue il professor Sunserise pur da verificare, è ancora più interessante dal punto di vista applicativo, in quanto visto che per una ditta sementiera separare i due sessi e coltivare solamente il maschio risulta un dispendio di tempo e denaro si potrebbe proporre la coltivazione delle piante ermafrodite, dopo aver trasferito l’ermafroditismo, in tutto il panorama varietale dell’asparago. Tutto ciò dimostrando che l’ermafrodita non è molto peggiore dal punto di vista agronomico rispetto al maschio, potremmo far diventare l’asparago come tante altre piante con fiori ermafroditi. Quindi questa è l’importanza applicativa. Naturalmente è molto importante dal punto di vista dello studio di base perché l’evoluzione dei cromosomi sessuali negli organismi viventi è stata molto studiata a partire da Mendel a Morgan, perché nelle piante l’evoluzione nel dioicismo (ovvero la separazione dei due sessi) è una storia molto più recente rispetto all’uomo, rispetto ad altri organismi viventi tant’è che nell’asparago può esistere la doppia coppia di Y che è vitale, cosa che non esiste per l’essere umano“.

Quanto è durato il lavoro per ottenere questi risultati?

“Circa 10 anni”.

Quali saranno i prossimi obiettivi?

“Noi abbiamo già sviluppato marcatori molecolari che ci consentono di individuare precocemente i maschi e le femmine, infatti basta aspettare che germini la piantina per fare un’estrazione di DNA e individuare il maschio e la femmina, selezionando cosi solo i maschi da mettere nel semenzale. Bisogna tenere conto che l’asparago è una pianta poliennale quindi un’asparagiaia si pianta oggi e dura 4-5 anni e fiorisce circa dopo un anno e mezzo dal trapianto, un po’ come le per le piante arboree, quindi bisogna sapere cosa piantare per evitare il rischio di perdere 5 anni di attività. Quindi è normale che sapere in anticipo il sesso è di estrema importanza. Un altro obiettivo è la necessità di trovare un altro gene importante per la determinazione del sesso che è il promotore del gineceo, cioè della parte femminile, perché noi abbiamo trovato il promotore dell’androceo ed il soppressore del gineceo. Quindi naturalmente si forma pure il gineceo però il gene della formazione del gineceo non lo abbiamo ancora isolato e questo potrà essere uno dei prossimi obiettivi“.

Perché è stato scelto l’asparago?

“L’asparago è stato scelto perché il gruppo italiano di ricerca, in cui l’Università Mediterranea di Reggio Calabria affianca il CREA di Montanaso Lombardo e il Dipartimento di Plant Biology all’Università della Georgia (USA), ha una storia decennale di miglioramento genetico della specie. Questa ricerca è iniziata circa 10 anni fa con lo scopo di sviluppare dei marcatori molecolari, mappe genetiche e tanto altro, fino ad arrivare al sequenziamento dell’intero genoma dell’asparago. D’altra parte tenga conto che, moltissime specie coltivate, più importanti dell’asparago, sono state già sequenziate (basti pensare al frumento, mais, riso, orzo, vite, melo agrumi, pomodoro ecc.) e pertanto ora rimangono da sequenziare quelle colture che, se non cosi diffuse, sono sicuramente importanti nel panorama agricolo”.

Per molti lo studio della genetica è un tabù; se dovesse spiegare in parole semplici cos’è la genetica e di cosa si occupa, come la spiegherebbe?

“Il tabù della genetica ce lo portiamo dietro, probabilmente, da quando abbiamo messo in campo le piante geneticamente modificate: così la ritrosia della gente comune è aumentata. Per quanto riguarda la selezione genetica delle piante io parto dal presupposto che la selezione genetica l’abbiamo sempre fatta involontariamente quando tra diverse piante del proprio orto scegliamo la migliore e quindi facciamo appunto una selezione. Sapendo che morfologicamente e agronomicamente si può individuare la pianta dalle caratteristiche migliori, scopriamo che avere informazioni sulla ereditabilità di un carattere, che è appunto alla base della genetica, è importante per tante cose. Infatti, noi sappiamo che una determinata resistenza ad un patogeno è importante ereditarla nelle varietà che coltiviamo perché solo in questo modo si evitano di fare diversi trattamenti chimici che sono sicuramente molto più pericolosi delle piante transgeniche“.

Visto che la genetica potrebbe risolvere diversi problemi tra cui la fame nel mondo, quanto sono importanti gli OGM e cosa pensa lei a tal proposito?

