La cronaca degli ultimi giorni porta alla luce chat di ragazzini che si scambiano foto senza veli e senza freni, non senza conseguenze psicologiche e penali.
Secondo la ricerca condotta da Pepita Onlus su un campione di oltre 1.000 ragazzi e ragazze da ogni parte d’Italia tra gli 11 e i 20 anni sul SEXTING (sex-texting) e aggiornata con 4 focus group realizzati in 20 oratori e in 3 scuole lombarde, il 35% degli intervistati ha inviato messaggi/foto/video a contenuto sessuale e il 49% degli intervistati ha ricevuto messaggi/foto/video a contenuto sessuale.
A livello nazionale, i dati non cambiano, 2 adolescenti su 5 hanno fatto sexting almeno una volta e il primo messaggio con esplicito contenuto sessuale viene inviato tra gli 11 e i 14 anni.
“Abbiamo cominciato a lavorare sul sexting – spiega Ivano Zoppi, Presidente di Pepita Onlus – nel 2014 dopo aver partecipato come unica realtà italiana a un progetto europeo sul bullismo sessuale. E allora il fenomeno era agli albori. Oggi è esploso e il sommerso è ancora più profondo di quanto noi educatori, genitori e adulti vediamo”.
E aggiunge – “Dal punto di vista emotivo si condividono foto intime per dare una immagine di sé più matura, per ricevere lusinghe o come atti di amore. Il fenomeno del sexting suscita innumerevoli emozioni che vanno dallo stupore alla curiosità, passando dalla vergogna al senso di colpa. Ma la domanda da porsi è: siamo sicuri che la colpa sia dei ragazzi? Un lavoro allargato con tutte le figure educative e con i ragazzi permette loro di stimolare l’utilizzo della corteccia prefrontale e sviluppare empatia”.
L’indagine ha portato alla luce anche che al 73% dei ragazzi intervistati è capitato di ricevere, anche senza chiederlo, foto o video con contenuti sessualmente espliciti e/o pornografici da amici nel 36% dei casi, da compagni nel 31% e da sconosciuti per l’11,38%.
La curiosità resta l’emozione maggiormente provata (25,42%), seguita da indifferenza (24,70%) e disagio (21,34%).
E alla domanda “per quali ragioni hai deciso di condividere un messaggio/video/foto a contenuto sessuale ricevuto da un’altra persona” il 29,5% ha risposto per dimostrare di essere figo, il 23,79% perché è divertente, il 16,30 per alimentare le mie relazioni.
Lo strumento più utilizzato per la condivisione rimane per il 67% whatsapp, seguito da instagram 57% e snapchat il 43%.
Per sensibilizzare i ragazzi e muoverli alla riflessione Pepita Onlus ha ideato e realizzato con Dajko Comunicazione #SOLOPERTE, la prima mostra fotografica itinerante per raccontare il #sexting dal punto di vista dei ragazzi. È una provocazione attenta che immerge i ragazzi in una storia reale, quella di Asia, la cui identità tende a sbiadire, come le foto dei pannelli della mostra, per aver creduto in una storia d’amore. Le immagini vanno dal colore pieno alla dissolvenza, con un’immagine forte, al centro del percorso, che stabilisce il punto di rottura, il momento in cui tutto può cambiare se non si governa la propria esposizione in Rete, se non si protegge la propria preziosa identità.
“Il sexting crea principalmente problemi di due tipi. Da un lato – chiarisce Marco Luciani, ispettore del corpo di polizia locale di Milano, specializzato in tematiche di contrasto al disagio giovanile – tu, adolescente, esponi la tua persona alla possibilità di avere le tue immagini pubblicate ovunque e dovunque, anche per essere ricattato. Le denunce più frequenti, sono infatti per estorsione. Una volta che il ragazzo ha in mano un fotogramma della ragazza senza veli, pretende di più e per farlo usa come arma di ricatto quell’immagine, che può condividere sul gruppo classe e nelle diverse chat, come sui social network. Il secondo aspetto riguarda il fatto che stiamo parlando di immagini di minorenni. Cominciano a postare foto osè già dagli 11 anni. Queste immagini di minori vanno ad alimentare il mercato della pedopornografia che sfugge al controllo anche degli stessi ragazzi. Le immagini che vengono postate oggi in rete restano per sempre, perché a differenza delle vecchie foto, queste non ingialliscono, saranno lì per sempre e sempre conservate bene. Ai genitori va detto che queste cose i ragazzi le fanno prevalentemente di sera, di notte, quando mamma e papà dormono o sono davanti alla tv. Il ragazzino è in camera da letto, il telefono accanto e di notte i ragazzi fanno quello che vogliono senza alcun controllo. Ai genitori, il compito di spegnere il telefono del figlio o della figlia e metterlo in sala, lontano da loro. Devono avere loro il controllo dello smartphone e restituirlo al mattino”.
Il fenomeno, sommerso e in forte espansione, deve la sua forza alla diffusione di applicazioni di messaggistica istantanea, come WhatsApp, e social network che illudono i ragazzi sulla possibilità di condividere e poi cancellare i contenuti postati (Snapchat), senza remore.
Per questo l’unica strada per fermarlo resta la prevenzione, attraverso la formazione dei giovani, affinché prendano coscienza del valore della loro immagine e comprendano le conseguenze, anche legali, di condivisioni di immagini non autorizzate.
PEPITA ONLUS è la cooperativa sociale costituita da educatori esperti nella progettazione e realizzazione di interventi socio-educativi, percorsi di formazione e attività di animazione in scuole, enti pubblici, associazioni di volontariato, oratori e altre realtà del privato sociale.
Negli anni ha maturato una profonda esperienza e competenza in tema di bullismo, cyberbullismo, sexting e bullismo sessuale, tanto da divenire riferimento per istituzioni e organi d’informazione.
Da dicembre 2016 Pepita Onlus è partner della ASST Fatebenefratelli Sacco – Casa Pediatrica per lo sviluppo di un percorso di cura e sostegno per le vittime di bullismo e cyberbullismo con particolare attenzione al bullismo sessuale e di genere.