“Partendo dal presupposto che in molti paesi come gli USA, Canada, Brasile, Argentina, Cina, India e Giappone gli OGM sono autorizzati, penso che il cuore di questa ritrosia sia tutto Europeo. Io dico sempre anche a lezione ai miei studenti, parlando di OGM, che non devono schierarsi come favorevoli o contrari, ma da bravi tecnici dovranno spiegare cosa sono gli OGM stessi e come si fanno, cosicché la gente si faccia una propria opinione. Non credo in soluzioni miracolose, come appunto risolvere la fame nel modo, ma piuttosto credo sia una tecnologia che vada considerata tenendo conto che ora la conoscenza di tutto il genoma di molte specie ci consente di fare una tecnica che è un po’ più avanti delle piante geneticamente modificate, che parla di Genome editing ovvero ‘modifiche del genoma’. In cui a differenza di prima, dove noi prendevamo un gene da un batterio e lo mettevamo in pianta per fornire resistenza ad un  determinato insetto, il famoso gene Bt di Bacillus turingiensis, oggi editiamo puntualmente un piccolo tratto di DNA per rendere un gene di suscettibilità non funzionale, un po’ come il soppressore del gineceo, e rendendo non funzionale un gene di suscettibilità, la pianta diventa improvvisamente resistente, e rendere resistente una pianta alla maggior parte dei patogeni… beh, do a voi la risposta di quanto sia importante”.

Questa scoperta è stata in grado di manipolare il genoma dell’asparago, come è stato possibile?

“La scoperta di nuove tecnologie di sequenziamento ha consentito di velocizzare i tempi e soprattutto di ridurre di almeno 100 volte i costi. Naturalmente dal momento in cui siamo entrati in questa era che noi definiamo next generation sequensing (NGS) la nuova generazione del sequenziamento, consente con pochi soldi di sequenziare tutto il genoma in un tempo ristretto, nell’ordine di settimane. L’annotazione del genoma, quindi scoprire le funzionalità di un pezzo di sequenza, è legato anche al primo sequenziamento di piante modello (Arabidopsis), che sebbene non siano di alcuna particolare importanza agronomica, sono molto studiate in quanto utilizzate come organismi di riferimento per le scienze vegetali”.

Questa importante scoperta permetterà di migliorare l’aspetto genetico dell’asparago; in particolare, quali aspetti si andranno a migliorare?

“È molto importante avere la sequenza del genoma, perché naturalmente rispetto al discorso di riconoscere quali sono tutte le sequenze codificanti per resistenze a patologie o a qualità del turione, quantità di prodotto e tanto altro, ci consentirà di fare marcatori molecolari associati a questi caratteri d’interesse per fare il cosiddetto miglioramento genetico assistito da marcatori. Gli obiettivi certamente sono quelli di migliorare quantitativamente le sostanze nutraceutiche, salutistiche e antiossidanti, come ad esempio la rutina, che in questo momento sono ritenute di grande importanza. Con la potenzialità della genetica, la coltivazione di genotipi migliorati renderà possibile produrre una quantità tale di queste sostanze che permetta di ottenere effetti protettivi nei confronti di molte patologie”.

Qual è stato il ruolo del Dipartimento di Agraria di Reggio Calabria, e quanto ha contribuito nella ricerca?

“Dal punto di vista del contributo abbiamo avuto una stretta collaborazione con il CREA (Centro di ricerca ministeriale per l’agricoltura) e successivamente con il Dipartimento di Plant Biology all’Università della Georgia (USA). Inizialmente avevamo come obiettivo di fare una mappa genetica, non il genoma, per fare appunto del miglioramento genetico assistito. Abbiamo iniziato facendo questo, e le popolazioni su cui abbiamo costruito la mappa genetica sono state fatte qui da noi in Italia, poi successivamente si è pensato al sequenziamento del genoma e infine abbiamo rinvenuto una pianta con fiori ermafroditi, in un campo sperimentale insieme al coautore e breeder italiano di asparago il Dott. Agostino Falavigna, già Direttore del CREA di Montanaso Lombardo. Ci siamo imbattuti in questo mutante che è stato poi la base per fare tutto il lavoro di sequenziamento svolto prevalentemente in America, poiché nonostante i fondi siano stati prevalentemente finanziati da Istituti di Ricerca cinesi, il Beijing Genomics Institute (l’istituto genomico di Pechino) ha sede anche in America vicino alla sede Universitaria dove lavora il collega americano, Jim Leebens-Mack. Il lavoro che è stato fatto qui, è stato quello sugli aspetti legati allo sviluppo dei marcatori, abbiamo interpretato i dati insieme agli americani e abbiamo infine scritto questo importante lavoro”.

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